La Russia, il mondo. 1917-1922
Idee – Capitolo 3
Stalin succede a Lenin alla guida del governo: lo Stato bolscevico assume il nome di Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.
Elezione di Stalin e nascita dell’URSS, 1922
1919
18 gennaio
Conferenza di pace – si apre a Parigi la conferenza internazionale, con i soli paesi vincitori, incaricata di dirimere le tante questioni aperte dalla fine delle operazioni militari della Prima guerra mondiale. I destini dei paesi sconfitti, che nel frattempo si stanno disgregando dall’interno a causa di rivoluzioni, colpi di stato e proclamazioni d’indipendenza, verranno decisi in trattati separati, siglati in varie località della Francia tra il 1919 e il 1920.
Marzo
Terza internazionale – nel tentativo di superare l’isolamento causato dalla rivoluzione e dall’appoggio di molte potenze straniere al movimento controrivoluzionario, Lenin fonda la Terza internazionale (poi detta Internazionale comunista o Comintern), per riunire tutte le forze mondiali filo-bolsceviche che potessero diffondere la rivoluzione. Fu l’occasione per raccogliere uomini e idee che avrebbero dato vita, di lì a pochi anni, ai vari partiti comunisti, in Europa e non solo.
28 aprile
Istituzione della Società delle Nazioni – in parte ispirata dal presidente americano Woodrow Wilson – che nel gennaio di quell’anno aveva diffuso, con i celebri “Quattordici punti”, il suo progetto di riassetto mondiale basato essenzialmente sul principio di autodeterminazione dei popoli – nasce a Ginevra la Società delle Nazioni. La Russia bolscevica e la Germania socialista ne vengono escluse a priori.
19 settembre
Nascita della Repubblica di Weimar – in una Germania insanguinata dalla violenza politica e scossa dalle conseguenze della sconfitta della Grande guerra, entra in vigore la nuova Costituzione, che trasforma lo Stato tedesco in una Repubblica federale. Seguiranno anni di grave instabilità politica, che porteranno al successo dell’estrema destra e del nazismo.
1920
Aprile
Invasione polacca in Russia – mentre l’Armata rossa sembra ormai avere la meglio sulle armate bianche, la Polonia invade l’Ucraina e la Bielorussia. Il conflitto tra i due paesi si concluderà nel marzo 1921 con la Pace di Riga, che riconoscerà il dominio polacco sulle aree più occidentali dei due paesi.
Inverno
Rivolte contadine – le dure condizioni imposte dal “comunismo di guerra” causano un diffuso malcontento, soprattutto nelle campagne, dove scoppiano numerose rivolte.
1921
17-19 marzo
Repressione di Kronstadt – i marinai della base navale di Kronstadt, posta su un’isola al largo di San Pietroburgo, si ammutinano in segno di protesta contro le scelte liberticide e la politica economica del governo bolscevico. La base viene attaccata da una guarnigione dell’Armata rossa, i responsabili sono individuati e giustiziati.
Marzo
Nuova politica economica (NEP) – in reazione al malessere diffuso della popolazione e alle rivolte dei mesi precedenti, Lenin decide di dare una svolta alla politica economica, riaprendo spazi all’iniziativa privata nell’industria e liberando i contadini dalla morsa delle requisizioni forzate.
X Congresso del partito bolscevico – Al X Congresso Lenin ottiene che vengano abolite le frazioni e i gruppi intestini al partito che, fino a quel momento, avevano permesso un dibattito interno a volte aspro, ma comunque libero.
1922
Aprile
Elezione di Stalin – Stalin succede al Lenin alla guida del partito e del governo.
28 ottobre
Marcia su Roma – in Italia il fascismo prende il potere con un colpo di stato. Il re incarica Benito Mussolini di formare un nuovo governo.
Dicembre
Nascita dell’URSS – Lo Stato bolscevico assume definitivamente il nome di Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche. La configurazione federale è stabilita con una nuova costituzione, che entra in vigore nel luglio dell’anno successivo.
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Di seguito viene riproposta la bacheca del terzo pannello della mostra, allestita con un manifesto dal patrimonio della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, la copertina della pubblicazione che raccoglie le memorie del generale Wrangel, una lettera contenuta nel volume Note sulla rivoluzione bolscevica. Lettere ad Alberto Thomas e a Romand Rolland scritto dal Capitano Jacques Sadoul e un numero del giornale francese La Russie opprimée.
Per iniziare la visita alla mostra virtuale, basta cliccare su una delle immagini che seguono. Potete procedere nell’ordine consigliato oppure visualizzare i singoli oggetti.
Approfondisci
Qui di seguito alcuni documenti tratti dal patrimonio della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli sulla Terza Internazionale tra i quali spiccano le pubblicazioni in differenti lingue del Primo Congresso del Komintern, il periodico in lingua russa dell’Internazionale comunista, gli atti originali sulla questione coloniale, l’intervento del segretario dell’organizzazione Georgi Dimitrov contro il fascismo che apre la stagione dei “fronti popolari”.
Kit didattico: Cos’è l’Europa?
Alcune considerazioni sul voto di protesta in Europa. Tra luoghi comuni ed evidenze empiriche
1917-2017. Una storia europea chiamata Rivoluzione
Oltre il confine. Europa e Russia dal 1917 a oggi
Kit didattico: Cos’è l’Europa?
Il kit – Cos’è l’Europa? – interroga il concetto stesso di Europa e lo analizza come il frutto di espressioni geografiche, storiche, politiche e sociali che nel tempo si sono modificate e sovrapposte, costruendo di volta in volta diverse rappresentazioni (e auto-rappresentazioni) di ciò che chiamiamo Europa. Questo sguardo permette di osservare e analizzare alcuni aspetti della storia dell’Europa senza cadere nella riproposizione manualistica dei fatti e delle vicende, e produce una consapevolezza sulla continua evoluzione dell’idea stessa d’Europa che risulta fondamentale per ragionare criticamente sulle trasformazioni di oggi e comprendere gli scenari per il futuro.
È possibile ampliare alcune degli argomenti approfonditi in questo percorso grazie agli altri kit sulle tematiche della cittadinanza, dei diritti, delle migrazioni e della storia europea.
Alcune considerazioni sul voto di protesta in Europa. Tra luoghi comuni ed evidenze empiriche
Da alcuni anni a questa parte in Europa, ogniqualvolta ci si lascia alle spalle un periodo di campagna elettorale, il dibattito pubblico viene puntualmente pervaso da espressioni che paiono oramai una conditio sine qua non della riflessione sui veri motivi per cui gli elettori votano nel modo in cui votano. Tra queste, immancabile, è quella del cosiddetto voto di protesta. Da quando, in particolare, nuovi imprenditori politici hanno cercato – in un ampio numero di democrazie occidentali – di mobilitare consenso sui fallimenti dei partiti tradizionali nel fronteggiare la crisi economica iniziata nel 2008, commentatori e analisti hanno identificato nella protesta la chiave di volta per la comprensione di risultati elettorali altrimenti percepiti come difficilmente spiegabili. Un primo caso lampante da questo punto di vista, almeno per l’esperienza a noi più vicina, è certamente quello delle elezioni politiche italiane del 2013. In effetti appare difficile pensare che l’inaspettato successo ottenuto dal Movimento 5 Stelle in quell’occasione avrebbe potuto verificarsi in assenza di una protesta collettiva nei confronti delle politiche di austerity messe in atto dal Governo Monti e dai maggiori partiti che lo sostenevano, PD e PDL. Lo stesso può dirsi, sebbene su scala più larga, anche delle successive elezioni per il Parlamento europeo del 2014. A detta di molti, quelle furono la prima vera occasione per gli elettori di tutta Europa di mostrare il proprio disagio verso classi politiche ‘inadempienti’ nei confronti della crisi economica a livello continentale, e infatti la crescita dei voti per partiti euroscettici fu in quel caso senza precedenti.
In qualunque contesto la si applichi, in definitiva, la vulgata del voto protesta sembra seguire ogni volta il medesimo canovaccio. In principio vi è sempre (o quasi) uno scenario di crisi della rappresentanza, per cui i principali attori che fino ad allora avevano articolato il sistema politico si trovano nella sostanza incapaci, per via di limiti interni e/o strutturali, di soddisfare le domande politiche provenienti da una porzione significativa dei loro elettori. In seguito, il “vuoto” lasciato da tali soggetti viene colmato da nuovi attori – di ‘protesta’, appunto – i quali non avrebbero però – specie in tempi di crisi economica – alcun particolare merito se non quello di organizzare il dissenso esistente verso altri soggetti. Poco o nulla dovrebbe importare infatti agli elettori di questi partiti in sé, o della loro offerta programmatica, quanto del loro costituire un’opportunità per punire l’élite partitica di riferimento. Questo almeno secondo chi sostiene questo genere di interpretazione.
Strasburgo, parlamento europeo
Al di là di come il voto di protesta appare nelle menti dei commentatori, uno sguardo ai lavori empirici sul tema dimostra che il terreno su cui ci muoviamo non è poi tanto solido quanto ci può sembrare. Nello specifico, alcuni studi – a dire il vero neanche troppo recenti – hanno mostrato come alcuni partiti dell’Europa Occidentale, abitualmente considerati “di protesta”, vengano in realtà votati su basi non dissimili da quelle che caratterizzano il voto a tutti gli altri partiti. Il riferimento è qui in particolare a valutazioni improntate su temi di policy, e nello specifico l’immigrazione. Altre ricerche hanno invece sostenuto che la protesta, intesa come scontento nei confronti delle élite e del sistema politico in generale, può sì influenzare il comportamento degli elettori, ma in favore di partiti il cui carattere di protesta non appare poi così chiaro nel dibattito pubblico. Questi possono essere infatti tanto piccoli partiti marginali, dotati di posizioni estreme su alcuni temi, quanto attori più centrali che per una qualche ragione vengono giudicati dagli elettori come idonei depositari del proprio messaggio di scontento. Su questa stessa linea si pongono anche i risultati di una mia recente analisi svolta su dati di tipo europeo (European Election Studies), all’interno della quale ho dimostrato come il binomio composto da “motivazioni di protesta da parte dell’elettore” e “successo elettorale dei cosiddetti partiti di protesta” non sia poi così scontato.
Ciò è stato in particolare possibile attraverso una serie di modelli statistici ‘controfattuali’. Purtroppo non vi è qui modo di soffermarsi approfonditamente sui dettagli tecnici del caso, tuttavia è importante quantomeno considerare che tale strategia di analisi permette di stimare con relativa facilità non solo le percentuali di voto ai vari partiti, ma anche quelle che questi otterrebbero entro una serie limitata di ulteriori scenari fittizi. In questo caso essi sono definiti da una importanza crescente (ogni volta duplicata rispetto al caso precedente) delle motivazioni di protesta nel ragionamento di voto degli elettori, qui misurate attraverso una serie di domande sulla fiducia nelle istituzioni politiche e sulla soddisfazione circa l’operato dei partiti al governo. La Tabella 1 riporta gli esiti di questa procedura in relazione al contesto italiano. I risultati sono a dir poco sorprendenti. Se infatti apparirebbe lecito attendersi un consenso sempre maggiore per partiti come il Movimento 5 Stelle lungo i diversi scenari controfattuali, a discapito magari di forze governative come il PD, quel che si nota è invece come la distribuzione dei voti rimanga complessivamente stabile.
Ora, è chiaro che risultati a tal punto contro-intuitivi richiedono inevitabilmente ulteriori approfondimenti. Tuttavia essi già appaiono come un primo, importante segnale del fatto che le conseguenze elettorali della protesta potrebbero in realtà non essere così scontate come spesso le immaginiamo. Da una prospettiva generale, ciò apre tra l’altro a un’ulteriore serie interrogativi circa l’effettiva capacità che addetti ai lavori, media ed élites politiche possono mettere in campo per leggere la protesta insita nei risultati di un’elezione. Infatti, se la realtà della protesta elettorale non corrisponde (in parte o del tutto) all’idea che intuitivamente sviluppiamo di essa, sulla base delle retoriche utilizzate dai partiti, il rischio principale che si corre è di fraintendere il significato – se non la presenza – della protesta stessa. Eppure, come già suggeriva in tempi non sospetti uno dei maestri degli studi elettorali – Philip Converse – in un Handbook of Political Science del 1975, un conto sono gli elettori, con le loro opinioni e attitudini, un altro conto sono i partiti e le strategie che questi usano per ottenere consenso. I contenuti di queste due dimensioni possono talvolta sovrapporsi, ma ciò non è da darsi per scontato. Nel caso qui discusso, stranamente, sembra che finora questa distinzione non sia mai stata adeguatamente considerata. In ottica futura, tuttavia, comprendere il meccanismo che contribuisce a rendere un partito una credibile opzione di protesta agli occhi del suo elettore – e indipendentemente da quelli di osservatori esterni, come esponenti politici e analisti – è una sfida che la ricerca politico-elettorale deve necessariamente cogliere.
Tab 1 – Esito di analisi controfattuale relativa alle probabilità di voto (PTVs) verso i principali partiti italiani
Fonte: 2014 European Election Voter Study
1917-2017. Una storia europea chiamata Rivoluzione
Il centenario della Rivoluzione d’Ottobre è l’occasione per una riflessione sulla sua storia, le idee, i modelli, i linguaggi e gli immaginari che hanno condizionato le nostre odierne categorie di progresso, lavoro e felicità sociale. Il contesto storico che ha reso possibile la rivoluzione, la creazione di miti fondativi e la costruzione dell’utopia politica, il lavoro e i nuovi modelli di progresso, la propaganda e la costruzione del cittadino 1.0, sono parte di un bagaglio culturale e politico che, a distanza di oltre 25 anni dalla dissoluzione dell’URSS, possono essere guardati da altre prospettive per comprendere ciò che di originale e potente ha portato il ’17 nel nostro vissuto di cittadini europei. Lo scopo non è farne un bilancio distaccato, ma indagarne i codici culturali e simbolici alla luce degli scambi, delle influenze e delle divisioni tra il mondo sovietico e il resto d’Europa.
In uscita, con l’inaugurazione della mostra 1917-2017. Una storia europea chiamata Rivoluzione, il catalogo, a cura della Fondazione. Il catalogo sarà in vendita presso le librerie Feltrinelli di Milano con i contributi di Massimiliano Tarantino, Gian Piero Piretto, Marcello Flores, Silvio Pons, Boris F. Martynov, Federico Rossin, Vittore Armanni, Chiara Missikoff.
Il catalogo è in vendita presso le librerie Feltrinelli di Milano
Oltre il confine. Europa e Russia dal 1917 a oggi
Descrizione dell’eBook
L’eBook è volto a mettere a fuoco la complessità del rapporto tra Russia ed Europa Occidentale in Età moderna e contemporanea.
La storia e la cultura russa sono presenti nel profondo dell’Europa così come, viceversa, l’Europa e la sua storia sono parte dell’identità russa.
Allo stesso tempo l’Europa, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento e, soprattutto nel Novecento, non ha mai cessato di guardare alla Russia come a un partner privilegiato ma con cui, anche, avere una profonda conflittualità.
Conosci l’autore
Andrea Panaccione è docente all’Università di Modena e Reggio Emilia e direttore scientifico della Fondazione Giacomo Brodolini di Milano. E’ autore, fra l’altro, di Socialisti europei (Milano, Angeli, 2000) e Il 1956 (Milano, Unicopli, 2006).
€ 2,99