Una storia europea chiamata Rivoluzione: la propaganda

Propaganda – Capitolo 1

 

«Non con la ragione, ma, spesso, nonostante essa, si sono creati sentimenti come l’onore, l’abnegazione, la fede religiosa, l’amore della gloria e della patria, che sono stati fin qui i grandi suscitatori di tutte le civiltà.»

 

Da Psicologia delle folle di Gustave Le Bon

 
Alla ricerca dell’utopia
 
La scena della propaganda è la proposta di un futuro in cui far crescere la generazione dei più giovani, alla quale affidare un paese in crescita, un paese in cui i soggetti economicamente e socialmente più svantaggiati sono insieme i protagonisti del linguaggio visuale e i destinatari del suo messaggio.
Lo Stato, attraverso la propaganda, non parla solo della condizione materiale, ma anche della condizione morale. Perché il futuro migliore non è solo quello con più risorse, ma anche quello in cui si realizza la condizione di equilibrio tra benessere materiale e felicità. Una condizione, questa, che fa da sfondo a un lungo processo maturato nel corso del Novecento: la progressiva urgenza del problema del limite alle risorse come inquietante limite alla felicità. Un processo che conosce un primo punto di svolta con la crisi energetica dei primi anni Settanta, quando inizia la sfida per pensare a un altro sviluppo e dotarsi di un’altra immagine utopistica di futuro.
 
Il paese più felice del mondo
 
La nuova élite politica sovietica mobilita, orienta ed educa un’opinione pubblica ormai “di massa”. Funzionale a questo scopo è l’arte di regime, che con le sue opere deve far apparire l’URSS come “il paese più felice del mondo”. Le immagini di famiglie sorridenti, di donne che si fanno forti dei loro nuovi diritti acquisiti, di un popolo che guarda fiducioso al proprio futuro sono gli snodi della costruzione di un’utopia che ingloba i connotati dei destinatari di quelle immagini in un più grande universo collettivo, indirizzando il nuovo uomo e la nuova donna dell’Unione Sovietica verso comportamenti idonei allo sviluppo della macchina statale.
 
Al di qua e al di là della cortina
 
La propaganda, dunque, si configura da un lato come strumento di abnegazione dell’individuo al progetto di sviluppo collettivo progettato dallo Stato sovietico; dall’altro essa è però anche un mezzo per denigrare ogni possibile alternativa a questo progetto, e dunque ogni altra ipotesi che si discosti dall’ambientazione socialista.Nel frattempo, l’immagine del benessere che si costruisce oltre la cortina fa leva su codici del tutto diversi, che hanno al centro l’individuo, la sua possibilità di autodeterminarsi, di perseguire una realizzazione personale che può anche prescindere dall’inserimento in un quadro collettivo.

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Di seguito viene riproposta la bacheca del primo pannello della mostra, allestita con tre manifesti, dal patrimonio della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, e le copertine di tre pubblicazioni: Psicologia delle folle di Gustave Le Bon, Le viol des foules par la propagande politique di Serge Tchakhotine e l’opuscolo Lenin and Stalin on propaganda.

 

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Approfondisci

Gustave Le Bon, Psicologia delle folle, Casa Editrice Monanni, Milano, 1927.

L’opera di Gustave Le Bon è una delle prime a occuparsi in maniera scientifica del comportamento delle folle nell’era della società di massa. Pubblicata per la prima volta nel 1895, essa è l’esito di osservazioni che derivano dall’esperienza diretta di momenti di grande fermento collettivo, come la Comune di Parigi del 1871, e avrà una grande influenza nel plasmare l’idea di leadership nel Novecento.

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