Il movimento degli studenti

Capitolo 3

 
La presa di coscienza
 
Le scuole e università statunitensi conoscono le prime agitazioni a fine anni Cinquanta, quando notizie e immagini delle lotte afroamericane contro la segregazione nel Sud smuovono le coscienze degli studenti bianchi nel resto del paese. Anche il pericolo atomico chiama all’azione. Le istituzioni e l’autoritarismo che presiede al loro funzionamento vengono messi in discussione: prima sono volantini di convocazione di incontri locali (e il ciclostile non permette molta creatività); poi manifesti e giornali con funzioni di formazione, informazione e mobilitazione (in cui compaiono disegni satirici, foto e fotomontaggi in contesti grafici largamente tradizionali). È tale, per esempio, l’impaginazione delle foto con cui una rivista come Ramparts, vicina ai movimenti ma di impianto professionale, documenta la “battaglia di Berkeley” del 1964-65.
 
La stampa studentesca
 
Verso la fine degli anni Sessanta, i fatti delle realtà internazionali, su cui la guerra ha ormai “aperto gli occhi” degli studenti, insieme alle innovazioni grafiche dell’“altra” pubblicistica underground, influenzeranno in profondità la stampa studentesca. The Great Speckled Bird dedica la sua copertina alle “brigate” studentesche che vanno a Cuba per partecipare al raccolto della canna da zucchero; il Movement riprende la grafica e gli slogan del ’68 francese; The Student Mobilizer monta un preoccupato Nixon sulla foto di una mobilitazione di massa. A immagini di repressione poliziesca, come quella al centro del pannello, si affianca l’evoluzione di una mano che va dalla “V” di vittoria, al medio alzato del dileggio, al pugno chiuso della solidarietà, al fucile della rivoluzione.

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Il percorso espositivo, questa volta, propone non solo riproduzioni di copertine di riviste ma anche, e soprattutto, volantini e vignette satiriche. Alla fine degli anni ’60, infatti, la protesta si estende, di fianco a quella degli afroamericani, anche agli studenti bianchi statunitensi, i quali chiamano alla mobilitazione collettiva e propongono una critica della società e delle azioni politiche dei tempi.

Gli stili e la grafica, anche per gli strumenti di cui si servono, sono molto più minimali e iconiche, intente a chiamare all’azione in maniera rapida ed efficace.

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Il ricordo del ’68 o dell’impegno dei giovani in politica

 

Felicitàcambiamentodiversità sono alcune delle parole che hanno segnato la stagione del ’68, che le hanno dato un volto.
Alcuni simboli, parole, immagini che connotano quel ciclo di protesta per alcuni aspetti confermano un fenomeno sociale già presente in gran parte della società industriale tra fine Ottocento e inizio Novecento, per altri definiscono una novità.

 

Le conferme stanno in quel processo di irruzione dei giovani che a partire dalla fine dell’Ottocento definisce il sorgere delle forme di protesta fa del conflitto intergenerazionale uno degli aspetti essenziali della mobilitazione sociale.
Nella storia europea possiamo riscontrare quella mobilitazione nella svolta intorno alla Prima guerra mondiale, nei processi di radicalizzazione e di fascinazione per la natura e per le ideologie rivoluzionarie che connotano gran parte del conflitto politico non solo tra destra e sinistra, ma anche all’interno delle singole aree politiche.

 

Negli anni ‘50 quel disagio o quel malessere giovanile si alimenta di molti aspetti: non è solo un fenomeno che nasce sulla base della disuguaglianza economica o dal desiderio di acquisire parità di diritti, ma si genera da una condizione che contemporaneamente vive di benessere economico (è alla fine degli anni ’50 che si costituisce quel ciclo di benessere contrassegnato dalla piena occupazione) e insieme di profonda insoddisfazione sociale.

 

È questa condizione a inaugurare negli anni ’60 un malessere profondo, da allora non risolto, definito dal desiderio di dare nuovi spazi di libertà individuale, di superamento dei vincoli comportamentali e culturali, che fanno ora dei giovani un segmento sociale di rilievo, con cui qualsiasi potere politico non può non confrontarsi prendendo in carica quell’ansia di «contare». Un’ansia che è anche richiesta di spazio e di futuro, una condizione che chiede non solo più margini di libertà o di godere di una migliore condizione materiale, ma che esprime anche la necessità di costruirsi in autonomia, che avverte il bisogno di liberarsi, e non solo di stare meglio.

 

Approfondimento dal patrimonio della Fondazione
 
Il Maggio francese è uno dei simboli più popolari della rivolta giovanile che partì dall’Università di Nanterre per propagarsi con la rapidità di un incendio all’Università della Sorbonne, e immediatamente dopo coinvolse le fabbriche in tutta la Francia.

Proponiamo dal patrimonio della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli un documento originale di quella rivolta: un volantino del 19 maggio 1968 firmato dal Conseil pour le maintien des occupations che racconta l’occupazione della Sorbonne e invita al proseguimento e all’estensione della mobilitazione.