Ricercatrice Fondazione Giangiacomo Feltrinelli

L’insicurezza economica non è sinonimo di povertà: se gli esclusi si misurano sull’incapacità di acquistare beni e servizi considerati essenziali o, almeno, tali secondo lo stile di vita del contesto in cui si vive, essere insicuri è una condizione materiale e psicologica che va oltre. È un fenomeno che riguarda il modo in cui la precarietà lavorativa, famigliare e sociale impatta sulle condizioni di vita delle persone. E, più frequentemente di quanto non si sia portati a pensare, le peggiori conseguenze di questa instabilità sono pagate dalle donne, proprio per la loro posizione più marginale sul mercato del lavoro rispetto ai loro coetanei maschi. Essere insicure significa in pratica non essere in grado di pagare una spesa improvvisa o avere l’impressione che la famiglia in cui si vive non arrivi alla fine del mese. E questo può valere anche nel caso in cui il proprio reddito non rientri ufficialmente tra chi viene considerato povero da un punto di vista statistico.

In un recente articolo, il team di ricerca del progetto europeo FLOWS indaga quali sono i possibili fattori che possono portare le donne a vivere questa condizione di insicurezza. Nel confronto tra sei città europee (Leeds in Inghilterra, Aalborg in Danimarca, Nantes in Francia, Amburgo in Germania, Brno in Repubblica Ceca, Terrassa in Spagna e Bologna per l’Italia), quello che emerge con maggiore forza è la persistente importanza della coppia nel predire l’insicurezza economica per le donne. Non solo si evidenzia un rischio che è maggiore per le donne single in tutte le città (specialmente se sono anche madri), ma emerge anche una differente configurazione dei fattori che spiegano il fenomeno tra questi due gruppi di donne. E l’Italia in questo dimostra quanto sia pericolosa la persistenza dei vecchi modelli famigliari – nonostante la città indagata sia Bologna, città in testa alle classifiche sia per la partecipazione femminile al mercato del lavoro sia per l’attenzione che il governo locale dedica alla parità di genere. Nel confronto europeo, emerge, infatti, un maggiore rischio per le donne bolognesi che sono inattive e che vivono in famiglie il cui capofamiglia maschio ha un basso titolo di studio. Una condizione di insicurezza molto tradizionale rispetto ad altre città come Aalborg o Brno, dove la partecipazione diretta della donna al mercato del lavoro è determinante nel predire la sua insicurezza economica. L’uomo operaio e la donna casalinga: un modello famigliare che è ancora diffuso in Italia, fondato sulla diseguaglianza nell’accesso al lavoro tra uomini e donne.readallblock

Quindi, basta la diffusione del part-time omaggiori risorse nei nidi a risolvere il problema dell’insicurezza economica delle donne? Queste soluzioni, per quanto auspicabili per migliorare la conciliazione tra tempi di lavoro e tempi di vita, lasciano irrisolto il vero nodo delle disuguaglianze di genere. Il problema risiede nel contributo ancora limitato degli uomini al lavoro non pagato (ovvero quello che le donne quotidianamente svolgono per rendere sostenibili le famiglie) e nella persistente diseguaglianza di accesso al mercato del lavoro sofferta dalle donne, sia per quantità che per qualità del lavoro. Disuguaglianze nel lavoro e in famiglia, che fanno delle donne le figure tipiche dell’insicurezza economica e della povertà.

Lara Maestripieri
Ricercatrice Futuro del lavoro

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