La Russia, il mondo. 1917-1949
Economia – Capitolo 2
Vladimir Il’ič Lenin muore a Gorki, non lontano da Mosca. Iosif Vissarionovič Stalin dà avvio a una dura lotta di potere tesa a eliminare ogni possibile avversario politico.
Morte di Lenin – 21 gennaio 1924
1917
8 marzo (23 febbraio del calendario giuliano in uso in Russia fino al 1° febbraio 1918)
Rivoluzione di Febbraio – le proteste e gli scioperi che da settimane scuotono l’Impero zarista trovano il culmine nella capitale San Pietroburgo. I soldati stremati dalla guerra si mostrano solidali con la popolazione piegata dalla fame: nell’arco di pochi giorni lo zar è costretto ad abdicare.
6-7 novembre (25-26 ottobre)
Rivoluzione d’Ottobre – il partito bolscevico dà corso al suo piano di insurrezione armata per rovesciare il governo provvisorio di Aleksandr Kerenskij. Il Congresso generale dei soviet di tutta la Russia, che inizia la sera stessa, vede dissociarsi dal colpo di stato i menscevichi e i socialisti rivoluzionari, consentendo di fatto ai bolscevichi di instaurare un governo senza opposizione.
1921
Marzo
Nuova politica economica (NEP) – in reazione al malessere diffuso della popolazione e alle rivolte dei mesi precedenti, Lenin decide di dare una svolta alla politica economica, riaprendo spazi all’iniziativa privata nell’industria e liberando i contadini dalla morsa delle requisizioni forzate.
1924
21 gennaio
Morte di Lenin – muore a Gorki, non lontano da Mosca, Vladimir Il’ič Lenin. Iosif Vissarionovič Stalin dà avvio a una dura lotta di potere tesa a eliminare ogni possibile avversario politico, a partire dal suo più tenace oppositore, Lev Davidovič Trockij.
1928
Primo piano quinquennale – Stalin avvia la pianificazione economica, fissando gli obiettivi produttivi da raggiungere ogni cinque anni sulla base della parola d’ordine dell’industrializzazione forzata, verso la quale convogliare risorse e manodopera.
1930
2 febbraio
Dekulakizzazione – per decreto governativo inizia il processo di abolizione della classe contadina dei kulaki (l’élite rurale dei piccoli proprietari terrieri): le loro terre sono requisite dallo Stato, che ne assume direttamente la gestione (sovchoz) o la affida a consorzi collettivi di contadini (kolchoz); ogni opposizione è punita con la confisca di tutti i beni e la deportazione.
1932-1933
Grande carestia – la sottrazione di braccia all’agricoltura e la persecuzione dei kulaki acuiscono gli esiti di una cattiva stagione agricola: si scatena una carestia che causerà quasi 5 milioni di morti.
1936-1938
Le“grandi purghe” – la dittatura stalinista si consolida attraverso l’epurazione di tutti gli esponenti della Rivoluzione del ’17, nel corso di processi-farsa che spesso si concludono con condanne a morte. Inoltre arresti, deportazioni e uccisioni di massa si abbattono contro persone e gruppi considerati “antisovietici”, in un’ondata repressiva nota anche come “grande terrore”.
1939
23 agosto
Patto Molotov-Ribbentrop – i ministri degli Esteri della Germania nazista e dell’URSS firmano un patto di non aggressione, corredato di un protocollo segreto che prevede la facoltà per l’URSS di annettere la Polonia orientale e le Repubbliche baltiche.
1941
22 giugno
L’attacco della Germania nazista – dopo l’iniziale alleanza stipulata per agevolare l’invasione dell’est Europa, sospinto dai successi delle prime fasi della Seconda guerra mondiale, Hitler decide di attaccare l’Urss. La resistenza dell’Armata rossa e il sopraggiungere dell’inverno mettono fine all’avanzata nazista, fino al rivolgimento di fronte della battaglia di Stalingrado, che segna una svolta nelle sorti dell’intero conflitto.
1945
2 maggio
La fine della Seconda guerra mondiale – l’Armata rossa entra vittoriosa in una Berlino ridotta in macerie. Sul palazzo del Reichstag sventola la bandiera rossa. La guerra è costata all’URSS 20 milioni di morti.
1946
15 marzo
La cortina di ferro – il primo ministro britannico Winston Churchill in visita negli Stati Uniti esprime la sua preoccupazione per un’Europa che, divisa nelle sfere d’influenza degli Usa a occidente e dell’Urss a oriente, appare attraversata da un’invisibile ma invalicabile “cortina di ferro”.
1949
4 dicembre
La nascita del COMECON – con la creazione del Consiglio di mutua assistenza economica l’Urss consolida il blocco comunista, assicurandosi l’asservimento agli interessi sovietici delle economie degli Stati membri.
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Di seguito viene riproposta la bacheca del secondo pannello della mostra, allestita con un manifesto, dal patrimonio della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli.
Per iniziare la visita alla mostra virtuale, basta cliccare su una delle immagini che seguono. Potete procedere nell’ordine consigliato oppure visualizzare i singoli oggetti.
Approfondisci
Le conseguenze economiche della pace, The Economic Consequences of the Peace (di cui si propone un estratto dal titolo La conferenza di pace), scritto da John Maynard Keynes nel 1919 e pubblicato in traduzione italiana nel 1920 dalla casa editrice Fratelli Treves, segnava un durissimo atto di condanna dei risultati conclusivi di quel consess parigino che dal gennaio 1919 e per i mesi successivi aveva visto riuniti nella capitale francese i quattro vincitori della guerra, ora intenzionati a costruire la futura pace d’Europa.
Attraverso una trattazione stringente nelle argomentazioni quanto chiara nell’esposizione, Keynes criticava in particolare il programma di ricostruzione economica uscito da Parigi, tutto imperniato sul tema delle riparazioni tedesche ai paesi vincitori, a loro volta diretta conseguenza del riconoscimento della Germania come responsabile della guerra e come tale tenuta a risarcire i danni materiali causati dalle invasioni tedesche. Ma non era solo ingiusta la “pace cartaginese” che i vincitori avevano imposto ai vinti. Era una pace “impossibile”, che coltivava in sé i semi di nuove guerre, nel momento stesso in cui si fondava sull’illusione che bastasse risolvere le questioni del riassetto territoriale europeo per deciderne a tavolino i nuovi confini, ignorando quanto il disordine economico che vi sottostava rendesse impossibile a quell’ordine di funzionare. Sarebbero bastati poco più di dieci anni a rendere drammaticamente profetiche le previsioni dell’economista inglese sulla fragile e precaria stabilità del nuovo ordine uscito dalla Conferenza di pace.
Kit didattico: La propaganda e la società di massa nel 900 (II grado)
Oltre il confine. Europa e Russia dal 1917 a oggi
1917: l’anno che rivoluzionò il Novecento
Kit didattico: La propaganda e la società di massa nel 900 (II grado)
Proposta percorso scuole secondarie di II grado
Dal 1917 in Russia, la propaganda diventa il mezzo dello Stato per parlare non solo della condizione materiale, ma anche della condizione morale. Perché il futuro migliore non è solo quello con più risorse, ma anche quello in cui si realizza la condizione di equilibrio tra benessere materiale e felicità. Una condizione, questa, che fa da sfondo a un lungo processo maturato nel corso del Novecento: la progressiva urgenza del problema del limite alle risorse come inquietante limite alla felicità.
Questo processo conosce un primo punto di svolta con la crisi energetica dei primi anni Settanta, quando inizia la sfida per pensare a un altro sviluppo e dotarsi di un’altra immagine utopistica di futuro. L’arte di regime diventa il mezzo per realizzare questi intenti e attraverso le sue opere deve far apparire l’URSS come “il paese più felice del mondo”.
Il kit didattico affronta quindi questo tema, i suoi sviluppi e la sua evoluzione dalla Rivoluzione di Ottobre fino ai tempi recenti di Putin. In particolare, i contenuti sono sviluppati per analizzare il codice visivo che fu il mezzo predominante, soprattutto nell’età staliniana, di diffusione dei messaggi politici e dei modelli di comportamento promossi dalla nuova ideologia comunista.
Oltre il confine. Europa e Russia dal 1917 a oggi
Descrizione dell’eBook
L’eBook è volto a mettere a fuoco la complessità del rapporto tra Russia ed Europa Occidentale in Età moderna e contemporanea.
La storia e la cultura russa sono presenti nel profondo dell’Europa così come, viceversa, l’Europa e la sua storia sono parte dell’identità russa.
Allo stesso tempo l’Europa, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento e, soprattutto nel Novecento, non ha mai cessato di guardare alla Russia come a un partner privilegiato ma con cui, anche, avere una profonda conflittualità.
Conosci l’autore
Andrea Panaccione è docente all’Università di Modena e Reggio Emilia e direttore scientifico della Fondazione Giacomo Brodolini di Milano. E’ autore, fra l’altro, di Socialisti europei (Milano, Angeli, 2000) e Il 1956 (Milano, Unicopli, 2006).
€ 2,99
1917: l’anno che rivoluzionò il Novecento
Anche se ormai da 11 anni la data canonica del 7 novembre (anniversario della rivoluzione d’Ottobre) è stata sostituita in Russia, come festa nazionale, da quella del 4 novembre come Giorno dell’Unità Popolare (a ricordo della cacciata dalle truppe polacche da Mosca nel 1612, che pone fine alla cosiddetta epoca dei “torbidi” e prelude all’avvento della dinastia dei Romanov), il 1917 rimane comunque una delle grandi date che scandiscono la storia russa, come il 1812 (invasione di Napoleone e sua cacciata), il 1861 (emancipazione dei servi), il 1941-45 (grande guerra patriottica).
Il Febbraio e l’Ottobre vedono il succedersi di due diverse prospettive di abbandono della vecchia Russia, prodotte entrambe dall’impatto della guerra e portate avanti da forze diverse: quella di un nuovo ruolo e consenso nazionale attraverso una radicale trasformazione politica e nel solco dell’alleanza con le potenze dell’Europa occidentale e degli Stati Uniti, quella della costruzione, a livello internazionale e poi sempre più nazionale, di una nuova società, volgendo le spalle alla guerra degli Stati e conducendo una nuova guerra contro tutte le forze che, in modi anche molto diversi, si oppongono al nuovo potere.
Le due rivoluzioni russe sono la risposta a processi in corso in tutte le società europee e pongono alcune delle questioni di lunga durata.
Ne indico alcune:
le conseguenze della guerra sul piano economico-sociale, del rapporto Stato – società, della mobilitazione culturale a livello di avanguardia e di massa;
la rinascita di un mito internazionalista e pacifista che sembrava morto nell’agosto 1914 e la proiezione della Russia sulla storia mondiale come mai prima di allora;
l’avvio di processi di nation e state building in tutte le grandi compagini imperiali sconvolte dalla guerra;
la ridefinizione degli equilibri tra i diversi Stati e le diverse zone dell’Europa in funzione della nuova presenza, minaccia e attrazione dello Stato sovietico;
l’importanza assunta dalla propaganda, dalla diplomazia culturale e dalla costruzione delle immagini, che oltrepassano i confini, promuovono nuove forme di comunicazione ed entrano nelle dinamiche e nei conflitti dell’altro;
la dialettica secolare tra interdipendenza e isolazionismo. La guerra e la rivoluzione lasciano di fronte all’Europa due diverse Russie, quella sovietica e quella dell’emigrazione, e rapporti diversi con l’una e con l’altra, oltre che tra di esse e con i propri passati.
La Russia dopo la guerra e la rivoluzione non sarà più o almeno principalmente (tranne che per i nostalgici delle proprie ossessioni) quella “sotto gli occhi dell’Occidente” di Joseph Conrad (1911) con i suoi rivoluzionari tenebrosi e ambigui e con le provocazioni della polizia zarista. Essa sarà ancora di più al centro dell’attenzione europea, avrà un ruolo decisivo nell’Europa minacciata dal nazismo, ma il suo impatto e i suoi intrecci saranno sempre più globali; nello stesso tempo, come l’Europa e insieme e oltre i rapporti con questa, essa sarà sempre più condizionata dai processi mondiali.
Il confronto tra Russia ed Europa si propone dunque come uno dei temi che invitano a ripensare e a ripercorrere la storia dell’Europa come storia di lunga durata. Non solo tenendo come data iniziale quella delle due rivoluzioni (febbraio e ottobre 1917) che in occasione del centenario è prevedibile che occuperanno il centro della scena, ma anche riprendendo in mano quel processo che si avvia a metà del XIX secolo, quando con la liberazione dei servi, quel confronto si propone come strutturale nella storia dell’Europa contemporanea.
Andrea Panaccione
Università di Modena e Reggio Emilia