Direttore del Corriere della Sera

Quando il 2 giugno 1946 Mario Borsa (1870-1952) stende l’editoriale del “Nuovo Corriere della Sera” – dal titolo Tutti alle urne! – dichiara, più che un desiderio, una convinzione che non è solo o prevalentemente legata alla scelta istituzionale. Certamente Mario Borsa, liberale, vicino a Ferruccio Parri, in quei mesi sta dalla parte della repubblica. La sua convinzione non è occasionale. Quell’idea è figlia della sua passione per la cosa pubblica e, insieme, della sua passione per la difesa di una vera libertà di opinione (un tema che gli era caro e che difende già nel gennaio 1925 (quando pubblica il volume La libertà di stampa, Corbaccio). Del resto, proprio sulla difesa della libertà di stampa, Borsa aveva perso il suo posto al “Corriere” quando, nel novembre 1925, si dimette dal “Corriere” Luigi Albertini.

È una convinzione dunque profonda quella di Mario Borsa, e che all’indomani della Liberazione gli fa sostenere la funzione dei partiti politici e la necessità di “non mollare”, di premere sui partiti perché resistano, perché non tornino ad essere (nell’Italia appena liberata) realtà dissestate e “ingorde”.

Mario Borsa ha chiarissimo il rischio. Del resto lo aveva scritto a chiare lettere all’inizio del 1946 presentando L’ora che volge (editoriale Domus, Milano 1946) una sua raccolta di scritti già comparsi sul “Corriere d’informazione”, (periodico che sostituisce il “Corriere della sera” dal giugno 1945 fino a maggio 1946) quando sottolineava la necessità di mettere in guardia l’uomo qualunque di non lasciarsi convincere dalla frasi facili e demagogiche.

“Questa dunque è l’urgente esigenza dell’ora – scrive nella presentazione di L’ora che volge – Aprire gli occhi all’uomo qualunque, che se li lascia stupidamente chiudere da mani insidiose: dire come sono andate le cose, cercare le vere cause dei nostri mali e additarne gli effetti”.

 

tutti alle urne
La fila alle urne elettorali

 


«Tutti alle urne! E tutti alle urne con serietà, con compostezza, con calma e con un gioioso senso d’orgoglio. Sì, siamo orgogliosi di aver finalmente ritrovato noi stessi; orgogliosi di essere ancora dei cittadini; di avere riacquistato il diritto e il dovere – negatici dal fascismo col sostegno della monarchia – di contribuire individualmente e direttamente alle sorti del nostro Paese; orgogliosi che il domani d’Italia dipenda anche dal nostro piccolo voto odierno; orgogliosi di poterlo dare liberamente come ci detta la nostra coscienza. Tutti alle urne! Alle urne i vecchi che da più di venti anni mordevano il freno condannati – dal fascismo col sostegno della monarchia – a tacere, a disinteressarsi della cosa pubblica e ad assistere parzialmente passivi alla follia di Mussolini, affiancato dal Re, all’aberrante fanatismo dei nazionalisti, alla prepotenza, alla cupidigia, alla corruzione dei gerarchi che ci dovevano gradatamente portare a questa immane ruina; alle urne i giovani, giustamente lusingati di sentirsi oggi uomini e di dare, come tali, il loro appoggio alla creazione della nuova Italia nella quale dovranno affermare la loro personalità; alle urne le donne, le nostre donne tanto ansiose di tempi migliori in cui non dovranno più temere né piangere per i loro sposi, per i loro figlioli e per la loro casa. Tutti alle urne! Alle urne disciplinatamente, senza chiassate e senza provocazioni. Rinnoviamo l’esempio dato nella giornata delle elezioni amministrative quando dovunque, nei piccoli e nei grandi centri, tutto è proceduto con ordine, senza incidenti e senza tumulti talché gli stranieri stessi, sempre un po’ diffidenti verso di noi, ne sono rimasti sorpresi e ammirati. Tutti alle urne! Alle urne senza paure, serenamente convinti dell’importanza del nostro voto e fiduciosi nel successo della causa per cui andiamo a darlo. Ma quale sia per essere l’esito del referendum impegniamoci fin d’ora ad accettarlo e a rispettarlo. Così in questo riconoscimento e in questa accettazione della volontà popolare, noi daremo al mondo la miglior prova che siamo degni della libertà che abbiamo finalmente riconquistato».

Tutti alle urne!, Mario BorsaNuovo Corriere della Sera,  2 giugno 1946.


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