La grande trasformazione inaugurata dalla Prima guerra mondiale non poteva risparmiare il linguaggio. Contrariamente al luogo comune per il quale la guerra sarebbe l’opposto della comunicazione, il linguaggio permea l’intera esperienza bellica dal momento in cui la guerra deve essere legittimata, al momento in cui, giorno per giorno, deve essere raccontata, fino al “dopo” in cui sarà ricordata (tanto nelle memorie individuali quanto nella memoria collettiva). Non solo: contrariamente all’idea che il linguaggio della guerra e quello della pace restino almeno irriducibili l’uno all’altro, proprio il trauma della Prima guerra mondiale ha inaugurato un processo di progressiva confusione o persino ibridazione tra i due linguaggi – retoriche della pace in tempo di guerra, retoriche della guerra in tempo di pace, retoriche stesse dell’indistinzione fra pace e guerra (“guerra fredda”, “guerra infinita”, “guerra globale”).
Il Natale 1914 è solo una prima testimonianza, sebbene di altissimo valore simbolico, di questo intreccio destinato a permeare tutto l’ultimo secolo.

Alessandro Colombo
(Coordinatore Scientifico del progetto La Grande Trasformazione)

 

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