La Russia e il mondo
1917 – 1991

Propaganda – Capitolo 2

 

Le 12 repubbliche che costituiscono l’Urss (Lettonia, Estonia e Lituania si erano già rese autonome in precedenza) si dichiarano indipendenti e fondano la CSI (Comunità degli Stati indipendenti). Alla guida della Russia c’è Boris Eltsin.

 

La fine dell’Urss, 31 dicembre 1991

1917

 
8 marzo (23 febbraio del calendario giuliano in uso in Russia fino al 1° febbraio 1918)

Rivoluzione di Febbraio – le proteste e gli scioperi che da settimane scuotono l’Impero zarista trovano il culmine nella capitale San Pietroburgo. I soldati stremati dalla guerra si mostrano solidali con la popolazione piegata dalla fame: nell’arco di pochi giorni lo zar è costretto ad abdicare.

 

6-7 novembre (25-26 ottobre)

Rivoluzione d’Ottobre – il partito bolscevico dà corso al suo piano di insurrezione armata per rovesciare il governo provvisorio di Aleksandr Kerenskij. Il Congresso generale dei soviet di tutta la Russia, che inizia la sera stessa, vede dissociarsi dal colpo di stato i menscevichi e i socialisti rivoluzionari, consentendo di fatto ai bolscevichi di instaurare un governo senza opposizione.

 

1924

 

21 gennaio

Morte di Lenin – muore a Gorki, non lontano da Mosca, Vladimir Il’ič Lenin. Iosif Vissarionovič Stalin dà avvio a una dura lotta di potere tesa a eliminare ogni possibile avversario politico, a partire dal suo più tenace oppositore, Lev Davidovič Trockij.

 

1930

 
2 febbraio

Dekulakizzazione – per decreto governativo inizia il processo di abolizione della classe contadina dei kulaki (l’élite rurale dei piccoli proprietari terrieri): le loro terre sono requisite dallo Stato, che ne assume direttamente la gestione (sovchoz) o la affida a consorzi collettivi di contadini (kolchoz); ogni opposizione è punita con la confisca di tutti i beni e la deportazione.

 

1936-1938

 
Le“grandi purghe” – la dittatura stalinista si consolida attraverso l’epurazione di tutti gli esponenti della Rivoluzione del ’17, nel corso processi-farsa che spesso si concludono con condanne a morte. Inoltre arresti, deportazioni e uccisioni di massa si abbattono contro persone e gruppi considerati “antisovietici”, in un’ondata repressiva nota anche come “grande terrore”.

 

1941

 
22 giugno

L’attacco della Germania nazista – dopo l’iniziale alleanza stipulata per agevolare l’invasione dell’est Europa, sospinto dai successi delle prime fasi della Seconda guerra mondiale, Hitler decide di attaccare l’Urss. La resistenza dell’Armata rossa e il sopraggiungere dell’inverno mettono fine all’avanzata nazista, fino al rivolgimento di fronte della battaglia di Stalingrado, che segna una svolta nelle sorti dell’intero conflitto.

 

1945

 
2 maggio

La fine della Seconda guerra mondiale – l’Armata rossa entra vittoriosa in una Berlino ridotta in macerie. Sul palazzo del Reichstag sventola la bandiera rossa. La guerra è costata all’URSS 20 milioni di morti.

 

1946

 
15 marzo

La cortina di ferro – il primo ministro britannico Winston Churchill in visita negli Stati Uniti esprime la sua preoccupazione per un’Europa che, divisa nelle sfere d’influenza degli Usa a occidente e dell’Urss a oriente, appare attraversata da un’invisibile ma invalicabile “cortina di ferro”.

 

1953

 
5 marzo

La morte di Stalin – Stalin muore in seguito a un ictus nella sua villa alle porte di Mosca. Il suo corpo viene imbalsamato e i suoi funerali sono imponenti. Nei mesi successivi la direzione del partito passa a Nikita Sergeevič Kruscëv.

 

1955

 
14 maggio

Il Patto di Varsavia – gli Stati afferenti alla sfera d’influenza sovietica stringono un’alleanza militare in opposizione alla NATO.

 

 1956

 
14-25 febbraio

Il “rapporto Kruscëv” – al XX Congresso del PCUS Kruscëv denuncia il culto della personalità di Stalin e i crimini commessi durante il periodo staliniano.

 

4 novembre

La repressione in Ungheria – i cambiamenti e il “disgelo” seguiti alla morte di Stalin aprono le porte all’espressione del dissenso anche in altri paesi del blocco sovietico: in Ungheria una rivolta popolare instaura un regime liberale, represso con estrema violenza dall’esercito russo nel giro di poche settimane.

 

1957

 
4-5 ottobre

Il lancio dello Sputnik 1 – il primo satellite artificiale del programma Sputnik è lanciato in orbita attorno alla Terra, dove rimane per 3 mesi, fino al rientro in atmosfera che ne causa la distruzione. La tecnologia aerospaziale russa segna un primo successo contro gli Stati Uniti nella corsa allo spazio. Quattro anni più tardi, il 12 aprile 1961, la navicella Vostok-1 porterà con sé il cosmonauta Jurij Gagarin, il primo uomo a volare nello spazio.

 

 1962

 
Ottobre

La crisi dei missili di Cuba  – l’URSS decide di impiantare in territorio cubano missili a medio raggio, a poche miglia dal territorio statunitense. Inizia una crisi che per alcuni giorni terrà il mondo sull’orlo di una guerra diretta tra le due superpotenze, il momento più acuto della Guerra fredda.

 

1968

 
20 agosto

La repressione della Primavera di Praga – carri armati sovietici e degli altri Stati aderenti al Patto di Varsavia mettono fine all’insurrezione che nei mesi precedenti aveva cercato di ristabilire le libertà democratiche in Cecoslovacchia.

 

1973

 
“Arcipelago Gulag” – esce a Parigi in prima edizione in lingua originale l’opera di Aleksandr Isaevič Solženicyn che per prima racconta diffusamente il sistema dei campi di concentramento e lavoro sovietici. Il 12 febbraio 1974 l’autore è arrestato e costretto all’esilio.

 

1980

 
19 luglio-3 agosto

Le Olimpiadi di Mosca – la XXII edizione estiva dei Giochi olimpici si tiene nel segno delle più aspre tensioni tra il mondo sovietico e il blocco occidentale. A causa dell’invasione dell’Afghanistan da parte dell’URSS, avvenuta alla fine del 1979, gli USA e molti suoi alleati decidono di non partecipare.

 

1985

 
11 marzo

Gorbačëv segretario generale del PCUS – giunto alla guida del partito e del Paese, Michail Sergeevič Gorbačëv avvia in Urss una serie di cambiamenti epocali all’insegna della ricostruzione  (perestrojka) dell’economia dissestata e della trasparenza (glasnost) della macchina statale nei confronti dei cittadini.

 

1989

 
9 novembre

La caduta del muro di Berlino – in seguito ad ampissime manifestazioni popolari, la Repubblica democratica tedesca dichiara abolita la separazione tra Berlino Est e Berlino Ovest e consente l’abbattimento del muro che le divideva dal 1961. È l’avvio della dissoluzione del sistema sovietico.

 

1991

 
19 agosto

Golpe d’agosto – alcuni membri del governo sovietico organizzano un colpo di stato volto a destituire Gorbačëv. È l’atto iniziale del crollo dell’URSS e del sistema comunista in Occidente.

 

31 dicembre

La fine dell’Urss – le 12 repubbliche che a questa data costituiscono l’Urss (Lettonia, Estonia e Lituania si erano già rese autonome nell’estate precedente) si dichiarano indipendenti e fondano la CSI (Comunità degli Stati indipendenti). Alla guida della Russia c’è Boris Eltsin.

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Di seguito viene riproposta la bacheca del secondo pannello della mostra, allestita con un manifesto accompagnato da documenti d’archivio tratti dal patrimonio di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli.


Approfondisci

 

La primavera, l’estate, l’autunno e l’inverno di Praga

di Ricercatrice presso Fondazione Giangiacomo Feltrinelli

 

«La Cecoslovacchia sta vivendo giornate di intensa, anche se non ufficiale, democrazia». Con queste parole il giornalista Francesco Russo – nell’articolo Il coperchio di Breznev de “L’Espressoche qui alleghiamo – commentava lo stato di salute di quel processo di cambiamento, tentativo di liberalizzazione, di riforma e di affermazione di un “socialismo dal volto umano”, cioè la Primavera di Praga.

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Il coperchio di Breznev, L’Espresso 7.4.1968,
Fondazione Giangiacomo Feltrinelli


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Una nuova stagione nel paese comunista a est della “cortina di ferro” si inaugurava il 5 gennaio del 1968, giorno in cui Alexander Dubček veniva eletto Segretario Generale dal Comitato Centrale del Partito Comunista Cecoslovacco (PCC) al posto di Novotny, da quindici anni alla guida del partito, seguito poi, nel marzo successivo, da un altro cambio di rotta significativo con l’elezione a presidente della Repubblica di Ludvìk Svoboda. Il processo di riforme cecoslovacco mirava a coniugare il socialismo con la garanzia delle libertà civili, ma, allargando lo sguardo, la Primavera di Praga è stata un laboratorio con numerosi ed eterogenei attori che avevano diversi scopi. «Il relativo ottimismo dei cecoslovacchi si comprende», scriveva ancora Francesco Russo, perché il loro «dirigenti sono gli strumenti di un’evoluzione che può trascendere le loro intenzioni».

Le similitudini con quanto stava accadendo nell’Occidente capitalistico sono molte e si trovano in particolare nell’effervescenza e nel protagonismo politico e culturale del mondo giovanile e studentesco, già attivo dal 1964 con le prime manifestazioni di piazza. Al contrario di altri paesi europei interessati dalle proteste, però, il 1968 della Cecoslovacchia riguardava un intero paese.

Sostiene lo storico Pavel Kolář (in G. Crainz, Sessantotto sequestrato, 2018) che per quanto riguarda la narrazione comune di una «creatività che sfida il potere» dal basso, questa deve essere collocata nel contesto e nella specificità della Cecoslovacchia degli anni Sessanta. Qui, infatti, sono stati gli scrittori in particolare, più che gli artisti in generale, ad aver agito politicamente attraverso il proprio status ed esercitato una influenza sociale e culturale senza precedenti, acquisita anche grazie al sostegno del governo comunista. L’agenda politica radicale del mondo dell’arte e della cultura del ’68 di Praga ha uno stretto legame con il loro lavoro, messo in opera già nel corso dell’anno precedente con l’appello per la fine della censura promossa dal Congresso degli scrittori.

Il 26 giugno Dubček aboliva ufficialmente la censura sulla stampa, che ufficiosamente non veniva più praticata da mesi e immediatamente dopo, il 27 giugno, i tre più importanti quotidiani cecoslovacchi e il settimanale letterario “Literárnì listy”, pubblicavano un manifesto dal titolo insolito: Duemila parole dedicate agli operai, agli agricoltori, agli impiegati, agli scienziati, agli artisti e a tutti gli altri. Questo manifesto avrebbe avuto un ruolo centrale nel corso degli eventi immediatamente successivi. Ludvìk Vaculìk, autore e primo tra i tanti firmatari del manifesto, denunciava apertamente la «decadenza» di molti comunisti e la trasformazione del partito comunista cecoslovacco in un «organismo di potere» che esercitava «un richiamo estremamente allettante per gli egoisti assetati di potere, i vili calcolatori e la gente dalla coscienza sporca». Metteva in luce, inoltre, l’inquietudine della gente perché il processo di democratizzazione si stava arrestando. I fatti di poche settimane dopo sarebbero state la risposta a denunce tanto coraggiose.

Un attore centrale nel rinnovamento del paese è la televisione. La televisione di Stato, guidata dal direttore Jiři Pelikán, è stata la cassa di risonanza delle proteste e delle parole d’ordine di riforma del socialismo, cogliendo immediatamente le possibilità offerte dalle maglie larghe e dall’abolizione della censura. La Primavera di Praga ha così catapultato il paese e il PCC nel secolo dei media. La politica a tutti i livelli veniva affascinata e investita dalla potenzialità del mezzo visivo.

Nella notte tra il 20 e il 21 agosto 1968, esattamente cinquanta anni fa, sulla capitale cecoslovacca calava l’inverno: le truppe sovietiche e gli alleati del Patto di Varsavia reprimevano duramente il fermento culturale, politico e sociale diretto dai dirigenti e dalle istituzioni nazionali e sostenuto dalla popolazione. Durante “l’inverno di Praga” caratterizzato dalla “normalizzazione”, successiva all’invasione sovietica, il PCC avrebbe messo in atto una forma di controllo e di censura quasi ossessiva dei mezzi di comunicazione, della televisione e delle istituzioni culturali, usandoli per i propri, altri, obiettivi. La lettera del 1973 di Vera Stovickova-Heroldova – ex annunciatrice televisiva, assistente museale, commentatrice radiofonica – indirizzata al Comitato Centrale del PCC e che qui pubblichiamo, illustra alcuni effetti della perdurante “normalizzazione” della cultura e dei media: il suo licenziamento da ogni ambito lavorativo e la sua impossibilità di trovare un nuovo impiego ha una pura motivazione politica, esplicitata in un caso con una «insufficiente coscienza di classe».

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Lettera Vera Stovickova-Heroldova – Praga, 20.10.1973,
Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Fondo Pacini, Faldone 2

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di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli

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Il gesto estremo di Jan Palach studente di filosofia, il suo suicidio con il fuoco avvenuto il 16 gennaio del 1969 in piazza Venceslao nel centro di Praga, aveva uno scopo preciso: la protesta per l’abolizione della censura. Per comprendere la sproporzione di un tale gesto rispetto all’obiettivo dobbiamo calarci di nuovo nel contesto. Jiři Pelikán, in una testimonianza trascritta a conservata negli archivi della Fondazione Feltrinelli, parla del ritorno di «vecchi e screditati uomini politici», della restaurazione «del potere assoluto della polizia segreta» e della diffusione di «menzogne e di calunnie contro le quali – proprio per l’esistenza della censura – nessuno poteva difendersi».

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Lettera Jiri Pelikan – L’appello di Jan Palach.
Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Fondo Pacini, Faldone 2

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di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli

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Afferma ancora lo storico Kolář che per comprendere davvero che cosa sia stata la breve parabola di Praga si deve sia guardare alle radici del riformismo post-stalinista degli anni precedenti, sia al riverbero nel continente europeo che l’esperienza cecoslovacca ha avuto dopo l’invasione sovietica dell’agosto del 1968. Per la storia dell’Europa nei decenni successivi, la Primavera di Praga e, in generale, il Sessantotto nei paesi dell’Europa orientale ha probabilmente una rilevanza maggiore rispetto al “Maggio Francese” e al ’68 in Italia.

 

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L’Espresso n. 10, 10.3.1968, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli
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L’Espresso n. 34, 25.8.1968, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli
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