Tra mito e realtà

Propaganda – Capitolo 9

 

«Il romanzo di Pasternak costituisce un’infame calunnia nei confronti dell’Urss. Il dipartimento del Comitato centrale del Pcus che si occupa di tenere i rapporti con i partiti comunisti stranieri sta prendendo provvedimenti […] onde impedire che questo libro antisovietico venga pubblicato in un paese straniero […]»

 

D. Šepilov, Ministro degli Esteri

 
Il socialismo come unico fine
 
Nello Stato sovietico, tutto deve tendere alla realizzazione del socialismo, che deve essere il fine di ogni attività individuale e collettiva. L’arte e la letteratura non si sottraggono a questa logica, anzi, le direttive del Comitato centrale del partito in questo senso sono molto chiare: artisti e scrittori devono intendere la loro opera nel senso di impegnarsi a diffondere e innalzare nella società sovietica gli ideali del socialismo, veicolando un immaginario capace di legittimare il sistema e rinsaldare il consenso.
 
 
 
 
L’arte del regime
 
In linea con la visione solidaristica del comunismo, gli artisti sono chiamati ad associarsi e a definire collettivamente le direttrici del loro lavoro. Organismi come la Rapp (Associazione russa degli scrittori proletari) e la Rapm (Associazione russa dei musicisti proletari) definiscono una cerchia di “intellettuali di regime”, depositari dei canoni etici ed estetici a cui ogni manifestazione artistica deve attenersi e che guida anche una rilettura dei classici della storia russa. Una rilettura che conduce ad assimilare alcuni grandi facendone dei precursori (Tolstoj, Čechov) e a rinnegarne altri (Dostoevskji) non considerati degni di far parte della tradizione sovietica.È un vincolo sui contenuti che si traduce in una rigidità di forme, incompatibile con la natura profonda di ogni creazione artistica. Anche negli anni del disgelo post-staliniano le aperture che consentono a molti intellettuali di rientrare dal confino o dall’esilio non coincidono con il riconoscimento dell’importanza di una piena libertà creativa individuale.
 
Un fragile mito
 
Come dimostrano i casi di Pasternak e Solženicyn, il problema non è soltanto di tenuta del sistema di valori interno, ma anche – e forse soprattutto – di costruzione del mito verso l’esterno. Che l’arte, nella sua complessità, restituisca oltre il confine l’immagine di un mondo controverso e contraddittorio, non è per il regime, neanche dopo Stalin, tollerabile.

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Di seguito viene riproposta la bacheca del nono pannello della mostra, allestita con un manifesto, dal patrimonio della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, un numero della rivista letteraria «Novyj», che riporta un racconto di Aleksandr Isaevič Solženicyn, e la riproduzione della lettera di Borís Pasternàk a Giangiacomo Feltrinelli, tratta dall’archivio storico della Fondazione.

 

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Gli artisti innovativi e la Rivoluzione d’Ottobre di Tzvetan Todorov e con l’introduzione di Marcello Flores


Il testo di Todorov che viene pubblicato in questo eBook ha costituito l’intervento inaugurale del terzo ‘900Fest, il festival di storia che si tiene a Forlì e che è dedicato alle “dittature, totalitarismo, democrazie”.
Nel momento in cui la public history inizia anche in Italia a presentarsi con una riflessione e con un impegno organizzativo nuovi, in cui i master sulla divulgazione storica, sulla comunicazione di storia e sulla public history si moltiplicano e cercano di rispondere a una richiesta di formazione nuova, insieme teorica e professionalizzante, il lascito culturale e intellettuale di Todorov si manifesta come uno dei più preziosi e utili per affrontare il nesso non sempre facile del passato e del presente, della memoria e della storia.

 

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