La violenza contro l’altro
Capitolo 2
La fondazione dei Fasci italiani
Il 23 marzo 1919, nella sala del Circolo dell’Alleanza Industriale, che si affaccia su piazza San Sepolcro a Milano, nascono i Fasci italiani di combattimento, con un discorso di Benito Mussolini cui fa seguito uno di Filippo Tommaso Marinetti. Due giorni prima, sempre nella stessa piazza, era stato fondato il Fascio di combattimento di Milano. Per Mussolini il compito è quello di costruire “l’antipartito”, in contrasto con la destra liberale e con la sinistra rivoluzionaria, in una logica di attacco al sistema parlamentare e alla democrazia liberale.
Il regime fascista
Poco più di due anni e mezzo dopo, Mussolini è chiamato dal re Vittorio Emanuele III a formare il governo. Per oltre vent’anni il fascismo si farà regime, instaurando uno Stato totalitario che toglierà ogni diritto, metterà fuori legge i partiti, abolirà la libertà di stampa, incarcererà e reprimerà con brutalità ogni opposizione e ogni critica, cercando – con le avventure coloniali, grandi opere pubbliche e una capillare politica di indottrinamento ideologico – di trovare un consenso di massa che coinvolgerà per anni gli italiani.
Dalle piazze non nasce solo la rivolta, l’opposizione, la battaglia per nuovi e più estesi diritti. Può nascere anche la loro negazione, esaltando il sogno di dominio di chi intende sottomettere ai suoi voleri e ai suoi obiettivi la maggioranza della popolazione.
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1919
23 MARZO
Nella sala del Circolo dell’Alleanza Industriale, che si affaccia su piazza San Sepolcro a Milano, nascono i Fasci italiani di combattimento, movimento politico fondato da Benito Mussolini.
1922
28-31 OTTOBRE
Accresciuto il numero dei militanti e il sostegno del Movimento fascista fra le fila delle gerarchie militari ed economiche italiane, Mussolini convoca un’adunata nella Capitale. La “Marcia su Roma” avviene in un clima di violenza e intimidazioni contro i partiti e i movimenti operai e socialisti, ma dal Re Vittorio Emanuele III non giunge l’ordine di fermarli. A fine ottobre Mussolini viene nominato Presidente del Consiglio dal Re: incarico che mantiene per oltre vent’anni.
1925-1926
Durante il 1925 e il 1926 Mussolini, forte del consenso della Monarchia e di vasti settori dell’Esercito, dà il via allo smantellamento dei presidi liberali dello Stato.
Il corpus di leggi proclamate in questo biennio sono alla base del Regime e vengono per questo definite “Leggi Fascistissime”. Perdita di potere decisionale del Parlamento, scioglimento dei consigli e delle rappresentanze locali, creazione di una polizia segreta, istituzione del Tribunale speciale per la repressione dei movimenti considerati antifascisti, reintroduzione della pena di morte e soppressione di ogni forma di sindacato e associazione politica non fascista: da questo momento Mussolini accentra nel Partito Nazionale Fascista ogni aspetto della vita politica e sociale dello Stato.
1938
SETTEMBRE
Tra l’estate e l’autunno del 1938 il Regime fascista costruisce, attraverso una serie di leggi, la struttura giuridica necessaria alla discriminazione e all’esclusione degli italiani di origine ebraica dalla società. L’epurazione riguarda ogni ambiente: dalla scuola all’impiego pubblico, dall’uso dei trasporti pubblici al matrimonio e procede parallelamente alla produzione di testi e discorsi propagandistici improntati all’odio antisemita.
Kit didattico: Europa. La storia fa le rime
In presa diretta. La costruzione del fascismo raccontata in tempo reale (1919-1925)
Delirio razzista. L’antifascismo in tempo reale contro le leggi razziali
Come narrare la storia
Kit didattico: Europa. La storia fa le rime
Il kit “La storia fa le rime” conduce gli studenti attraverso un viaggio nella storia, alla scoperta delle analogie e dei segnali che il passato ci ha lasciato al fine di comprendere la complessità dei processi che avvengono nel presente.
Conoscere la storia europea, in particolare le vicende legate alla Seconda guerra mondiale e al dramma delle leggi razziali e delle deportazioni, permette di affrontare un tema “caldo” come quello dei rifugiati e delle persone in fuga dalle persecuzioni e dalla guerra, attraverso una sorta di “modello”, distante da noi nel tempo, a partire dal quale è possibile estrapolare alcuni “segni” utili a interpretare il presente.
È possibile ampliare alcuni degli argomenti approfonditi in questo percorso grazie agli altri kit didattici sulle tematiche della cittadinanza, dei diritti, delle migrazioni e della storia europea.
In presa diretta. La costruzione del fascismo raccontata in tempo reale (1919-1925)
No, no, non è da illudersi: è un vero esercito militarizzato, disciplinato e pieno di ardore che si è costituito in Italia […]
Non mi meraviglierei affatto che fra non molto s’impossessino del potere,
creando una repubblica oligarchica, con Mussolini presidente e papa-re d’Italia.
Lettera di Anna Kuliscioff a Filippo Turati, 26 marzo 1922
Attraverso tre temi, crisi dello Stato, conservazione rivoluzionaria e generazioni in conflitto, l’eBook ricostruisce la natura e gli orizzonti del fascismo ricorrendo a testi scritti da fascisti e antifascisti, pubblicati tra il 1921, quando i fascisti si presentarono nei “blocchi nazionali” in occasione delle elezioni politiche, ed il 1925, quando il fascismo diventò a tutti gli effetti regime.
Delirio razzista. L’antifascismo in tempo reale contro le leggi razziali
Basterebbe che ogni italiano, in una di quelle domande rivolte alla propria coscienza che neppure il fascismo può impedirgli di porsi, si chiedesse di che razza è, da dove viene il colore dei suoi occhi o della sua pelle, perché l’«antica purezza del sangue» proclamata dal Ministro della Cultura popolare prenda un aspetto assurdo. Abitante di grandi porti che sono comunità viventi di tutte le genti, contadino di quelle campagne del sud da cui tanti sono partiti emigranti per il mondo per tornare africanizzati, americanizzati, europeizzati, abitante di quelle isole che sono state fecondate dalle più diverse civiltà e percorse dai pirati di tutte le coste, lavoratore di quel nord Italia che da tanti secoli è uno di quei centri in cui l’Europa si è riconosciuta nella sua multiforme varietà, tutti gli italiani portano in se stessi le tracce delle «razze» dei quattro punti cardinali.
Gianfranchi, La razza italiana o l’italiano allo specchio, «Giustizia e Libertà», 22 luglio 1938
Nel 1938 Giuseppe Di Vittorio scriveva sul giornale degli antifascisti italiani in Francia “La voce degli italiani” che «il delirio razzista» stava giungendo al «parossismo in Italia. Tutti i mezzi potentissimi di pressione morale e materiale di cui si è munito il regime, sono stati messi in azione per creare un’atmosfera di progrom». (si veda allegato “In aiuto degli ebrei italiani” del 7 settembre 1938)
Razzismo e antisemitismo hanno avuto un significato nazionale e un ruolo centrale nel rafforzamento del regime totalitario in Italia nella seconda metà degli anni Trenta.
Di fronte al lungo dibattito che ha circondato le origini e la natura del razzismo e dell’antisemitismo del fascismo italiano fin dall’immediato secondo dopoguerra, la storiografia ha stabilito la loro evoluzione autonoma rispetto a presunte pressioni dell’alleato tedesco e ha smantellato definitivamente la visione riduttiva dell’antisemitismo fascista (si veda M. Sarfatti, Gli ebrei nell’Italia fascista. Vicende, identità, persecuzione, Einaudi nuova ed. 2018)
«Il problema di scottante attualità è quello razziale», dichiarava Mussolini mentre parlava alla folla festante di Trieste il 18 settembre 1938 annunciando le leggi razziali, quelle che il 17 novembre 1938 si sarebbero tradotte nel decreto legge n.1728 “Provvedimenti per la difesa della razza italiana”, poco dopo i progrom della Kristallnacht in Germania. Al di là di quelle che possono sembrare intenzioni autocelebrative – Mussolini soffriva di un evidente complesso di inferiorità nei confronti di Hitler e dell’antisemitismo di Stato del paese alleato, ma non aveva in quel preciso momento storico necessità di ribadire l’allineamento – il duce ci teneva a evidenziare come una «chiara severa coscienza razziale» non fosse frutto di «imitazioni» o suggerimenti altrui e ne rivendicava la paternità; inoltre, il problema razziale, continuava in quel discorso di Trieste, era «in relazione con la conquista dell’impero». Il «problema ebraico», pertanto, era «un aspetto di questo fenomeno» come lui stesso affermava e l’ebraismo si tramutava in «nemico irreconducibile del fascismo».
Milano, ospedale Niguarda 1938. Lavori forzati
Al contrario di quanto affermato da Di Vittorio nell’articolo del 7 settembre 1938, l’antisemitismo e il razzismo non erano poi così lontano dal fascismo italiano. La ricerca storica e storiografica ha fatto chiarezza su questi aspetti controversi. Pubblicamente Mussolini si dichiarava estraneo, in realtà i suoi progetti erano ben diversi fin dai primi anni Trenta e si erano imposti con lo scopo di arginare e reprimere gli antifascisti che, in molti casi, erano di origini ebraiche (Si vedano G. Mosse, Razzismo in Europa. Dalle origini all’Olocausto e R. De Felice, Storia degli ebrei in Italia sotto il fascismo). Tra gli italiani di origini ebraiche inizialmente regnavano confusione e smarrimento, segnali di una dolorosa difficoltà ad accettare la persecuzione e l’esilio.
Con l’aggressione coloniale dell’Etiopia nel 1935, il razzismo italiano si era fatto più netto e radicale. Il salto di qualità era avvenuto nel 1937, con l’emanazione di norme discriminatorie e per la segregazione razziale contro la popolazione etiope che sanciva l’esistenza di una razza inferiore da assoggettare. La vera natura delle scelte del fascismo e di Mussolini tra il 1937 e l’autunno del 1938 era la volontà di fare degli italiani una razza pura e di rafforzare il consenso, momentaneamente in difficoltà soprattutto in quelle componenti più giovani della società, attraverso la creazione di un nemico comune e interno: «Bisogna mettersi in mente che noi non siamo camiti, che non siamo semiti, che non siamo mongoli. E, allora, se non siamo nessuna di queste razze, siamo evidentemente ariani e siamo venuti dalle Alpi, dal nord. Quindi siamo ariani di tipo mediterraneo, puri». (discorso di Mussolini nel 1938, si veda G. Rochat, Il colonialismo italiano,1973).
Fino al 1943, gli italiani hanno accettato le leggi razziali e razziste come qualsiasi altra legge. La lucidità delle analisi di Di Vittorio dall’esilio in Francia invitava a prendere sul serio «il furore razzista del regime» che aveva bisogno di «incanalare contro gli ebrei l’esasperato malcontento delle masse» e di preparare gli italiani all’odio e alle guerre di aggressione. «Questo fatto non può lasciare indifferente la democrazia italiana», proseguiva Di Vittorio, «la quale ha il dovere di lottare per l’eguaglianza dei diritti di tutti gli onesti cittadini italiani, senza distinzione di religione e di razza» (si veda l’articolo “Difesa degli ebrei italiani e delle organizzazioni cattoliche” del 13 settembre 1938, qui allegato).
L’attualità, poi, della lettura di Di Vittorio si trova in particolare nella sua capacità di comprendere chiaramente la miopia degli italiani sul lungo periodo e in merito a questo provvedimento. «La lotta contro gli ebrei non è che un aspetto della lotta dei grandi trust e della loro dittatura fascista contro l’intero popolo italiano» (in “In aiuto degli ebrei italiani”, 7 settembre 1938). È una lotta contro l’intero popolo italiano e una lotta «antiumana». Quanto possono rimanere davvero circoscritte ai confini di una presunta “razza inferiore” – confini stabiliti su criteri puramente artificiali, ideologici e predatori – la disumanizzazione e l’attacco ai diritti di cittadinanza?
Dal patrimonio della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli pubblichiamo due articoli del 1938 tratti dalla “Voce degli italiani”, quotidiano degli antifascisti in Francia diretto da Giuseppe Di Vittorio di cui si pubblica un articolo che denuncia il “delirio razzista” in Italia, e un contributo apparso in luglio su “Giustizia e libertà”, a firma Gianfranchi, pseudonimo di Franco Venturi.
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Come narrare la storia
Il 27 gennaio è il giorno in cui noi europei abbiamo pensato che per costruire il futuro occorreva ripensare il passato e che, soprattutto, fossero le giovani generazioni protagoniste di questa riflessione.
Ne è nata una pratica che è esplosa in questi anni fatta di molte cose: voci testimoniali dei sopravvissuti, materiale audiovisivo, storia raccontata attraverso i documenti, e attraverso la musica. Ma anche la nascita di spazi museali che proprio intorno alle molte forme e linguaggi della memoria sono nati e cresciuti, o il crescere dell’esperienza dei treni della memoria hanno modificato radicalmente il nostro modo di intendere e di raccontare il passato.
Al centro ogni volta, a partire dal contesto specifico, da una particolare storia di vita, da un modo di raccontare la storia attraverso le microstorie sta appunto la narrazione della storia, gli strumenti per raccontarla.
Il 27 gennaio come altre date memoriali che sono entrate che nel calendario civile pubblico italiano (il 10 febbraio che ha al centro la questione delle foibe; il 9 maggio dedicato alle vittime di atti terroristici; il 9 novembre dedicato alla libertà nella ricorrenza del crollo del Muro di Berlino; il 12 novembre che ricorda le vittime militari e civili in missioni internazionali di pace) è un’occasione fortemente concentrata sulla narrazione storica.
Parlare di storia, per molto tempo, ha significato rivolgersi a un prodotto specifico – il libro di storia. La storia la raccontano ancora i libri di storia? È capace oggi il libro di storia di attrarre lettori, di soddisfare le loro domande, di dare risposta alle loro richieste? La forma libro è ancora il canale principale, se non esclusivo, con cui si costruisce la conoscenza del passato, specie di quello prossimo?
È una questione che è stata preceduta dalla metamorfosi del manuale di storia, in particolare quello del liceo, che a partire dagli anni ’70 ha iniziato a mutare aspetto.
Da allora il manuale di storia, soprattutto quello del triennio delle superiori e poi soprattutto quello di storia del Novecento cresce a dismisura: si riempie di cartine, di mappe, di testi di supporto, di documenti, di lettere, di narrativa proposta come documento per la storia.
Ma questa sovrabbondanza di offerta non risolve la domanda di come coinvolgere gli studenti nel mondo della narrazione storica, come, partendo dal presente proporre un pezzo di passato. Ovvero come si affronta il passato al presente. E dunque come si racconta la storia oggi.
Il libro di storia è ancora l’unico strumento in grado di raccontare il passato? Così come è organizzato è ancora un utile strumento di lavoro? Riesce a parlare e a motivare gli studenti? Dove e come i giovani si avvicinano alla storia e che cosa chiedono al racconto storico? Che cosa significa per un lettore, più spesso un internauta, oggi leggere le fonti della storia? Come le legge? Come fa suo il racconto del passato?
Con l’ebook Il passato al presente abbiamo cercato di trovare delle risposte o almeno di proporre dei percorsi di riflessione considerando sia la crisi del libro di storia sia gli elementi di criticità presenti nel manuale di storia
A partire da queste riflessioni Fondazione Giangiacomo Feltrinelli ha deciso di sperimentare nuovi percorsi di didattica della storia. Da una parte la realizzazione di un prodotto originale, rappresentato dalle Historymap, dall’altra lo sviluppo di un’offerta di kit didattici tematici in grado di stimolare il confronto e l’apprendimento attraverso la valorizzazione delle fonti del proprio patrimonio, dei risultati della ricerca scientifica e le potenzialità delle nuove tecnologie.
HistoryMap è un format, un modulo didattico che si compone di diverse modalità di narrazione e strumenti, che, uniti tra loro, ci permettono di identificare un’epoca, un anno, un contesto storico definito in una modalità immediata e multidisciplinare. È una mappa costruita affidandosi a tutti i linguaggi che abbiamo a disposizione, la narrazione scritta e live, i formati multimediali, l’infodesign, le immagini, il suono, le testimonianze dal vivo (…).
È un modello che abbiamo pensato e realizzato a partire dal progetto La Grande Trasformazione 1914-1918 dedicato alla Prima guerra mondiale e agli effetti di lungo periodo, da allora fino a noi, che quella guerra ha avuto.
Historymap ricostruisce in ottica divulgativa i progetti di ricerca della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. Grazie alla sua natura trasversale, che attraversa linguaggi e modalità di espressione, è adattabile a tutti i contenuti scientifici che si vogliono raccontare a un pubblico esterno, non necessariamente di esperti del settore.
Fondazione Giangiacomo Feltrinelli sta lavorando ad un’offerta didattica corredata da percorsi e contenuti formativi di qualità sui temi della cittadinanza, capace di stimolare la riflessione e la ricerca nelle nuove generazioni di un’ipotesi di futuro che tenga lo sguardo aperto al passato e al presente.
Ci guida il principio di non escludere, di non dimenticare, di valorizzare quante più strade possibili, le culture, i diversi modi di narrare il passato, presente e il futuro. Una condizione che può costruirsi solo riannodando le fila, proponendo approfondimenti e suggestioni attraverso linguaggi e supporti diversificati (testuali, visuali, sonore), mettendo a disposizione fonti storiche e di archivio ma anche ipotesi e risultati della ricerca accademica capaci di far riflettere e di parlare a target differenti ma soprattutto capaci di rispondere a bisogni informativi e formativi sia a livello di risorse singole che aggregate in percorsi didattici strutturati ed articolati.
I kit didattici di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli offrono agli studenti la possibilità di approfondire temi attuali e di interesse per la ricerca scientifica attraverso risorse on-line e multimediali (anche scaricabili) appositamente confezionate per i ragazzi delle scuole superiori, l’analisi di fonti di archivio e coinvolgenti attività laboratoriali da organizzare in classe, che permettono agli studenti di soddisfare le proprie curiosità e ampliare le proprie conoscenze.
L’offerta ha un approccio interattivo e partecipativo e agevola l’insegnante nella trattazione di tematiche attuali.
Come è articolato un kit didattico? Il kit raccoglie un grande numero di risorse digitali: una scheda docente, una lezione scaricabile e/o multimediali, degli approfondimenti, un laboratorio didattico da svolgere in classe e un quiz. Si tratta di una proposta modulare che permette all’insegnante e allo studente di selezionare le attività di proprio interesse. I kit di taglio storico sono inoltre corredati da una simulazione della prova di stato, risorsa utile ai fini della preparazione del la prova che conclude il corso di studi della scuola superiore.
L’offerta didattica per le scuole superiori sarà disponibile on-line nei prossimi mesi.