Da tempo Umberto Galimberti insiste sulla metamorfosi del rapporto uomo/tecnica. La tecnica, sostiene, è diventata il nostro ambiente, il nostro luogo di abitazione. Soprattutto è diventato il soggetto della storia.
Trasformazione profonda, che ne chiama in causa altre. Una, in particolare, che a suo avviso fotografa un aspetto profondo della realtà.
Siamo usciti dalla società della disciplina e siamo entrati nella società dell’efficienza, afferma Galimberti, laddove, la conseguenza non è chiedersi se ci si sottomette o meno, ma se siamo in grado di farcela o no.
A lungo non adeguarsi, avveniva sotto il segno della risposta a non sottomettersi. Oggi appare sotto il segno della incapacità. Anche impegnandosi, prosegue Galimberti, il risultato sarà che quel differenziale che marca la distanza tra “prima” e “dopo”, non è il segno del successo, ma al più di un’approssimazione per difetto a un obiettivo atteso ma non raggiunto.
E conclude perciò che migliorarci serve solo a misurare la nostra incapacità. Per quanto ci sforziamo, per quanto noi vogliamo metterci impegno, poi risultiamo sempre inadeguati.
Come nella vecchia scuola, si dice manca l’impegno, nonostante ci sia la qualità. L’obiettivo mancato è sempre l’effetto di un atto di non volontà. Dunque si riprova. Meglio non andrà, nemmeno la volta dopo. Da troppo tempo non va. Allora forse per molti è arrivato il momento della, rinuncia, di prendere laicamente la misura con la propria incapacità e di dichiarare che non ne vale la pena. Che forse è meglio rinunciare. Definitivamente.
Questa è la fotografia che Umberto Galimberti ci consegna riflettendo sulle sfide del lavoro.
È un’istantanea estrema, certamente. Come sempre, tuttavia, sono i pensieri estremi che consentono di riflettere sui possibili percorsi alternativi.
Pensare il futuro del lavoro oggi implica insistere sul lato della motivazione. Lungo quel percorso si tratta di riconoscere spazio e valore alle competenze.
Nella società dell’efficienza, per riprendere la metafora di Umberto Galimberti, forse un modo per “non subirla” ma per esaltare il lato della persona oggi la risposta la si può individuare nella motivazione. La ricerca e lo stimolo a cercare ipotesi e strade nuove passa attraverso l’investimento sulle persone.
Vale nell’organizzazione d’impresa da sempre un campo di sapere applicato che dimostra la sua efficacia e la sua fondatezza se tiene insieme assicurare il massimo benessere dell’imprenditore e il massimo benessere di ciascun dipendente come sottolineava Frederick Wilson Taylor circa un secolo fa.
Da tempo quel benessere non è più misurabile solo sul salario. Tiene conto della voglia di esserci, della capacità di intervenire, di contare. Al centro stanno le competenze come leva per superare la consuetudine. Competenza, conoscenza, la dote di ciò che si sa, la voglia di sapere di più.
Il tema dell’esecuzione meccanica, che appunto si sosteneva sulla disciplina e sulla sorveglianza, è forse finito. Nasce, forse, il tempo della competenza. Dipende, anche dall’attenzione che si presta alle persone, al saper fare, a dare opportunità per la crescita, più che prestare attenzione al “prodotto”.
David Bidussa
Fondazione Giangiacomo Feltrinelli
29/06/2016
Approfondimenti
Per una riflessione sulle tematiche affrontate da David Bidussa, di seguito proponiamo tre ebook tratti dall’area di ricerca Futuro del lavoro (per accedere alle aree di ricerca di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli clicca qui):
“GIOVANI NÉ NÉ – OLTRE LA CONDIZIONE DI NEET”
Neet. Che cosa si intende con questo termine? L’acronimo è spesso utilizzato come uno slogan utile ad alludere, in modo generico, alla difficile integrazione dei giovani nel mercato del lavoro. Il concetto di NEET risulta peraltro sufficientemente ampio ed eterogeneo da rimandare a una pluralità di fenomeni.
A partire da questo quadro ci chiediamo: come farsi carico dell’eterogeneità della questione “NEET”? Come proporre modelli di intervento multiattoriali che coinvolgano famiglie, scuole, aziende, enti pubblici e locali?
Quali sono i meccanismi attraverso cui i giovani vengono integrati nel mondo del lavoro e vengono riconosciute loro attitudini e potenzialità? [leggi l’ebook].
“FIGURE CONTEMPORANEE DEL LAVORO”
Un tratto tipico dell’economia della conoscenza è la comparsa nel mercato del lavoro di una forza lavoro indipendente composta da professionisti altamente qualificati che operano sul mercato come agenti individuali, senza lavoratori alle proprie dipendenze e senza essere formalmente integrati in una organizzazione.
Ci chiediamo.
Chi sono le figure del lavoro contemporaneo, che bisogni esprimono e come organizzano i processi di partecipazione e mobilitazione? [leggi l’ebook].
“GIOVANI AL LAVORO: I NUMERI DELLA CRISI”
Numerosi studi hanno evidenziato come la crisi non abbia avuto un effetto neutro sulla distribuzione del reddito e della disoccupazione, incidendo maggiormente sulle generazioni più giovani rispetto a quelle più anziane.
La difficile integrazione dei giovani nel mercato del lavoro dettata da ragioni strutturali, legate ad un sistema produttivo che non è in grado di avvalersi delle aumentate competenze dei giovani e da ragioni congiunturali che hanno visto i giovani soffrire maggiormente delle conseguenze occupazionali più dirette della crisi [leggi l’ebook].
E tuttavia, non si assiste in Italia, a differenza di altri contesti, a una rinnovata stagione di tensioni e di contrasti. Come si esprime questo patto? Per quali vettori passa?