Il mondo diviso
Propaganda – Capitolo 3
«Noi comprendiamo il bisogno della Russia di essere sicura alle sue frontiere occidentali di fronte a qualsiasi ripetersi dell’aggressione tedesca. Noi le diamo il benvenuto al giusto posto tra le più importanti nazioni del mondo. […] È tuttavia mio dovere porre davanti a voi certi fatti al riguardo dell’attuale situazione in Europa […].
Da Stettino sul Baltico a Trieste sull’Adriatico, è scesa sul continente europeo una cortina di ferro. […] le capitali degli antichi Stati dell’Europa centrale e orientale […] si trovano nella sfera sovietica e sono soggette […] a un’altissima e crescente misura di controllo da Mosca.»
Winston Churchill
Due diverse società
Con l’avvicendarsi della Guerra Fredda, ben presto è chiaro che la competizione tra Est e Ovest non è solo la contrapposizione tra due diversi modelli di sviluppo, ma è una lotta molto più pervasiva, che si fa spazio nelle coscienze delle persone e si pone come spartiacque sociale tra chi crede in una società dove tutti sono uguali e chi supporta gli ideali occidentali di libertà e democrazia.Anche fuori dalle mura domestiche e dai confini nazionali, non esiste luogo esente da questo scontro ideologico che travolge tutti coloro che lo osservano.
Il bene collettivo e il suo nemico
L’immagine che l’URSS promuove di sé è quella di un paese dove i bisogni essenziali dell’individuo hanno trovato risposta in una società tutta orientata alla costruzione di un mondo più giusto ed equo.
Vivere in Unione Sovietica vuol dire impegnarsi quotidianamente per raggiungere risultati sempre più ambiziosi per il bene collettivo: ogni cittadino sovietico viene spronato a sviluppare le proprie capacità individuali in nome della crescita del proprio paese, un paese che ha bisogno di dimostrare al mondo che il socialismo produce società floride che eccellono in ogni campo.
Gli Stati Uniti, con le loro aggressioni imperialiste ai danni degli altri popoli, il loro regime di sfruttamento permeato di razzismo ed emarginazione, sono il “nemico numero uno” di questo paese, che riconosce la forza economica e il potere persuasivo del modello americano e ne teme il sopravvento.
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Di seguito viene riproposta la bacheca del terzo pannello della mostra, allestita con un manifesto, dal patrimonio della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, e una copertina e due vignette tratte da tre numeri del giornale satirico Krokodil.
Per iniziare la visita alla mostra virtuale, basta cliccare su una delle immagini che seguono. Potete procedere nell’ordine consigliato oppure visualizzare i singoli oggetti.
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L’eBook Oltre il confine. Europa e Russia dal 1917 a oggi di Andrea Panaccione, racconta la complessità del rapporto tra Russia ed Europa Occidentale in età moderna e contemporanea.
La storia e la cultura russa sono presenti nel profondo dell’Europa così come, viceversa, l’Europa e la sua storia sono parte dell’identità russa.
Allo stesso tempo l’Europa, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento e, soprattutto nel Novecento, non ha mai cessato di guardare alla Russia come a un partner privilegiato ma con cui, anche, avere una profonda conflittualità.
Kit didattico: La propaganda e la società di massa nel 900 (II grado)
I giornali di fabbrica
1917 -2017. Russia e Europa, cento anni di rivoluzione
Sul fronte della ragione
Kit didattico: La propaganda e la società di massa nel 900 (II grado)
Proposta percorso scuole secondarie di II grado
Dal 1917 in Russia, la propaganda diventa il mezzo dello Stato per parlare non solo della condizione materiale, ma anche della condizione morale. Perché il futuro migliore non è solo quello con più risorse, ma anche quello in cui si realizza la condizione di equilibrio tra benessere materiale e felicità. Una condizione, questa, che fa da sfondo a un lungo processo maturato nel corso del Novecento: la progressiva urgenza del problema del limite alle risorse come inquietante limite alla felicità.
Questo processo conosce un primo punto di svolta con la crisi energetica dei primi anni Settanta, quando inizia la sfida per pensare a un altro sviluppo e dotarsi di un’altra immagine utopistica di futuro. L’arte di regime diventa il mezzo per realizzare questi intenti e attraverso le sue opere deve far apparire l’URSS come “il paese più felice del mondo”.
Il kit didattico affronta quindi questo tema, i suoi sviluppi e la sua evoluzione dalla Rivoluzione di Ottobre fino ai tempi recenti di Putin. In particolare, i contenuti sono sviluppati per analizzare il codice visivo che fu il mezzo predominante, soprattutto nell’età staliniana, di diffusione dei messaggi politici e dei modelli di comportamento promossi dalla nuova ideologia comunista.
I giornali di fabbrica
Il giornale di fabbrica fa parte dei fermenti che interessano il mondo operaio e sindacale, funge da organo di propaganda, strumento di formazione, di informazione, ma anche di rete, di lettura, di conoscenza e di discussione.
Questo strumento rappresentava la voce del mondo del lavoro e nasceva dal vivo delle vertenze e delle rivendicazioni che si sprigionavano nelle fabbriche e ha rappresentato, dagli anni Cinquanta agli anni Settanta, attraversando fasi e traiettorie diverse, un documento essenziale per capire sentimenti, esigenze e aspettative dei lavoratori.
Fondazione Giangiacomo Feltrinelli conserva nei suoi archivi un corpus documentale significativo di queste importantissime fonti.
A partire dagli anni Cinquanta, i giornali di fabbrica si affermano come elemento di coagulo per rafforzare l’unità operaia e sindacale. Da questo momento, alle tematiche economiche si affiancano riflessioni sulla politica e sindacato e perfino articoli a scopo culturale e ricreativo. Il fenomeno si impose a tal punto che nel 1953 ricevette un riconoscimento ufficiale presso la sede dell’Associazione Lombarda dei Giornalisti.
Attraverso questi periodici è possibile cogliere le aspirazioni, gli ideali dei lavoratori che si esprimevano con un linguaggio chiaro e diretto. Notizie sui cottimi, gli straordinari, i salari, gli incidenti, i rapporti coi tecnici, con gli impiegati e con la direzione rappresentano una fonte documentale su quel mondo, proveniente da quel mondo, tanto rilevante da essere paragonata ai Cahiers de doléances. Inoltre dalla lettura di questi fogli traspare una “mentalità di produttori”, di chi non si limitava a lottare per strappare condizioni di vita e di lavoro migliori ma, con le proprie proposte, poneva in qualche modo la propria candidatura alla direzione economica dell’azienda e, in prospettiva, del paese.
A metà anni Sessanta la nuova stampa operaia fiorisce in un contesto ormai rinnovato, caratterizzato da un maggior livello di partecipazione e di coinvolgimento dei lavoratori sia alla vita dell’azienda sia alla società e alla politica italiana. Anche per questo nei giornali di fabbrica degli anni Sessanta e Settanta si nota un linguaggio più diretto e immediato, forte di un ruolo nuovo e più solido degli operai dentro e oltre la fabbrica.
I bollettini dei Consigli di Fabbrica che allora iniziano a proliferare vengono prodotti a caldo, dalla lotta sul campo e testimoniano più dei bollettini sindacali d’un tempo di essere espressione diretta dell’iniziativa dei lavoratori in fabbrica. È la stessa natura del consiglio, “che è rappresentante diretto di tutti i lavoratori occupati in un’azienda che è quotidianamente e direttamente esposto ai successi e ai contraccolpi di una situazione conflittuale, che dà al suo giornale un carattere d’immediatezza nel rispecchiare, oltre che gli avvenimenti, le tendenze, le discussioni, i rapporti interni alla fabbrica”.
Emerge in questo senso l’interesse degli operai verso tutti quegli aspetti della «condizione dei lavoratori» che rendono «chiara ed evidente» la “realtà di classe”, come annuncia l’editoriale del primo numero dell’Organo del consiglio unitario dei delegati Enel della zona di Milano del maggio 1972, intitolato appunto «Realtà di Classe». Queste pagine si spingono ad affrontare altre tematiche che guardano più in generale la realtà politica o il territorio di riferimento e i suoi servizi sociali. Basta leggere l’articolo su “Scuola di classe e libri di testo” nel secondo numero di «Realtà di Classe».
Il processo di deindustrializzazione che avrebbe interessato l’Italia a partire dagli anni Settanta segna la trasformazione profonda di quell’esperienza e l’inizio delle metamorfosi del mondo del lavoro e delle forme della partecipazione dei lavoratori – alla loro azienda e anche alla vita pubblica – e anche alla vita pubblica, che avrebbe segnato la fine della centralità di questi strumenti nella fabbrica e nella politica degli anni Ottanta.
Scarica il catalogo tratto dal patrimonio di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli
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Di seguito una photogallery con alcune delle testate dei giornali di fabbrica presenti nella collezione della Fondazione.
1917 -2017. Russia e Europa, cento anni di rivoluzione
Quello tra Russia ed Europa è un confronto che definisce una costante nella storia moderna e contemporanea.
Il processo di costruzione dell’Europa in età moderna ha vissuto un’idea permeabile e mobile di confine. Un confine che a Ovest appariva segnato da un limite naturale rappresentato dal mare, mentre a Est non solo era mutevole, ma si costruiva sul contatto con la Russia e con la sua realtà culturale e linguistica, assunta sia come sfida che come dialogo e confronto.
L’Europa riesce a definire se stessa se include la Russia; la Russia definisce una immagine di sé soltanto se si pensa in dialogo e in rapporto con il resto dell’Europa. L’avvicinarsi del centenario del 1917 è l’occasione per ripercorrere questo rapporto complesso: quanta parte della storia e della cultura russa è nel profondo dell’Europa? Che cosa è andata cercando l’Europa “guardando alla Russia” a partire dal XIX secolo? Che cosa cambia a partire dal 1917? Che cosa resta oggi?
Nel corso dell’Ottocento il punto di riferimento del dispotismo agli occhi dell’Europa si identifica con la Russia. La Russia è il luogo in cui l’Europa misura la distanza dal suo passato. Questo registro si modifica a partire dal 1917, quando il processo rivoluzionario da una parte è percepito come un momento di possibile avvicinamento, ma dall’altra anche come il confronto con un avversario cui contendere il futuro del continente.
Manifesto. I. Ovasapov, Siamo fieri dei nostri diritti scritti a lettere d’oro nella Costituzione del Paese!, 1979
Uno sguardo che si alimenta dell’immaginario sociale degli strumenti di comunicazione propri del Novecento: e dunque i manifesti pubblici, vero luogo in cui si costruisce il linguaggio collettivo.
Per questo abbiamo pensato che il centenario potesse essere un’occasione per scavare intorno al rapporto inquieto, spesso conflittuale, quasi mai amico e tuttavia mai ritenuto superfluo o inutile tra Russia ed Europa, e che nel tempo le ha legate in forma mutevole. Un confronto in cui gli interessi, le domande, lo stimolo al cambiamento sono avvenuti attraverso uno sguardo che reciprocamente si spingeva “oltre il confine”, in cui la realtà russa, e poi sovietica, e le molte realtà dell’Europa in forme discontinue, distinte nel tempo, hanno continuato a dialogare, spesso con diffidenza ma sempre con curiosità. Una storia che si presta a una riflessione sui modelli, i linguaggi e gli immaginari che hanno condizionato le nostre odierne categorie di lavoro, progresso e felicità sociale.
Lo scopo è indagarne i codici culturali e simbolici che sono alla base del nostro vissuto di cittadini europei. Il contesto storico che ha reso possibile la Rivoluzione d’Ottobre, la creazione di miti fondativi e la costruzione dell’utopia politica, il lavoro e i nuovi modelli di progresso, la propaganda e la costruzione del cittadino 1.0, sono parte di un bagaglio culturale e politico che, a distanza di oltre venticinque anni dalla dissoluzione dell’Urss, possono essere guardati con occhi nuovi e come parte di ciò che di originale e potente ha portato il 1917 in Europa.
Manifesto di propaganda russa (anni ’30)
In questa ricerca ci hanno guidato le sollecitazioni che abbiamo ricavato dall’immersione nel patrimonio di Fondazione. Un patrimonio ricco di volumi e periodici, di manifesti e di affiches che documentano la storia culturale, economica, sociale, politica ma anche visiva dell’immaginario della Russia dagli inizi del XIX secolo a oggi.
La storia come modo di pensare i nodi del presente, ma anche ricostruire il senso della sua genealogia.
Il 1917 è un anno fondamentale del processo storico mondiale e in particolare europeo. Prorompe sulla scena in una situazione tragica: l’Europa è nel pieno della Prima guerra mondiale e la Russia è un groviglio di contraddizioni, dove lo sviluppo economico e sociale dei decenni precedenti non trova riscontro nelle arretrate strutture politiche del regime zarista. Lo scoppio della rivoluzione spezza secolari strutture feudali e rende di colpo la Russia il faro europeo del socialismo, il posto in cui più di mezzo secolo di pensiero radicale anti-sistema trova una fulminea attuazione. Questo territorio ai margini, che poco aveva assorbito dei precedenti stimoli al progresso del tempo, recupera il suo ritardo con la modernità grazie a un evento cruciale quanto repentino, una modalità che poi diventerà cifra distintiva di tutto il Novecento.
Abbiamo scelto tre diversi percorsi di significato cui abbiamo cercato di dare un volto: le idee, le economie, la propaganda sono i tre diversi codici che proponiamo e attraverso i quali raccontare il confronto stretto tra Russia e Europa nel corso del Novecento.
In breve:
Le idee. La storia della Rivoluzione d’Ottobre, da due punti di vista diversi: da una parte come i russi stessi l’hanno raccontata, dall’altra come alcune voci europee l’hanno vissuta, interrogandosi sul loro futuro e sempre avendo presente cosa lì stava avvenendo, convinti che simpatetici o avversari, quella storia riguardava anche loro.
L’economia. Il grande processo di modernizzazione portato avanti nei primi anni di esistenza dell’Unione Sovietica è stato accompagnato da una ridefinizione dei concetti e delle pratiche di lavoro, casa ed economia. Il lavoro come diritto fondamentale, la collettivizzazione delle campagne e dei nuclei residenziali, i ritmi forzati della pianificazione economica, sono tutte tappe che hanno profondamente segnato la storia della Russia e fanno parte di ciò che viene considerata l’eredità politica e sociale del modello di sviluppo sovietico.
La propaganda. La nuova élite politica mobilita, orienta e educa l’opinione pubblica. Funzionale a questo scopo è l’arte di regime, che con le sue opere doveva far apparire l’Urss come “il paese più felice del mondo”, ma anche è attenta a invocare la costruzione di un nuovo cittadino, corazzato di una nuova etica, “e perciò virtuoso, libero dai vizi storici del carattere russo, per esempio dall’uso, più spesso dall’abuso dell’alcool.
Manifesto di propaganda russa (anni ’30)
Un insieme di immagini, di sogni, di preoccupazioni, ma anche e soprattutto di parole che hanno definito il linguaggio collettivo del Novecento, ma anche che fanno ancora parte dell’immaginario pubblico. Parole che toccano le sensibilità di quel tempo e del nostro, ancora caratterizzate da quello sguardo che reciprocamente si volge “oltre il confine”, che prova a costruire e a dare forma a un dialogo e a uno scambio che non sono mai stati quieti o tranquilli, ma sempre turbolenti, contratti, tesi, ma in cui nessuna delle due parti ha cercato la rottura definitiva. Un dialogo e uno scambio che chiedevano di trovare forme di coabitazione, di compromesso, di confronto. Quando la sensazione era quella di essere prossimi alla rottura, infatti riprendeva una pratica di confronto il cui fine era tenere sempre una porta aperta, scommettendo su un margine di interesse comune, per “non perdersi di vista” e provare, magari in un momento successivo, a riannodare ciò che nel frattempo si era perduto.
Sul fronte della ragione
Descrizione dell’eBook
Con l’espressione al di sopra della mischia Romain Rolland definisce le ragioni della sua presa di distanza dall’entusiasmo per la guerra. Solo da un osservatorio al di sopra di quel tragico fragore, l’intellettuale può – anzi, deve – svolgere il ruolo di cui lo investe la società, soprattutto quando questa versa in uno stato di crisi totale.
Scritto nel 1914, ma pubblicato in Svizzera, dove si è rifugiato, nel giugno 1915, a carneficina in corso, il testo di Rolland dà voce e parole a quegli intellettuali militanti che rispondono alla propaganda degli entusiasti per la guerra. Disillusi e sconcertati dall’odio fratricida, delusi dal destino decadente degli ideali del cosmopolitismo europeo e della solidarietà culturale della civiltà occidentale, questi autori iniziano a descrivere l’Europa che verrà dopo la guerra come una landa di rovine, popolata di mutilati e invasa da armamenti avveniristici e terribili.
La visione è anticipatrice di un dopoguerra che segnerà il volto e condizionerà le vicende dell’Europa ma contribuisce anche alla definizione della funzione e della fisionomia dell’intellettuale pubblico da allora a oggi.
Conosci l’autore
Romain Rolland (1866 – 1944), scrittore e musicologo francese. Pacifista, esule in Svizzera allo scoppio della Grande Guerra, scrive sul Journal de Genève contro il massacro «fratricida» e la cultura della guerra. È insignito nel ’15 del Premio Nobel per la letteratura per il romanzo ciclico Jean-Cristophe (1904-1912), sulla vita di un musicista nell’Europa coeva in crisi. Europeista e antifascista, tra le due guerre s’impegna contro l’azione persecutoria di regime sugli intellettuali e la cultura.