Finalmente l’Africa è sulla mappa degli imprenditori europei. Il Continente ormai si presenta loro come il nuovo partner economico. Ma agli occhi di un imprenditore del vecchio continente l’Africa deve ancora apparire come un vero enigma. Un intreccio di narrazioni incoerenti che sembrano raccontare di un continente impossibile.
Negli ultimi anni abbiamo imparato a conoscere un’Africa-Eldorado, un continente che cresce vertiginosamente, la nuova terra di conquista per le piccole e medie imprese. Questa è l’Africa del Kenya e della Costa d’Avorio, paesi che nell’ultima decade sono cresciuti in media del 6% ogni anno, dove è più facile aprire un’azienda (Costa d’Avorio) o ottenere un finanziamento (Kenya) che in Italia (World Bank, Ease of Doing Business, 2017).
Questo continente, però, è ancora la stessa Africa-Disperata che si mostra come terra di guerre perenni e intaccabile povertà. Il Kenya viene da 5 anni vissuti in alta tensione: 23 attacchi terroristici con 410 vittime, mentre 217 sono state le vittime degli scontri occorsi durante le elezioni del 2013 e del 2017 (nel 2008 le vittime furono oltre 800). La stessa Costa d’Avorio emerge da due guerre civili vissute in sequenza: la prima di 5 anni (2002-2007) e la seconda di 2 (2010-2011). Quella delle migrazioni di massa è storia quotidiana. Così, le piccole e medie imprese europee restano a guardare un Continente apparentemente indecifrabile e perennemente in stallo, attratte dalle opportunità e bloccate dai rischi.
Dentro questo intreccio, vive ed è freneticamente all’opera la risposta alle perplessità europee: un formidabile capitale umano capace di grande leadership e di imprevedibile innovazione che, più degli investimenti e della solidarietà europei, contribuisce allo sviluppo sostenibile del Continente. In questo senso, può essere utile raccontare alcune storie di imprenditori che mostrano evidenza di questa innovazione. Sono le storie di alcuni imprenditori che hanno incrociato i programmi di formazione che E4Impact e l’Università Cattolica di Milano offrono in Africa.
Immagine tratta dal documentario di Laboratorio Expo
Il faut donner à manger aux gens, pratiche culturali dell’alimentazione in Camerun
Amin Sulley è il giovane fondatore Zaacoal. Amin ha brevettato in Ghana una tecnologia per produrre carbone da cucina dagli scarti del cocco. La particolarità di questo carbone non sta soltanto nell’utilizzare un materiale di scarto, riducendo l’utilizzo delle risorse forestali del paese. La vera peculiarità sta nel fatto che il carbone brucia senza generare fumo. In un continente che consuma 23 milioni di tonnellate di carbone all’anno e in cui 2 milioni di persone muoiono per avvelenamento dai fumi che ne derivano, Zaacoal guida il cambiamento.
Felix Kimaru ha creato in Kenya TotoHealth, una start-up digitale che connette donne in stato interessante con medici in tutto il Paese, a ogni ora del giorno, in ogni fase della gravidanza. Progressi, dati e analisi relative a una gravidanza sono costantemente monitorate così che ogni donna dispone di consulenza medica personalizzata e on-demand. In un paese in cui 80.000 bambini sotto i 5 anni muoiono ogni anno, TotoHealth moltiplica l’accesso ai servizi medici e cambia il volto del sistema sanitario.
Il prof. Herve Yangni-Angate è cardiologo presso l’università Felix Houphouet Boigny di Abidjan, Costa d’Avorio. Il prof. Yangni-Angate ha acquistato un terreno presso Bouaké, una prefettura di circa 72.000 abitanti a nord-ovest di Yamoussoukro, capitale del paese, e ha avviato la costruzione di un ospedale specializzato in chirurgia cardio-toracica e vascolare. A Bouaké non c’è un ospedale in grado di fornire certi servizi chirurgici ma c’è mercato e bisogno. In un paese con 9 medici ogni 100.000 abitanti (contro i 400 dell’Italia), l’ospedale ha le caratteristiche per diventare un centro di eccellenza nazionale.
In Africa questi imprenditori tracciano una strada nuova verso lo sviluppo sostenibile. Dispongono di risorse, competenze e tecnologie e non sono alla ricerca di un’impresa europea che venda loro alcunché. Cercano idee e collaborazioni per innovare modelli di business che permettano loro di percorrere un altro tratto della strada che hanno tracciato. Se le nostre piccole e medie imprese (PMI) sapranno andare oltre lo spavento delle contraddizioni macro-economiche e vorranno mettersi in gioco con l’avanguardia imprenditoriale africana nella costruzione di business e soluzioni innovative, allora l’enigma verrà sciolto e potranno correre insieme all’Africa.