“Alcuni temi della questione meridionale”
Un opuscolo di piccolo formato composto da 24 pagine fittamente impresse, luogo e data di pubblicazione non indicati (si ipotizza sia stato diffuso nel 1935), ma un autore e un tema che non possono lasciare indifferenti. Si tratta infatti di una breve disamina di Antonio Gramsci sulla questione meridionale: come si legge nelle brevi righe introduttive, senza correzioni si presenta «il migliore documento di un pensiero politico comunista incomparabilmente profondo, forte, originale, ricco degli sviluppi più ampi». La biblioteca di Fondazione Feltrinelli lo conserva in un volume miscellaneo.
Gramsci, ci informa ancora la nota, nel 1926 aveva in animo di pubblicare una «rivista ideologica» del Partito, e aveva redatto una serie di articoli sulla questione meridionale per i primi fascicoli della rivista. Il contributo non è completo perché, come è noto, Gramsci sarà arrestato all’inizio di novembre, ma gli articoli furono letti in fase di elaborazione ad alcuni compagni di partito, e ne rimase memoria.
Lo spunto viene dalla pubblicazione sulla rivista «Quarto Stato» di una recensione del volume di Guido Dorso, La Rivoluzione meridionale, edito da Gobetti nel 1925 e presente anch’esso nella biblioteca di Fondazione, preceduta da un redazionale ad opera di «giovani che conoscono perfettamente (…) il problema meridionale» convinti che la posizione dei comunisti torinesi in merito sia irrealistica, essendo basata sulla divisione del latifondo tra i proletari rurali.
L’affermazione consente a Gramsci non solo di confutare «Quarto Stato», ma anche di ripercorrere l’analisi politica del Partito, sin da un articolo dell’«Ordine Nuovo» comparso nel gennaio 1920 dove si stigmatizzava il ruolo della borghesia settentrionale, colpevole di aver «soggiogato l’Italia meridionale e le isole» riducendole a «colonie di sfruttamento», auspicando invece la necessità di una saldatura tra l’azione del proletariato industriale del Nord e i contadini del Mezzogiorno, uniti contro lo sfruttamento del grande capitale.
Lo scritto è anche l’occasione per condurre una serrata polemica contro Gaetano Salvemini, colpevole, agli occhi di Gramsci, di aver condotto nel Mezzogiorno una «campagna vivacissima e pericolosissima» non solo contro il Partito Socialista, ma, per estensione, anche contro il proletariato industriale nel suo complesso.
Ma l’analisi di Gramsci non si ferma al contingente: un’ampia parte della trattazione è riservata al rapporto tra intellettuali, inseriti prevalentemente nell’apparato statale, e contadini meridionali, individuando nell’intellettuale del Mezzogiorno la figura di mediazione tra contadini e proprietari terrieri: ciò che si forma, scrive ancora Gramsci, è «un mostruoso blocco agrario che nel suo complesso funziona da intermediario e da sorvegliante del capitalismo settentrionale e delle grandi banche».
22/01/2016