Prometeo e Narciso. Il principio sostenibilità e l’uso responsabile del mondo

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Sostenibilità è il nuovo modo di dire che “vogliamo un futuro per tutti” e si propone come risposta virtuosa contrapponendosi frontalmente tanto alla modernità come alla contemporaneità, nelle due figure che rispettivamente le rappresentano: Prometeo e Narciso.

Prometeo il simbolo di una volontà di essere artefici di se stessi, dell’esaltazione e del potenziamento delle proprie capacità espresse dalla tecnica. Allude all’illimitato e alla dimensione di potenza. Legge la libertà in gran parte come la somma algebrica di queste due dimensioni. Ma questa è possibile solo se si fonda su una disciplina. Non è possibile distrarsi o concedersi riposo. Farlo, infatti, implica legittimare lo spreco, scegliere di perdere. Non sono fuori tema le parole di Benjamin Franklin quando scrive, nel suo Consigli ad un giovane mercante, che “chi potrebbe guadagnare dieci scellini al giorno, e va a passeggio mezza giornata, o fa il poltrone nella sua stanza, se anche spende solo sei pence per i suoi piaceri, non deve contare soltanto questi, oltre a questi ha speso, anzi buttato via, cinque scellini.”

A Prometeo moderno si contrappone Narciso contemporaneo. Narciso è il segno e la misura della contemporaneità. Figura che ha contiguità con Prometeo (per esempio: ha la stessa insoddisfazione per il presente; misura il suo successo sull’io) ma che gli si contrappone verticalmente proprio perché l’oggetto a cui mira si limita all’Io e non riesce a pensare se non in termini di propria soddisfazione. Narciso è apparso in anni recenti come la replica alle costruzioni di Prometeo, come la domanda di diritto alla gioia “senza badare a spese”, “godendo”.

Da tempo abbiamo capito che Narciso non è una garanzia di futuro.  Ma non si esce da questa condizione con una replica meccanica. La risposta all’età dello spreco e del godimento qual è quella segnata dall’egemonia di Narciso, non è l’astinenza.

L’astinenza è un principio vittimario, che si nutre di senso di colpa, o che si propone come suscitatore di senso di colpa, per evitare di assumere l’impegno alla responsabilità. Quella scelta non è figlia della preveggenza. Si fonda, invece, sull’idea di tutela e di salvaguardia dell’esistente. Per questo risponde a un principio vittimario, il cui primo motore è dato dalla paura di perdere i vantaggi acquisiti. Alla proposta “un altro è mondo è possibile” il principio vittimario risponde che non lo è. La paura che lo innerva non è un buon motore di azione. In nome di un mondo migliore, la paura, infatti, non è altro, nel nostro tempo presente, che un diverso percorso per tornare a Narciso, proprio perché essa è la dichiarazione implicita, il desiderio recondito, a non rinunciarvi. Ovvero a confermare che non vogliamo dismettere niente, che non vogliamo condividere, e soprattutto che se c’è qualcosa di cui godere, riguarda noi. In altre parole, la convinzione che il futuro non sia per tutti.

David Bidussa
Fondazione Giangiacomo Feltrinelli 

 

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