Il conflitto tra ritorno delle norme e definizione di nuove regole
Da tempo la rottura dell’ordine vigente non ha più gli stessi connotati. A lungo sono stati i marginali a esprimere l’iconografia della rivolta e della rottura temporale. La loro richiesta di rovesciamento voleva dire provare a cambiare le regole del gioco. Il loro grido era “non abbiamo che da perdere le nostre catene”. Poteva finire male, ma restava la memoria di averci provato e soprattutto la consapevolezza che era possibile dare l’assalto al cielo. In silenzio, come sempre nei giorni della sconfitta, si dicevano: “L’appuntamento è solo rimandato”. I loro luoghi della memoria erano quelli del martirio, perché ciò di cui volevano testimoniare non era di non esserci riusciti, ma che la sconfitta non li aveva né distrutti né cambiati.
Quando, nel 1962, Umberto Eco pubblica Elogio di Franti è a quel mondo che pensa. Sotto il mirino di Eco c’è soprattutto il modello sociale che Cuore accredita attraverso l’occhio e le parole dell’Io del testo, Enrico Bottini. Franti, ricordiamolo, dentro Cuore non parla mai, è parlato. Soprattutto è colto nel suo gesto più “fuori luogo”: ride. Ride in sostanza per rimarcare un sentimento del contrario. Scrive al riguardo Umberto Eco: «Franti, se diamo ascolto ad Enrico, ride perché è cattivo, ma di fatto pare cattivo perché ride». In un cosmo di buoni, Franti è così l’antieroe, la figura che consente a tutte le altre di salvarsi, e che descrive contemporaneamente l’ordine, che rifiuta, e la rivolta, cui si candida “in solitaria”. Franti è il prototipo di quelli che hanno proclamato il diritto alla rivolta contro l’ordine. Da tempo la rivolta contro l’ordine non segue quel percorso (l’ultima vola che ci ha provato era nel ’77 poi sono arrivati gli anni delle passioni tiepide). Ne segue due distinti: il primo chiede norme; il secondo è alla caccia di regole.
Il primo. A fronte di una mutazione che ha cambiato molte cose, si chiede il ripristino dello status quo ante. Il tema non è cambiare le regole del gioco, ma ripristinare le norme. E’ una condizione trasversale che coinvolge molti attori prima anche reciprocamente estranei e che ha una forte nostalgia della comunità. Caratteristica comune è raccontarsi come vittime.
I protagonisti del secondo percorso hanno come presupposto il fatto che il mondo di ieri è finito e, a differenza dei primi, non provano nostalgia, perché sanno che se anche tornasse, non sarebbero inclusi. A differenza dei primi fanno fatica a pensarsi comunitariamente come soggetto. Sono le varie figure in cui prova a ripensarsi, per esempio, una nuova generazione di attori del lavoro i quali devono inventarsi luoghi, tempi e forme di autotutela, sperando che loro non sia solo una vita “fai da te”.
I primi auspicano il ritorno della norma del tempo passato; i secondi la possibilità che venga loro riconosciuta una regola che tenga conto anche di loro e dunque li includa. La lotta è aperta.
David Bidussa
Fondazione Giangiacomo Feltrinelli