Solidarność in clandestinità
Capitolo 2
La verità è immutabile. Non si riesce a distruggere una verità né con una imposizione né con una legge.
Il sostegno della popolazione
La società civile, per esprimere il proprio dissenso allo stato di guerra, organizza molte manifestazioni di piazza. Le più imponenti si tengono il 1° maggio, il 3 maggio e il 31 agosto del 1982. Le autorità dello Stato le reprimono brutalmente con l’utilizzo dei funzionari della Milizia e dei reparti ZOMO (reparti meccanizzati della Milizia Civile).
L’impatto internazionale
Nel giugno del 1983 Papa Giovanni Paolo II compie il secondo pellegrinaggio in Polonia che ha un grande significato religioso e nel contempo diventa un’occasione per manifestare simbolicamente il sostegno alle aspirazioni di libertà dei polacchi.
La legge marziale è revocata il 22 luglio, ma la politica di repressione da parte del regime di Wojciech Jaruzelski non cambia.
Nell’ottobre del 1983 Lech Wałęsa viene insignito del Premio Nobel per la Pace. A dicembre si presenta a ritirarlo alla cerimonia ufficiale sua moglie Danuta: Wałęsa rimane in Polonia per il timore di non poter più farvi rientro.
L’assassinio di Popiełuszko
Nell’ottobre 1984 viene rapito e assassinato dai funzionari dei servizi di sicurezza il cappellano di Solidarność, il sacerdote Jerzy Popiełuszko. Il funerale, al quale partecipano molti attivisti dell’opposizione con a capo Lech Wałęsa, si trasforma in una manifestazione di centinaia di migliaia di persone.
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Le immagini proposte di seguito riproducono alcuni degli elementi chiave per comprendere il rilievo internazionale della vicenda Solidarność e la sua forte carica simbolica presso la popolazione polacca: il ricordo di Jerzy Popiełuszko, la solidarietà alla famiglia di Lech Wałęsa, gli scontri di piazza, il commento dei giornali stranieri.
Approfondisci
«Il primo maggio 1982 migliaia di persone marciarono fin sotto il mio appartamento. Io avevo esposto dal balcone un telone con il logo di Solidarność. La folla cantava e inneggiava in onore di mio marito.»
Dichiarazione di Danuta Wałęsa in P. Adamowicz, A. Drzycimski, A. Kinaszewski, Gdańsk according to Lech Wałęsa, Danzica, 2008
«Mi è stato proposto di entrare a far parte del Comitato d’Onore per la celebrazione del 40° anniversario dell’Insurrezione del Ghetto di Varsavia.
«Desidero spiegare brevemente le ragioni del mio rifiuto. Quarant’anni fa abbiamo lottato non solo per sopravvivere: abbiamo lottato per vivere in dignità e in libertà.
«Celebrare qui il nostro anniversario mentre sull’intera vita della società grava l’umiliazione e l’asservimento, quando le parole e i gesti sono ormai tutti falsati, è la negazione della nostra lotta.»
Dalla lettera aperta del 2 febbraio 1983 di Marek Edelman, unico comandante sopravvissuto dell’Insurrezione del Ghetto di Varsavia (19 aprile – 16 maggio 1943)
Solidarity Polland
L’inizio del movimento sindacale Solidarność del settembre del 1980 in un documentario tratto dal sito ufficiale di Solidarność dal titolo Solidarity Poland 1981.
Kit didattico: Europa. La storia fa le rime
Spazio di cittadinanza, idee in movimento
Democrazie in transizione
Solidarność, una storia lunga 25 anni
Kit didattico: Europa. La storia fa le rime
Il kit “La storia fa le rime” conduce gli studenti attraverso un viaggio nella storia, alla scoperta delle analogie e dei segnali che il passato ci ha lasciato al fine di comprendere la complessità dei processi che avvengono nel presente.
Conoscere la storia europea, in particolare le vicende legate alla Seconda guerra mondiale e al dramma delle leggi razziali e delle deportazioni, permette di affrontare un tema “caldo” come quello dei rifugiati e delle persone in fuga dalle persecuzioni e dalla guerra, attraverso una sorta di “modello”, distante da noi nel tempo, a partire dal quale è possibile estrapolare alcuni “segni” utili a interpretare il presente.
È possibile ampliare alcuni degli argomenti approfonditi in questo percorso grazie agli altri kit didattici sulle tematiche della cittadinanza, dei diritti, delle migrazioni e della storia europea.
Spazio di cittadinanza, idee in movimento
“Ci hanno privatizzato le piazze” disse una ricercatrice durante un incontro nella sede storica della Fondazione, in via Romagnosi.
Eravamo una dozzina attorno ai tavoli usati abitualmente per consultare carte d’archivio e libri storici e allora destinati ad accogliere un workshop sulle nuove economie collaborative.
Stavamo provando ad immaginare uno dei tasselli che avrebbero potuto animare la nuova sede di Viale Pasubio: volevamo individuare un modello di spazio di coworking evoluto, il giro di tavolo serviva a coinvolgere esperienze e idee diverse. Quello fu l’intervento più politico, l’analisi di un bisogno condiviso da molti, e da altri visto con il rammarico del tempo che passa e che ci consegna ad involuzioni tristi quanto inevitabili.
Viale Pasubio
Il tempo recente, quello spazio tra il secondo dopoguerra e gli anni 2000, ha destinato le piazze, si disse attorno al tavolo, a ragioni private. O meglio ne ha cambiato la vocazione: da luoghi di lotta, di socialità e di pensiero a corridoi di passaggio tra un cartellone pubblicitario e un altro. Soprattutto ha modificato gli animi dei suoi abitanti.
Quei cittadini, soprattutto giovani, che un tempo animavano le piazze fino a renderle un fattore perpetuo di cambiamento, oggi invece sono soli, distanti, distratti: si è persa la dimensione collettiva.
Quel bene primario che è lo stare insieme, il condividere un destino e investire energie non solo per l’affermazione del singolo ma per una dimensione più allargata di benessere e qualità di vita, che la piazza metaforicamente rappresenta, oggi è sbiadito o forse svanito.
Mancano i luoghi nei quali è consentito il confronto senza che questo passi immediatamente ad essere esibizione di sé. Mancano dinamiche di confronto ampio, duro, sincero che diano il senso della costruzione collettiva di futuro, quella speranza di poter cambiare le cose anche e soprattutto con la forza delle idee.
Mancano le forme con le quali la politica possa essere centrale in questo progresso, si possa far capire e respinga l’ascolto strumentale al riscontro elettorale, per condividere con i cittadini il piacere per un percorso di trasformazione sociale che non lasci escluso nessuno.
Ma se nel corso di questi decenni televisioni, telefonini, internet, app, chat, la rincorsa al tempo sempre più breve e alla conoscenza sempre più visiva, facile, emotiva hanno stravolto le dimensioni dello stare insieme, sono molte le reazioni spontanee dal basso che provano a ridare fiducia alla forza della collettività e una forma diversa al cambiamento.
Si va dagli esempi estremi di nuove comunità autogestite che ignorano il progresso e si escludono dal resto del mondo per proteggere le nuove generazioni, agli esempi opposti dei fenomeni di massa legati alle economie collaborative, nuove e moderne forme di baratto hi tech, fino alle forme urbane di condivisione degli spazi per dare il via a nuove imprese o occasioni di impresa.
Ma è vera condivisione? “Siete mai andati in uno dei tanti luoghi di coworking? – chiese un altro ricercatore partecipante alla tavola rotonda – Belli, funzionali, ma salta agli occhi che i partecipanti condividono uno spazio ma non le idee. Ciascuno davanti al proprio pc, si lavora, si progetta, si prova ad uscire dagli schemi del posto fisso ma in una dimensione di autonomia accentuata, di percorso di sopravvivenza che guarda al sé e non al noi.”
Quella discussione mise in evidenza la vera dimensione che avremmo potuto dare alla nuova sede della nostra Fondazione: una piazza, contemporanea, meticcia, accessibile, utile.
Uno strumento per entrare nelle trasformazioni della società che parta dalla storia, da quello che siamo stati, ne faccia conoscere le esperienze, i momenti di coraggio, di eccesso, le energie che ci hanno condotto sin qua, e che abiliti le risorse e le idee che possono essere in grado di progettare il futuro.
Uno spazio collettivo costruito sulla base del principio che essere cittadini significa conoscere e partecipare, non desistere dall’idea che si possono cambiare le cose. Uno spazio che guardi alle grandi criticità della società contemporanea in modo attivo, propositivo, sviluppando occasioni di confronto che siano in grado di dialogare ed essere comprese da tutti.
La Sala di Lettura di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli
Qualcosa che arrivi ad essere disarmante per innovazione e radicale per concretezza: un luogo, certo, ma di progetto.
Siamo partiti da qui per elaborare un nuovo modello di Istituzione culturale che guardi a quanto creato nei 70 anni di attività che la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli ha alle sue spalle ma che si confronti allo stesso tempo con il mondo contemporaneo, lo sappia intercettare e portare a Milano. Uno spazio inedito che si apra a tutto quanto non sia solo ricerca e elaborazione ma anche azione, arte, narrazione per divenire, nella complessità della sua offerta, un luogo dinamico, in movimento, come l’autentica dimensione di cittadinanza dovrebbe essere.
Dal 1949 la Fondazione raccoglie e mette a disposizione libri e documenti. Oggi è una delle raccolte più importanti in Europa, in alcuni settori al mondo, sulla storia delle idee, sulle azioni che sono seguite a quelle idee e soprattutto sui movimenti che hanno reso protagonisti i cittadini, e molto spesso i cittadini/lavoratori, nella storia contemporanea.
Dall’Illuminismo alla nascita dei movimenti operai e collettivi, dalle lotte per i diritti di tutte le minoranze nell’America degli anni ’60 alle rivoluzioni e controrivoluzioni del SudAmerica fino alle ricostruzioni della storia di Cuba, del ‘900 della Russia, di tutti i movimenti di resistenza del ‘900 europeo, il fascismo e l’antifascismo, la storia del sindacalismo europeo, la storia del pensiero politico continentale, Solidarność, la Comune di Parigi ma anche i movimentismi africani e asiatici.
Libri, carte, carteggi, lettere, manifesti, testimonianze di minoranze che hanno cambiato le cose credendo in ideali, condividendo pensieri e impegnandosi in prima persona, anche per ampliare il consenso a delle cause cui molto spesso era estremamente pericoloso aderire.
L’Utopia di Thomas More. Fonte conservata nella biblioteca di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli
Per gli scienziati sociali, per gli studenti e i ricercatori si tratta di straordinarie fonti per capire e ricostruire, nonché immaginare e studiare omologhe iniziative contemporanee. Per tutti gli altri, anche per noi chiamati ad immaginare la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli del futuro assieme agli studiosi, si tratta di esempi. Modelli cui guardare nel momento in cui uno spazio, come la nostra nuova sede di Viale Pasubio, intende mettersi al centro di una fase di cambiamento, non per influenzarla e guidarla ma abilitarla e promuoverla.
Lo faremo in vario modo. Ricordando, e quindi affidandoci a modalità pluridisciplinari (mostre, conferenze, incontri, documentari, format didattici, pubblicazioni) per conferire alla memoria il ruolo di guida rispetto alle criticità del contemporaneo. Intrattenendo, e quindi lasciando spazio alle forme con le quali le arti figurative, quelle performative, il cinema, il teatro hanno dato e continuano a dare spazio a momenti e personaggi della storia e dell’attualità che possono aiutare a sentirsi parte di una comunità in continua evoluzione.
Facendo rete con tutte le istituzioni pubbliche e private, le fondazioni e i centri di ricerca che a livello nazionale e internazionale possono aiutarci ad arricchire la nostra offerta, ma soprattutto promuovendo la ricerca: lo stimolo ad andare oltre ciò che è noto per generare idee, pratiche e soluzioni che ci mettano in contatto con i fenomeni che stiamo vivendo e ci aiutino a costruire un domani più equo, giusto, di tutti.
Perché lo facciamo? Dietro ad un impresa di questo genere, che ha alle spalle una storia e delle scelte come quelle compiute non solo dalla Fondazione in settant’anni di attività di ricerca ma anche da tutte le realtà che portano il nome Feltrinelli in Italia e nel mondo, ci sono spinte di qualche genere, condizionamenti e obiettivi che mirano a fare esattamente cosa?
Non è una domanda retorica: ci è stata posta infatti, in modo puntuale, durante un recente viaggio organizzato per stabilire delle alleanze di ricerca su uno dei temi che ci stanno più a cuore, la storia, l’identità, l’idea di cittadinanza europea.
Nel novembre del 2015 la Fondazione ha incontrato a Mosca i rappresentanti di una serie di università e centri di ricerca locali con l’obiettivo di promuovere un progetto internazionale che racconti gli avvenimenti della Rivoluzione d’Ottobre del 1917 e li metta in relazione, a 100 anni di distanza, con le trasformazioni economiche e sociali del continente europeo lungo questo secolo di storia.
Presso l’Accademia delle Scienze ci viene fatta la stessa domanda che mesi dopo ci sarà formulata presso l’Ambasciata russa in Italia: qual è la vostra tesi?
La risposta sta nella priorità che ci siamo dati e nel metodo con il quale la stiamo perseguendo: noi siamo una piattaforma di abilitazione per la ricerca e un terreno d’incontro e di confronto per operatori, istituzioni, cittadini.
Il nostro dna è scritto nei nostri libri e nei nostri archivi e nello scopo con il quale il fondatore Giangiacomo Feltrinelli ha iniziato quasi settant’anni fa a collezionarli: dare eguale dignità a tutti i protagonisti della storia, agli operai, ai rivoluzionari, ai contadini, ai sindacalisti, come agli statisti, agli ideologi, ai grandi pensatori. Le nostre finalità sono molto semplici: aprire nuove opportunità di conoscenza e creare nuove occasioni di lavoro.
Fare dell’insieme delle nostre iniziative un fattore di politica partecipata è la nostra ambizione. Forse è una tesi, sicuramente è la sfida più grande che ci troviamo davanti.
Democrazie in transizione
Con testi di: Marco Morini, Damiano Palano, Massimiliano Panarari, Michele Sorice, David Ragazzoni, Fabrizio Tonello
Descrizione dell’eBook
Le democrazie europee stanno attraversando mutamenti intensi sul versante dei soggetti politici (partiti e movimenti), sul versante istituzionale e sul versante della comunicazione grazie alle nuove tecnologie. I profondi mutamenti che hanno innescato una transizione difficile nella nostra vita democratica hanno i loro confini segnati dalla fine dell’ordine bipolare seppellito sotto le macerie del Muro di Berlino, dalla crisi che dal 2008 ha colpito con vigore l’Occidente e in particolare l’Europa e dalla diffusione di internet e dei social media.
Le nostre democrazie sono confrontate a molteplici sfide (crisi della rappresentanza, emersione dei populismi, leaderismi, cattura oligarchica delle istituzioni, etc…) e stanno attraversando una difficile transizione che ne ridefinirà le caratteristiche. In questo epub sono raccolti alcuni dei contributi originati dalla Linea di ricerca sull’Innovazione politica della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli nel corso del suo primo anno di attività.
Conosci l’autrice
Nadia URBINATI, Titolare della cattedra di Scienze politiche presso la Columbia University di New York, è membro del Comitato Scientifico della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli e Responsabile scientifico della Linea di Ricerca sull’Innovazione politica della Fondazione. Si occupa del pensiero democratico e liberale contemporaneo e delle teorie della sovranità e della rappresentanza politica. Collabora con “La Repubblica” e con “Il Sole 24 ore”.
Solidarność, una storia lunga 25 anni
Le rivendicazioni sindacali che conducono il 31 agosto del 1980 alla nascita del Sindacato Indipendente Autogestito Solidarność accrescono l’interesse verso la Polonia sia nel mondo politico e sindacale sia nell’opinione pubblica italiana.
Scambi di idee, visite di delegazioni ufficiali e viaggi informali si chiudono drasticamente il 13 dicembre 1981 quando il generale Wojciech Jaruzelski dichiara lo stato di guerra e pone Solidarność nell’illegalità.
I legami stretti nei mesi precedenti, però, non si recidono, ma si trasformano. I tre sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil, pur con le differenze legate alla loro storia, esprimono vicinanza alla Polonia e si attivano nel sostegno politico, con il supporto delle istituzioni, delle parrocchie, delle associazioni di polacchi in Italia.
In particolare a Torino, prima del colpo di stato, nasce un Comitato di Solidarietà con Solidarność che dopo il 13 dicembre 1981 organizza spedizioni di generi di prima necessità, realizza iniziative di informazione sulla situazione polacca, promuove raccolte di firme, redige e diffonde appelli, prende contatti con personalità del sindacato e delle istituzioni. Nel 1984 anche in Veneto si forma un Comitato di Solidarietà con il supporto delle sedi locali dei sindacati.
Entrambi fanno capo al Comitato di Solidarietà con Solidarność in Italia di Roma. Sono anni di grande impegno, di sostegno a distanza delle famiglie dei delegati di Solidarność, molti dei quali detenuti o licenziati, di scambi di informazioni e di pubblicazioni clandestine, di aiuti materiali e di supporto spirituale che accompagnano la Polonia verso la rinnovata legalizzazione del sindacato e le prime elezioni parzialmente libere del 4 giugno 1989.
La mostra narra questi avvenimenti a partire dal prezioso fondo conservato presso la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli di Milano, avviato nell’autunno del 1981 con la raccolta di documenti e pubblicazioni di Solidarność e dopo il 1989 ampliato con gli archivi dei comitati di Torino e del Veneto. Arricchita da immagini provenienti dall’Europejskie Centrum Solidarności di Danzica e dalla Fondazione Vera Nocentini di Torino, la mostra illustra uno degli aspetti più significativi delle molteplici attività coordinate a livello nazionale dal Comitato di Solidarietà con Solidarność in Italia e testimonia un capitolo importante di storia comune tra Italia e Polonia, un capitolo fatto da molte persone che si impegnarono disinteressatamente e che dedicarono tempo ed energia per la causa di Solidarność. Purtroppo alcuni dei protagonisti non possono più narrare quella straordinaria vicenda in quanto prematuramente scomparsi e alla loro memoria vorremmo dedicare questa mostra.
Arricchita da immagini provenienti dall’Europejskie Centrum Solidarności di Danzica e dalla Fondazione Vera Nocentini di Torino, la mostra illustra uno degli aspetti più significativi delle molteplici attività coordinate a livello nazionale dal Comitato di Solidarietà con Solidarność in Italia e testimonia un capitolo importante di storia comune tra Italia e Polonia, un capitolo fatto da molte persone che si impegnarono disinteressatamente e che dedicarono tempo ed energia per la causa di Solidarność. Purtroppo alcuni dei protagonisti non possono più narrare quella straordinaria vicenda in quanto prematuramente scomparsi e alla loro memoria vorremmo dedicare questa mostra. Krystyna Jaworska e Donatella Sasso Curatrici della mostra
Multimedia
Solidarity Poland 1981
Approfondimenti
la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli e il Consolato Generale della Repubblica di Polonia in Milano organizzano la mostra Solidarność nei documenti della Fondazione Feltrinelli in collaborazione con l’Europejskie Centrum Solidarności (Centro Europeo di Solidarność di Danzica), con il Dipartimento di Lingue e Letterature Straniere e Culture Moderne dell’Università degli Studi di Torino e con l’Istituto di studi storici Gaetano Salvemini. L’evento si avvale del patrocinio del Comune di Milano. Scopri la mostra: Solidarność nei documenti della Fondazione Feltrinelli