Natale, nonostante tutto
Il giorno di Natale, con la sua formidabile pregnanza simbolica (e la sua carica religiosa universale), ha rappresentato forse il momento per eccellenza di riflessione e di invito a far cessare le armi, o almeno a ripensare alle ragioni della pace contro il massacro di massa. Per questo la propaganda bellica ha rinserrato le fila, sperando che “passasse la nottata” natalizia per tornare a far tuonare i cannoni.
Vogliamo allora ricordare alcuni momenti che potremmo classificare nei termini di una forma, non pianificata ma fattiva (e plurale), di “contropropaganda” rispetto alle indicazioni e al brainwashing proveniente da governi e stati maggiori degli eserciti. In parte deliberata, in parte no, e determinata dalla compartecipazione di soggetti differenti. Nelle settimane che precedono il 25 dicembre del 1914, il pontefice Benedetto XV avanza con forza la proposta di una compassionevole “tregua di Natale”, che viene però respinta dalle potenze belligeranti (in particolare Francia e Russia, mentre la Germania si era detta disponibile ad accoglierla). “Scoppiano” così, invece, svariate “piccole tregue” improvvisate direttamente al fronte tra i soldati delle trincee contrapposte, specialmente tra tedeschi e britannici nelle aree di Ypres, Lille e Armentières – luoghi di scontri tristemente celebri e feroci. Le truppe intonarono canti di Natale nelle rispettive lingue (Stille Nacht e Silent Night, che si rispecchiano vicendevolmente) e, in diversi casi, centinaia di militi e fanti si inoltrarono nella terra di nessuno e si incontrarono, scambiandosi gli auguri, e anche doni e cibi, “fraternizzando” e bypassando (in maniera, potremmo dire adesso, per certi versi “biopolitica”) l’orrore sconfinato e l’odio alimentato dalla guerra totale e “culturale”. A raccontare questi episodi, il 30 dicembre del ’14, sarà un grande organo di informazione statunitense (avviato a essere di fatto anche sempre più “globale”, non da ultimo a causa delle corrispondenze di guerra da questo conflitto planetario), il New York Times. Di qui – e vista l’impossibilità di far scattare punizioni per migliaia di soldati – una reazione di fortissima disapprovazione da parte dei comandi e degli alti ufficiali, e una serie di divieti rigidissimi che impediranno il ripetersi di situazioni come queste negli anni seguenti del conflitto. Un evento spontaneo e sincero (un happening non organizzato, da vari punti di vista) dal forte valore simbolico e capace di colpire – in maniera idealtipica, se non addirittura archetipica – l’immaginario, tanto che quest’anno (2014), la catena inglese di supermarket Sainsbury sta facendo circolare per le feste uno spot tv (tipico esempio di pubblicità emozionale) a esso ispirato e intitolato “Christmas is for sharing”.
Massimiliano Panarari