Modernizzazione dall’alto
Economia – Capitolo 8
«Il comunismo è il potere sovietico più l’elettrificazione di tutto il paese»
Vladimir Il’ič Lenin
L’importanza della scienza
Al pari del marxismo, che oltre ad essere una dottrina politica vuole essere una teoria scientifica sulla realtà umana, anche la scienza cosiddetta “pura” è funzionale allo sviluppo del progetto bolscevico. Lo status di potenza mondiale a cui deve arrivare l’Unione Sovietica richiede grandi investimenti nello sviluppo tecnologico: per questo crescono istituzioni altamente qualificate come l’Istituto fisico-tecnico di Leningrado, l’Istituto pansovietico per la coltivazione delle piante, l’Istituto di fisiologia dell’Accademia delle Scienze.
Investire nello sviluppo tecnologico
Nonostante le pessime condizioni del paese, nel primo dopoguerra il governo non bada a spese per lo sviluppo di questo aspetto chiave dell’economia sovietica, a maggior ragione poiché aiuta la secolarizzazione imposta dalla rivoluzione e il progressivo abbandono della sfera religiosa. Fisici, scienziati e studenti sono invitati dal partito a trascorrere lunghi periodi fuori dal paese, in particolare in Germania e negli Stati Uniti, un investimento che darà frutti in particolar modo dopo la Seconda guerra mondiale. Le donne sono partecipi di questa crescita tecnologica e si affermano in diversi campi del sapere scientifico, mostrando i primi risultati di un livello di istruzione molto alto raggiunto indistintamente da entrambi i sessi.
Guarda la photogallery
Di seguito viene riproposta la bacheca dell’ottavo pannello della mostra, allestita con un manifesto, dal patrimonio della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, due numeri del giornale satirico «Krokodil» e la copertina dell’opera Les batisseurs de la vie nouvelle, II – Au pays de Tamerlan di Paul Vaillant-Couturier.
Per iniziare la visita alla mostra virtuale, basta cliccare su una delle immagini che seguono. Potete procedere nell’ordine consigliato oppure visualizzare i singoli oggetti.
Kit didattico: Opportunità per tutti
Danzica 1980 – Danzica 2019: cosa nasce e cosa finisce?
1917-2017. Una storia europea chiamata Rivoluzione
Solidarność, una storia lunga 25 anni
Kit didattico: Opportunità per tutti
Il 14,5% della popolazione mondiale è povero: oltre un miliardo di persone vive con meno di 1,25 dollari al giorno, tra queste, una su tre ha meno di 13 anni. Cosa significa essere poveri? La povertà è un problema complesso e si accompagna al tema delle disuguaglianze. Lo sapevi che il 10% della popolazione globale non ha accesso ad efficienti servizi di acqua potabile? Che nel 2011 65 milioni di ragazze non hanno avuto accesso all’istruzione primaria e secondaria?
Il kit didattico Opportunità per tutti stimola una riflessione su disuguaglianza e giustizia sociale collegati al tema della “cittadinanza” e prende in esame il programma di assistenza sociale brasiliano Bolsa Familia finalizzato a ridurre la povertà anche attraverso l’accesso a istruzione, servizi sanitari.
Danzica 1980 – Danzica 2019: cosa nasce e cosa finisce?
L’uccisione di Pawel Adamowicz, sindaco di Danzica, esponente di Solidarność, domenica sera per opera di un simpatizzante politico della destra nazionalista che oggi governa la Polonia, conferma un dato che è nelle cose ma che ancora facciamo fatica a nominare.
In molte parti d’Europa sta tornando il fascino per il totalitarismo. Con questo termine non si deve intendere solo ed elusivamente la costruzione di una società del terrore, ma soprattutto la pratica della delegittimazione delle opinioni diverse. Ovvero la sconfessione – se non addirittura la messa al bando – di opinioni politiche fondate sull’idea che la democrazia è conflitto, è confronto tra opinioni diverse, tra idee di società e di governo aperte e divergenti. L’uccisione di Pawel Adamowicz dice che oggi, come quaranta anni fa, l’opinione antitotalitaria è tornata a essere pericolosa in Polonia. Lo scrive Adam Michnik, l’ultimo esponente di quel ’68 polacco, poi leader di Solidarność, che ricorda a noi tutti quale sia il campo magnetico del totalitarismo, ma anche quale sia la sfida che la Polonia lancia a se stessa da molto tempo, almeno dal Secondo dopoguerra: essere una democrazia fondata sulla dialettica o una comunità organica senza opposizioni.
Sono le parole che riprendiamo da un suo discorso pronunciato il 10 dicembre 1984 in occasione della laurea honoris causa della New School for Social Research di New York, conferitagli dal rettore di tale università venuto appositamente in Polonia. La cerimonia si svolse a Varsavia, nell’abitazione del professor Edward Lipinski, membro fondatore del Comitato di difesa degli operai, assediata dalla milizia.
Michnik era appena stato scarcerato e non aveva diritto di parola pubblica. E’ presumibile che questa sia ancora la scena di oggi, 15 gennaio 2019, 35 anni dopo, nella Polonia non più comunista, ma ancora affascinata dal totalitarismo che sta di fronte a noi.
NOI DI “SOLIDARNOSC”
La situazione in cui versano da quarant’anni il mio paese e il mio popolo, nonché tutti i paesi gravitanti nell’ambito del potere comunista, è caratterizzata dall’ordine totalitario di stampo sovietico. Esso determina quotidianamente l’esperienza dei popoli e degli individui. Poggia sulla forza e si accompagna alla convinzione che la forza sia l’unica legittimazione logica del potere e anche il principio fondamentale dei rapporti interumani.
La protesta contro tale principio costituisce l’essenza dell’opposizione antitotalitaria. Tutte le voci — spesso diverse tra loro — provenienti dalle nostre file sono accomunate dal medesimo denominatore: il rifiuto della filosofia politica fondata sul culto della forza. Su questo punto convergono Sacharov e Solgenitsin, Milosz e il cardinale Wyszynski, Vaclav Havel e Robert Havemann. Su questo punto si sono trovati d’accordo polacchi delle più diverse convinzioni e dei più svariati ambienti, per creare Solidarność — sindacato e insieme movimento sociale antitotalitario.
Nell’autunno 1981, quando sulla Polonia si addensavano nuvole minacciose e da ogni parte risuonava il latrato delle minacce unito allo scalpiccio degli scarponi militari, Zbigniew Herbert scrisse l’ormai famosa poesia 1 7 . IX, dedicata a Józef Czapski. Eccola:
La mia patria inerme ti accoglierà invasore
e la strada per cui Hansel e Gretel trotterellavano a scuola non si spalancherà in un abisso
Fiumi troppo pigri non inclini ai diluvi
i cavalieri addormentati sui monti continueranno a dormire ti sarà quindi facile entrare ospite non invitato
Ma i figli della terra si aduneranno di notte ridicoli carbonari congiurati della libertà puliranno le loro armi da museo
giureranno sull’aquila e i due colori
E poi come sempre — bagliori ed esplosioni ragazzi gagliardi condottieri insonni
zaini pieni di sconfitte rossastri campi di gloria la confortante coscienza di essere — soli
La mia patria inerme ti accoglierà invasore e ti darà due metri di terra sotto il salice — e la pace perché chi verrà dopo di noi apprenda di nuovo la più difficile delle arti — la remissione delle colpe’.
2 In Zbigniew Herbert, Rapporto dalla Città assediata, a cura di P. Marchesani, Adelphi, Milano 1993, p. 213; p. 97 per citaz. a p. 35.
Questa splendida poesia, piena di eroismo e di amara ironia, illustra l’esperienza polacca meglio di qualunque articolo di rivista o di giornale. Un’esperienza, ossia una guerra permanente per la libertà, solitamente considerata come una caratteristica congenita dei polacchi e che oggi si rivela invece la fonte della loro forza spirituale.
Quei ridicoli carbonari, quei congiurati della libertà sono stati volta a volta i partecipanti alle insurrezioni nazionali e alle rivolte libertarie, i cavalieri delle perdute guerre d’indipendenza e i combattenti dell’ultima, impari lotta contro il totalitarismo hitleriano, conclusasi drammaticamente il 17 novembre 1939 con la coltellata inferta da Stalin nella schiena dell’aspirazione polacca alla libertà.
Ma a giurare “sull’aquila e i due colori” ci siamo anche noi di “Solidarność”. Come dobbiamo sembrare ridicoli agli osservatori neutrali! “La resistenza degli inermi fa ridere, perché la debolezza è ridicola”, constata amaramente Milosz3. E aggiunge:
Il concetto di umanità sfugge alle definizioni, ma acquista concretezza quando un qualche comportamento ne diviene l’esempio. Un ragazzo arrestato perché in casa sua sono stati scoperti volantini di protesta si trova davanti una scelta: cinque anni di prigione, oppure firmare una dichiarazione di lealtà e tornare a casa. Il ragazzo non firma. Agli occhi dell’ufficiale della polizia politica che gli sottopone l’offerta, il rifiuto appare assurdo: secondo lui il mondo è strutturato in modo che le cose vengano decise dalla forza materiale, e la forza materiale sta dalla parte della polizia. In questi scontri della necessità anonima, in nome della quale agisce il funzionario, alla libertà del singolo prigioniero s’intreccia tutta la grande problematica esistenziale. L’atto di rifiuto, infatti, non si basa su niente, non scaturisce da nessun calcolo: anzi tutto parla contro di esso, eccettuata la voce interiore che vieta di cedere alla pressione della forza vittoriosa. Siamo tutti eredi della Bibbia e riconosciamo subito la situazione archetipica del “giusto”, perseguitato dalle forze del mondo che deridono la sua fedeltà a un ordine impartito dall’alto.
Agli esperti dei tortuosi meccanismi della politica, piccola o grande che sia, le parole di Milosz suonano come onesti luoghi comuni. Infatti sono i poeti, non i politici, a scoprire le verità di questa nazione. Chi non ascolta la voce della letteratura polacca, non capisce la Polonia.
1917-2017. Una storia europea chiamata Rivoluzione
Il centenario della Rivoluzione d’Ottobre è l’occasione per una riflessione sulla sua storia, le idee, i modelli, i linguaggi e gli immaginari che hanno condizionato le nostre odierne categorie di progresso, lavoro e felicità sociale. Il contesto storico che ha reso possibile la rivoluzione, la creazione di miti fondativi e la costruzione dell’utopia politica, il lavoro e i nuovi modelli di progresso, la propaganda e la costruzione del cittadino 1.0, sono parte di un bagaglio culturale e politico che, a distanza di oltre 25 anni dalla dissoluzione dell’URSS, possono essere guardati da altre prospettive per comprendere ciò che di originale e potente ha portato il ’17 nel nostro vissuto di cittadini europei. Lo scopo non è farne un bilancio distaccato, ma indagarne i codici culturali e simbolici alla luce degli scambi, delle influenze e delle divisioni tra il mondo sovietico e il resto d’Europa.
In uscita, con l’inaugurazione della mostra 1917-2017. Una storia europea chiamata Rivoluzione, il catalogo, a cura della Fondazione. Il catalogo sarà in vendita presso le librerie Feltrinelli di Milano con i contributi di Massimiliano Tarantino, Gian Piero Piretto, Marcello Flores, Silvio Pons, Boris F. Martynov, Federico Rossin, Vittore Armanni, Chiara Missikoff.
Il catalogo è in vendita presso le librerie Feltrinelli di Milano
Solidarność, una storia lunga 25 anni
Le rivendicazioni sindacali che conducono il 31 agosto del 1980 alla nascita del Sindacato Indipendente Autogestito Solidarność accrescono l’interesse verso la Polonia sia nel mondo politico e sindacale sia nell’opinione pubblica italiana.
Scambi di idee, visite di delegazioni ufficiali e viaggi informali si chiudono drasticamente il 13 dicembre 1981 quando il generale Wojciech Jaruzelski dichiara lo stato di guerra e pone Solidarność nell’illegalità.
I legami stretti nei mesi precedenti, però, non si recidono, ma si trasformano. I tre sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil, pur con le differenze legate alla loro storia, esprimono vicinanza alla Polonia e si attivano nel sostegno politico, con il supporto delle istituzioni, delle parrocchie, delle associazioni di polacchi in Italia.
In particolare a Torino, prima del colpo di stato, nasce un Comitato di Solidarietà con Solidarność che dopo il 13 dicembre 1981 organizza spedizioni di generi di prima necessità, realizza iniziative di informazione sulla situazione polacca, promuove raccolte di firme, redige e diffonde appelli, prende contatti con personalità del sindacato e delle istituzioni. Nel 1984 anche in Veneto si forma un Comitato di Solidarietà con il supporto delle sedi locali dei sindacati.
Entrambi fanno capo al Comitato di Solidarietà con Solidarność in Italia di Roma. Sono anni di grande impegno, di sostegno a distanza delle famiglie dei delegati di Solidarność, molti dei quali detenuti o licenziati, di scambi di informazioni e di pubblicazioni clandestine, di aiuti materiali e di supporto spirituale che accompagnano la Polonia verso la rinnovata legalizzazione del sindacato e le prime elezioni parzialmente libere del 4 giugno 1989.
La mostra narra questi avvenimenti a partire dal prezioso fondo conservato presso la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli di Milano, avviato nell’autunno del 1981 con la raccolta di documenti e pubblicazioni di Solidarność e dopo il 1989 ampliato con gli archivi dei comitati di Torino e del Veneto. Arricchita da immagini provenienti dall’Europejskie Centrum Solidarności di Danzica e dalla Fondazione Vera Nocentini di Torino, la mostra illustra uno degli aspetti più significativi delle molteplici attività coordinate a livello nazionale dal Comitato di Solidarietà con Solidarność in Italia e testimonia un capitolo importante di storia comune tra Italia e Polonia, un capitolo fatto da molte persone che si impegnarono disinteressatamente e che dedicarono tempo ed energia per la causa di Solidarność. Purtroppo alcuni dei protagonisti non possono più narrare quella straordinaria vicenda in quanto prematuramente scomparsi e alla loro memoria vorremmo dedicare questa mostra.
Arricchita da immagini provenienti dall’Europejskie Centrum Solidarności di Danzica e dalla Fondazione Vera Nocentini di Torino, la mostra illustra uno degli aspetti più significativi delle molteplici attività coordinate a livello nazionale dal Comitato di Solidarietà con Solidarność in Italia e testimonia un capitolo importante di storia comune tra Italia e Polonia, un capitolo fatto da molte persone che si impegnarono disinteressatamente e che dedicarono tempo ed energia per la causa di Solidarność. Purtroppo alcuni dei protagonisti non possono più narrare quella straordinaria vicenda in quanto prematuramente scomparsi e alla loro memoria vorremmo dedicare questa mostra. Krystyna Jaworska e Donatella Sasso Curatrici della mostra
Multimedia
Solidarity Poland 1981
Approfondimenti
la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli e il Consolato Generale della Repubblica di Polonia in Milano organizzano la mostra Solidarność nei documenti della Fondazione Feltrinelli in collaborazione con l’Europejskie Centrum Solidarności (Centro Europeo di Solidarność di Danzica), con il Dipartimento di Lingue e Letterature Straniere e Culture Moderne dell’Università degli Studi di Torino e con l’Istituto di studi storici Gaetano Salvemini. L’evento si avvale del patrocinio del Comune di Milano. Scopri la mostra: Solidarność nei documenti della Fondazione Feltrinelli