I classici, si sa, sono tali perché ci parlano di problemi sempre attuali, attraverso una dimensione storica che li attraversa e ci attraversa, generando in noi prospettive implicitamente comparate e dinamiche.

Anche negli studi universitari, il valore della lettura dei classici è percepito come insostituibile, per quanto questa prassi – sempre nuova per definizione, sempre, almeno potenzialmente, palingenetica, anche nella selezione degli stessi «classici» – sia riservata a eventi occasionali o alla buona volontà dei singoli studiosi. In ambito politologico, poi, il riferimento alla fonte diretta dei classici del pensiero politico costituisce un momento di crescita intellettuale indiscutibile e di riflessione feconda su problemi sociali e politici che l’attualità tende troppo spesso a schiacciare su un piano privo di profondità storica e teorica.

Fondazione Giangiacomo Feltrinelli e l’Università degli Studi di Milano hanno pensato così di creare un Seminario permanente sui classici del pensiero politico che porti in modo sistematico gli studenti, attratti in particolare dal Dipartimento di studi storici, a ragionare su categorie generali (tolleranza, rappresentanza politica, eguaglianza, libertà, e altre ancora), attraverso la lettura di autori appartenuti a secoli e contesti differenti, che dedicarono la propria riflessione a questi temi. È sembrato, infatti, quanto mai opportuno, in tempi di mobilità e istantaneità, «permanere», credere in un progetto formativo «laboratoriale» e affermare la certezza che quanto si sta realizzando abbia valore al di là dello spazio e del tempo contingenti. È apparso utile, forse necessario, se non invertire, temperare una certa tendenza generale, con la creazione di occasioni concrete di riflessione vis-à-vis, che attingano alla fonte inesauribile – anch’essa a suo modo «permanente» – dei classici, e generino, anche nel continuo dialogo con il patrimonio bibliografico della Fondazione, una prassi che è in sé metodo, un approccio nuovo di indagine sul presente, uno sguardo gravido di storicità rivolto al futuro.

La nuova sede di viale Pasubio della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli è sembrata rappresentare perfettamente quel dialogo tra vita contemporanea (sempre alle prese con l’innovazione e le sue conseguenze) e ricerca storica(bibliografica o archivistica), che costituisce il senso più autentico di quell’esperienza spirituale descritta da Niccolò Machiavelli nel 1513, con parole divenute ormai eterne: «Venuta la sera, mi ritorno in casa, et entro nel mio scrittoio; et in su l’uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango et di loto, et mi metto panni reali et curiali; et rivestito con decentemente entro nelle antique corti degli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo, che solum è mio, et io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro, et domandarli della ragione delle loro actioni; et quelli per loro umanità mi rispondono; et non sento per 4 hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tucto mi transferisco in loro».

Il primo tema intorno al quale si è pensato di animare questo momento di dialogo con gli autori classici è quello tanto attuale di «Tolleranza», articolato attraverso incontri dedicati alle seguenti opere: Discorso sulla dignità dell’uomo(1486) di Giovanni Pico della Mirandola; Libero arbitrio (1524) di Erasmo da Rotterdam; Lettera sulla tolleranza (1689) di John Locke; Trattato sulla tolleranza (1763) di Voltaire; e Sulla libertà (1859) di John Stuart Mill.

Il colloquium che inaugurerà il Seminario permanente sui classici del pensiero politico vedrà la presenza di Salvatore Veca e si svolgerà il 28 giugno, alle ore 18, intorno ai contenuti di un’altra opera fondamentale al fine di riflettere sulla natura della «tolleranza»: Liberalismo politico (1993) di John Rawls.

Attraverso questo approccio metodologico, i classici potranno parlare, in modo sistematico, alle giovani generazioni, farsi intendere ancora e suggerire nuove soluzioni a nuovi problemi, che, tuttavia, hanno – come tutte le cose umane – sapore antico.

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