Sebben che siamo donne…
Capitolo 1
Il 14 giugno 1913 una folla di quasi 5.000 donne vestite di bianco invade le strade di Londra al seguito del feretro di Emily Davison, militante suffragista del movimento Women’s Social and Political Union, travolta dal cavallo di Re Giorgio V durante i tumulti al Derby di Epsom. La WSPU è un’organizzazione guidata solo da donne che ammette qualsiasi mezzo di lotta per ottenere il diritto al voto e l’equiparazione politica e civile agli uomini.
La spinta della guerra
Ma è solo con la prima guerra mondiale che le rivendicazioni femminili vengono maggiormente ascoltate grazie al massiccio ingresso delle donne nelle attività produttive per sostituire gli uomini partiti per il fronte. Se in alcuni Stati ottengono il diritto di voto proprio negli anni del primo dopoguerra, solo nel 1948 il diritto di voto attivo e passivo femminile viene introdotto nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e diventa realtà nella maggior parte dei paesi.
Nonostante i progressi e le lotte promosse dai movimenti femministi nel corso degli anni Sessanta, la parità di
genere non è ancora stata ottenuta. Con differenze locali e di contesto, permangono limitazioni giuridiche e culturali che ostacolano la piena cittadinanza femminile. I modelli di genere continuano a collocare le donne in condizioni di marginalità: questi limiti, sia sul piano privato che su quello pubblico, invitano a mantenere alta l’attenzione su un processo di emancipazione tutt’altro che concluso.
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1913
GIUGNO
Il funerale della militante suffragista del movimento Women’s Social and Political Union Emily Davison coinvolge moltissime manifestanti provenienti da tutta la Gran Bretagna. La lotta per l’ottenimento del diritto di voto femminile si fa più intensa.
1914 – 1918
PRIMA GUERRA MONDIALE
La Prima guerra mondiale segna uno spartiacque per le rivendicazioni sociali. In alcuni contesti i movimenti femminili riescono ad ottenere maggiori diritti, grazie al massiccio ingresso delle donne nelle attività produttive e amministrative durante il conflitto, per sostituire gli uomini partiti per il fronte. In alcuni stati ottengono il diritto di voto come in Germania, Olanda e Stati Uniti partecipando anche al governo: nella Russia rivoluzionaria Aleksandra Kollontaj divenne la prima donna a ricoprire il ruolo di Ministro.
1970
DICEMBRE
Il Parlamento italiano approva, fra forti divisioni, la legge che introduce e disciplina il diritto di divorzio.
1975
MARZO
Le pressioni della società italiana portano alla riforma del Diritto di famiglia, che aggiorna la vecchia normativa introducendo nuove tutele e norme, come l’eguaglianza fra i coniugi, la responsabilità condivisa sui figli e l’abbassamento a 18 anni della maggiore età.
1978
MAGGIO
Dopo anni di battaglie e petizioni da parte dei movimenti femministi, il Parlamento vara la legge n. 194 che depenalizza e disciplina l’interruzione di gravidanza ed introduce nuove forme di tutela e prevenzione.
Il lavoro delle donne
Corpi vivi, corpi in lotta
Femme, Woman, Donna
La Grande Guerra delle donne italiane
Il lavoro delle donne
Corpi vivi, corpi in lotta
Queste settimane hanno riportato in scena la politica, le manifestazioni di piazza, i movimenti che hanno riempito le strade e ritrovato la voce. Lo abbiamo visto a ogni latitudine: dal Cile all’Iran, da Hong Kong al Libano, da Tahiti all’Algeria. Jeffrey D. Sachs ha parlato di una massiccia esplosione sociale dovuta alla crescita delle disuguaglianze e al collasso della fiducia nei governi. Donatella della Porta lo ha definito un nuovo Autunno caldo su scala globale, che mobilita nel mondo milioni di cittadini, intrecciando forme di disobbedienza civile e ricerca di alternative possibili.
Queste settimane hanno riportato in scena i corpi: ci hanno ricordato che la politica parte da lì, dalla condivisione di uno spazio in comune, che col corpo abitiamo, trasformiamo, rendiamo più accogliente o, al contrario, ferocemente escludente.
Ci hanno ricordato, le dimostrazioni di piazza di queste settimane, che al tempo della rivoluzione digitale e dell’immateriale è pur sempre con il corpo che facciamo esperienza dell’altro, è con il corpo che entriamo in risonanza e in relazione. È standoci accanto che ci scopriamo simili, prossimi, complici.
Non solo. Ci siamo ricordati che è con il corpo che possiamo esprimere dissenso e agire conflitto. Il corpo si mette di mezzo, fa scudo, produce attrito. È unico, irregolare, mobile, scomposto, imprevedibile. E per questo antagonista. È quel che di più intimo e irriducibile ci resta per dire che no, noi non ci stiamo.
Di queste settimane ci colpisce, infatti, anche il tasso di violenza: gli arresti, i feriti, i morti. In Iran sarebbero almeno 106 i morti durante le proteste contro il caro benzina. A Hong Kong la polizia spara sui manifestanti, salgano a 4.500 le persone arrestate e sono più 2.500 i feriti. In Cile il numero dei morti arriva a 23 mentre si contano 2.400 casi di persone che hanno dovuto ricorrere a cure mediche.
E, in questo quadro, un’inquietudine ancor più amara la producono il numero di violenze subito dalle donne. Sempre in relazione alla situazione cilena Amnesty International lancia l’allarme e parla di stupri usati come arma politica per punire le donne manifestanti. Proprio in queste ore si sta facendo chiarezza sul caso di Daniela Carrasco, “El Mimo”, l’attivista e artista di strada cilena trovata impiccata il 20 ottobre. Ed è di ieri la notizia della morte di Albertina Martínez Burgos, la fotografa delle proteste trovata senza vita nel suo appartamento con segni di percosse e di pugnalate.
Altra scena, altra storia. Il 12 ottobre moriva Hevrin Khalaf, attivista per la pace, Segretaria generale del Partito Futuro siriano, punto di riferimento per i diritti delle donne barbaramente uccisa non lontano da Kobane.
Hevrin Khalaf, attivista per la pace, Segretaria generale del Partito Futuro siriano
E ancora. Apprendiamo proprio in queste ore la notizia dei corpi delle cinque donne ritrovate in mare vicino a Lampedusa. Donne e migranti, figure estreme di corpi che mobilitano se stessi, si fanno carne viva di una resistenza possibile e disperata contro lo sfruttamento, le guerre, la chiusura delle frontiere.
Di queste vicende, che scuotono l’opinione pubblica internazionale, ferisce ancor di più il fatto che i corpi delle donne continuino a risultare, brutalmente, “più corpi” di quelli degli uomini. La fenomenologia e tanta filosofia novecentesca si basano sulla differenza tra Leib e Körper, tra “corpo vivo” e “corpo-oggetto”. Quest’ultimo – il Körper – è il corpo fisico che occupa un certo spazio. Materia ridotta alla mera misurazione.
Poi c’è il Leib: il corpo vivente e vissuto. Il corpo che sente, si muove, fiorisce e sfiorisce. Un’idea di corpo, potremmo dire, che proprio dalla sua origine etimologica vuole prendere le distanze: il corpo dei Greci, il soma, ancora in epoca omerica era il cadavere, il corpo esanime da cui la vita è sfumata.
È millenaria la tentazione di ridurre a soma il corpo delle donne, di farlo essere un corpo docile e assoggettato. Un oggetto – desiderato o temuto, in ogni caso sospetto – su cui esercitare controllo e sfogare prepotenze.
Ricordiamo tutti gli insulti ignobili che ricevette Carola Rackete una volta sbarcata dalla Sea Watch: le si augurava lo stupro. Che altro è lo stupro se non la cancellazione dell’altro, la negazione della sua volontà, la sua riduzione a corpo posseduto e offeso?
Carola Rackete
Oggi è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne e questi casi di donne libere ci dicono che ancora non abbiamo fatto i conti con la carica perturbante che le donne sanno sprigionare quando portano nel mondo la loro differenza, il loro coraggio, la loro fierezza, il loro essere qualcosa di più e di diverso dal desiderio maschile.
Ci dicono che sulle donne la repressione si accanisce una volta di più, perché non pagano solo il fatto di aver sfidato il potere, ma scontano la colpa originaria di non essere state al loro posto. Di non essere state solo centimetri compiacenti di pelle da misurare, ma corpo vivo, attraversato da anima, pensieri, fantasie, ambizioni. Ribelli e disobbedienti per il fatto stesso di guardare e guardarsi negli occhi, di confrontarsi alla pari, anzi di sognare più in grande. Senza smettere di credere, malgrado tutto, che il mondo possa essere migliore di com’è.
Femme, Woman, Donna
Descrizione dell’ebook
Questa piccola raccolta di testi comprende La dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina di Olympe de Gouges, un testo del 1791; l’introduzione alla Rivendicazione dei diritti della donna di Mary Wollstonecraft, del 1792; infine, il Discorso inaugurale pronunciato da Anna Maria Mozzoni al Congresso internazionale per il diritto delle donne che si tiene a Parigi il 25 luglio del 1878.
Tre testi che hanno come tema centrale il riconoscimento della donna in quanto soggetto titolare di diritti.
Il fugace ritratto che questi scritti ci forniscono delle tre autrici rimanda a figure accomunate da uno sguardo visionario ma non certo inconsapevole dell’arduo cammino che separa la donna da una piena cittadinanza.
Olympe de Gouges, Mary Wollstonecraft e Anna Maria Mozzoni non chiedono qualche diritto in più ma affermano la soggettività (giuridica) di un genere. Per questo denunciano una dignità mancata. Tre testi che stanno all’origine del nostro parlare oggi della questione della donna, e che segnano la “coda lunga”, di ciò che con difficoltà stenta ancora a farsi senso comune.
Conosci le autrici
Olympe de Gouges, pseudonimo di Marie Giuse (1748-1793), drammaturga, esponente dell’area girondina e amica di Danton e di Condorcet, Pubblica nel settembre 1791 la Déclaration des droits de la femme et de la citoyenne. Arrestata dal tribunale rivoluzionario nell’agosto 1793 è condannata a morte il 2 novembre. La condanna è seguita il 3 novembre 1793.
Mary Wollstonecraft (1759 – 1797), filosofa è considerata la fondatrice del femminismo liberale. Con A Vindication of the Rights of Woman (1792) sostiene, contro la prevalente opinione del tempo, che le donne non sono inferiori per natura agli uomini, anche se la diversa educazione a loro riservata nella società le pone in una condizione di inferiorità e di subordinazione.
Anna Maria Mozzoni (1837 – 1920) giornalista e attivista dei diritti civili e dei diritti delle donn. Nel 1878 rappresenta l’Italia al Congresso internazionale per i diritti delle donne di Parigi nel 1879, fonda a Milano la “Lega promotrice degli interessi femminili”.
La Grande Guerra delle donne italiane
Descrizione dell’eBook
Nella Prima guerra mondiale, in Italia come altrove, le donne furono uno dei tanti “eserciti del fronte interno”.
Un esercito numeroso, di cui a lungo nessuno voleva parlare. A fronte di una immagine della donna – lavoratrice, infermiera, madrina di guerra – entrata a buon diritto nell’iconografia, non solo italiana, di guerra; e a fronte altresì delle numerose circolari che i responsabili della Mobilitazione Industriale italiana iniziarono da subito a diffondere al fine di incoraggiare l’immissione di manodopera femminile nelle industrie mobilitate si registra un singolare silenzio della stampa nazionale. La donna è un componente essenziale della “industria di guerra”, c’è nella realtà concerta , ma per la stampa è un fantasma.
Solo nel 1917 questo tema appare fa capolino sull’“Illustrazione Italiana” che decide di dedicare un lungo articolo su un fenomeno che, pure, rappresenta, tra le grandi trasformazioni messe in moto dalla guerra, una di quelle dagli effetti più strutturali e di lungo periodo.
Conosci l’autrice
Haydée (Ida Finzi): Nata a Trieste nel 1867, inizia prestissimo, appena sedicenne, la sua attività di scrittrice e di giornalista. Nel 1889 l’incontro decisivo con l’editore Emilio Treves, che la chiama a collaborare all’Illustrazione italiana, su cui si firma come “Haidée” e come “La signora in grigio”. Irredentista, con l’ingresso dell’Italia in guerra si trasferisce a Milano, dove viene assunta alla redazione della casa editrice Treves. Una parte importante della sua produzione è dedicata ai temi della donna e dell’infanzia.