Il sistema in crisi

Propaganda – Capitolo 8

 

«Il destino ha voluto che, nel momento in cui accedevo alle più alte cariche dello Stato, era già chiaro che il paese andava male. […] Noi viviamo molto peggio che nei paesi sviluppati, e accumuliamo sempre più ritardi nei loro confronti. La ragione di tale situazione era già chiara: la società soffocava nella prigione di un sistema amministrativo troppo burocratico, condannato a servire l’ideologia e a portare il terribile fardello della militarizzazione a oltranza.»

 

Michail Gorbačëv

 
Il degrado sociale
 
L’utopia del mondo sovietico non coincide con lo stato di eccezione perenne in cui l’URSS versa durante la sua esistenza. Gli anni del Terrore staliniano segnano profondamente la società, così come lo sforzo bellico nella Seconda guerra mondiale. Questo stato repressivo e totalitario ha generato un degrado sociale e morale senza precedenti: fenomeni come l’alcolismo, l’assenteismo e i furti sul posto del lavoro sono talmente diffusi da meritare campagne di comunicazione ad hoc dai toni moralizzanti.
 
 
 
Sfiducia nel sistema
 
Negli anni ‘60, la progressiva apertura dell’economia porta nelle case sovietiche delle attese e richieste che difficilmente possono essere soddisfatte: le mode occidentali, la richiesta di una maggiore libertà individuale e l’affermarsi di una cultura di stampo popolare minano il percorso culturale socialista svolto fino a quel momento, diventando i primi segni di un sistema sempre più incapace di rispondere ai bisogni di chi lo abita. La fiducia nel sistema viene sostituita da obiettivi e valori privati, mentre l’inerzia e la demotivazione generale finiscono per depotenziare moltissimo l’ideologia sovietica.
 
Una politica immobile
 
La propaganda contro la classe politica – sempre più vecchia e distante dai problemi reali – è il simbolo di un sistema che finisce per rivolgersi contro se stesso mentre matura internamente alcune cause del suo declino. Sotto Breznev si forma la cosiddetta Nomenklatura, ovvero la gerarchia dei grandi burocrati e funzionari politici che gode di uno status privilegiato rispetto al resto del paese.Questa burocratizzazione totale degli apparati produce un immobilismo generale e elimina ogni forma di dibattito interno: il mantenimento dello status quo e degli interessi privati sono gli unici obiettivi perseguibili da questa classe politica indifferente e opportunista.

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Di seguito viene riproposta la bacheca dell’ottavo pannello della mostra, allestita con un manifesto, dal patrimonio della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, e le copertine di due numeri del giornale satirico «Krokodil» e di un numero del magazine illustrato «Ogoniok».


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“L’uomo russo ha bisogno di qualcosa in cui credere. Qualcosa di elevato, di sublime. Comunismo e impero sono radicati nel profondo del nostro cervello. Capiamo meglio ciò che è eroico. Il socialismo obbligava l’uomo a vivere nella storia… ad assistere a eventi grandiosi. E come se siamo spirituali, specialissimi! Non si è vista nessuna democrazia. Noi, lei, io, saremmo dei democratici? La perestrojka è stata l’ultimo grande avvenimento della nostra vita.”

Svetlana Aleksievič, Tempo di seconda mano, 2013

 

Con il crollo dell’Unione Sovietica, la popolazione russa si è dovuta confrontare con la fine di un’epoca caratterizzata da una ideologia, un’identità e una lettura della storia molto precise. Allo scollamento identitario causato dal collasso dell’URSS, è seguita la progressiva presa di coscienza di molti lati oscuri del suo passato, con cui quasi nessuna elite politica è ancora venuta a patti dopo più di 25 anni. Il risultato è una mancanza di consenso generale sul passato sovietico, tra fautori del crollo dell’URSS, comunisti nostalgici e giovani disincantati sul futuro del paese.


Leggi l’approfondimento di Chiara Missikoff su fondazionefeltrinelli.it

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