scrittrice e poetessa

Non solo storia – Calendario Civile \ #2giugno 1946


Il 2 giugno 1946 si tennero le prime elezioni politiche per le quali votarono anche le donne. Un passaggio che segna l’affermazione di un nuovo protagonismo femminile nella società italiana.

Il diritto di voto alle donne era giunto l’anno precedente nella seduta del Consiglio dei Ministri del 30 gennaio 1945. L’Italia era ancora in guerra, tutta l’Italia settentrionale è ancora occupata. Quella decisione, che passa praticamente senza discussione, tuttavia è parziale: nel decreto emesso in data 31 gennaio, infatti, alle donne è riconosciuto il diritto di voto attivo, ma non quello passivo. Le donne possono votare ma ancora non possono essere elette (un diritto che verrà riconosciuto solo un anno dopo con un decreto emanato il 10 marzo 1946).

Quella delle donne e della loro affermazione è una battaglia che non si conclude allora. È un battaglia che chiederà, un impegno lungo anche nei decenni dell’Italia repubblicana e che vede protagoniste soprattutto le donne e alcune figure di grande spessore politico, culturale, civile e umano come è stato documentato e ricostruito in Donne della repubblica un libro uscito proprio in queste settimane.

A lungo, infatti, quel diritto ricevuto va collocato dentro il ruolo della donna come guardiano della famiglia, per altri si tratta di segnare con quel nuovo diritto la possibilità di colmare il divario tra diritti politici e diritti civili. Per altri, per esempio per Sibilla Aleramo di cui riproduciamo qui l’intervento apparso sulle pagine de “L’unità”, la percezione che quella decisione, prima ancora che politica o di riconoscimento di un diritto, fosse l’indicatore di una trasformazione della vita individuale delle donne, un segno del proprio riscatto personale a contribuire al miglioramento della vita di tutti, potendo ora affermare, senza incertezze, “niente futuro senza di me”. Un’affermazione che è insieme riconoscimento della propria dignità e senso civico di responsabilità.

Giugno 1946, una cittadina mostra una copia dell'edizione del Corriere della Sera che celebra la nascita della Repubblica Italiana dopo l'esito del referendum.
Giugno 1946, una cittadina mostra una copia dell’edizione del Corriere della Sera che celebra la nascita della Repubblica Italiana dopo l’esito del referendum.

“Se la donna si sofferma a meditare sulla sorte che le tocca di essere chiamata per la prima volta, qui da noi, ad esercitare il diritto di voto proprio in questo tragico dopoguerra, non può non avvertire anzitutto la singolarità del fatto.

Perché, insomma, quel diritto le è stato negato per tanto tempo, quando fioriva la pace, quando sarebbe stato così ovvio concederglielo con un sorriso come un omaggio, e le viene dato ora che di sorrisi e di omaggi non è assolutamente il caso di parlare. Bisognava dunque attingere il vertice dell’errore e della desolazione, bisognava che l’uomo si sentisse umiliato come non mai attraverso i millenni, nella sua incapacità di arginare la barbarie, perché potesse persuadersi di chiedere l’aiuto della compagna, ad ammettere che questa abbia facoltà ed intelletto tali da tentare con lui l’opera di salvezza e di rinascita.

La donna pensa che d’ora innanzi avrà anche lei la responsabilità di quanto avverrà nel mondo. Innocente non sarà mai più, semmai nel paese o nel mondo dovesse scatenarsi la follia. Lei ha assistito, ha veduto che cosa è stata la guerra e sa che cosa sono stati gli anni che la guerra hanno preceduto e provocato. Del suo diritto al voto sente il valore immenso. E lo eserciterà con slancio ed insieme estrema consapevolezza: figlia di un mondo che è crollato, madre di un altro che appena sta sorgendo e che aiuterà appassionatamente a crescere.

Salvaguardato dal suo amore e dalla sua fede umana questo mondo nuovo non dovrà a nessun costo ripetere gli errori nefasti di quello antico.

Anche in passato queste parole vennero di tanto in tanto pronunciate dagli uomini migliori, ma questi non seppero mai attuarle: forse, perché erano soli nell’opera. Oggi hanno vicino la donna, armata come essi di quella piccola e quasi ridicola cose che è la scheda elettorale. Da questa, in apparenza, inezia, deriverà la sorte del futuro.

La donna ne ha coscienza e compiendo il primo gesto civile assume una dignità che le sarà di sostegno e di difesa: guarda dinanzi a se; il lavoro da compiere non la spaventa, pur tanto grande, in tanti campi. Lavoro di persuasione, di educazione, di elevazione spirituale e morale oltre che materiale e sarà lei a dare coraggio al compagno se mai questo dovesse vacillare.

Sarà lei a non dimenticare, lei a mantenere accesa la fiducia in una vita nuova”.

Sorte della donna, Sibilla Aleramo, in L’Unità, 1 marzo 1946.

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