Nel corso degli ultimi due anni Fondazione Feltrinelli si è posta come una piattaforma di incontro fra accademia, attori sociali e soggetti politici col fine di aumentare la consapevolezza su rischi e urgenze che interessano le nostre comunità.
Il Rapporto Feltrinelli The Polics to Come raccoglie l’esito del confronto tra gli stakeholder che hanno animato il percorso di ricerca nazionale e internazionale di Scenario Open Lab: è un tentativo di fotografare quattro priorità – l’economia e il ruolo dello stato e dei privati; lo sviluppo urbano e la coesione territoriale; la trasformazione digitale e il mondo del lavoro; la politica e le forme della partecipazione democratica – non solo delineando i contorni del problema, ma anche indicando possibili traiettorie di soluzione e prospettive concrete di intervento.
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Un laboratorio di idee
Per un nuovo punto di equilibrio tra sviluppo economico e giustizia sociale serve unire il verde dell’ecologismo attento ai diritti e il blu degli impatti della trasformazione digitale con il rosa che disegna un nuovo ruolo più ambizioso ed evoluto per la politica.
La ripresa non può essere un fatto solo tecnico: serve coltivare una visione complessiva della società capace di governare in ottica progressista dell’ equità sociale le grandi trasformazioni della contemporaneità.
Abbiamo bisogno di idee autorevoli, ricerche aggiornate e visioni coraggiose per non limitarci a uscire da questa crisi, ma per farne un’occasione strategica di ripensamento politico e di ricomposizione sociale, recuperando quella carica riformista testimoniata nelle pagine di Storie della buonanotte per nuovə progressistə.
Come ha osservato Colin Crouch nel corso di un’intervista su tecnocrazia e populismi, proprio la pandemia ha dimostrato che abbiamo bisogno di azioni e risposte collettive, che le sole forze di mercato non bastano, che occorre a tornare a investire di senso la vita pubblica, aspirando a una politica capace di mediare gli interessi e farsi portavoce di un’idea progressista di bene comune.
Una piattaforma di incontro
Nel corso degli ultimi due anni e con il palinsesto Sarabanda 2021 la nostra Fondazione si è posta come una piattaforma di incontro e confronto fra accademia, attori sociali e soggetti politici in relazione ai possibili scenari evolutivi che interessano le forme dell’economia, della politica, del lavoro e della sostenibilità.
L’obiettivo è quello di aumentare la consapevolezza circa i rischi e le urgenze che interessano le nostre comunità ma anche di contribuire a individuare le azioni che, in tempi di PNRR, i diversi attori possono intraprendere per favorire una transizione armonica e al tempo stesso coraggiosa. Si tratta di valorizzare quell’ecosistema dell’innovazione che già promuove pratiche economiche in grado di tutelare l’ambiente e le sue risorse (questioni al centro dei Milano Transition Days) e approcci collaborativi utili a immaginare nuove filiere non estrattive e rigenerative di valore economico, sociale e ambientale (leggi Social Economy. Le comunità verso una transizione economica verde, equa e rigenerativa).
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Il percorso di ricerca
Con le nostre attività scientifiche e divulgative abbiamo provato a dare il nostro contributo per uscire dalla pandemia in modo non retorico: nell’ambito dei nostri osservatori di ricerca, abbiamo fotografato quattro priorità, non solo delineando i contorni del problema, ma anche indicando possibili traiettorie di soluzione e prospettive concrete di intervento:
- l’economia, il ruolo dello Stato e dei privati, i limiti del modello neoliberista: questioni che sono state al centro dei tre appuntamenti del ciclo di incontri pubblici There is [NO] alternative;
- le trasformazioni urbane e la coesione territoriale, nel quadro di un contesto solcato da divari e frammentazione sociale (temi su cui si sono confrontati Elly Schlein, Gabriele Pasqui e Laura Saija). Processi di disgregazione cui occorre rispondere con esercizi di ricomposizione all’altezza delle grandi sfide del nostro tempo: dalla rivoluzione verde al dialogo interculturale; dalle alleanze educative alla cooperazione internazionale. Sfide su cui si sono confrontati i partecipanti al Feltrinelli Camp Broken Cities.
- la rivoluzione digitale e gli impatti sul mondo del lavoro, oggetto del percorso curato da Alec Ross, chair internazionale di ricerca per il 2021, con il ciclo Going Digital. n mondo del lavoro caratterizzato da alcuni “vuoti” in termini di tutele, di competenze, di parità di genere, esplorati nel corso degli appuntamenti di Mind the Gap;
- la politica e le forme della partecipazione democratica che abbiamo messo a fuoco a con il cantiere editoriale Nuove mappe delle culture e dei conflitti politici per capire lungo quali linee di frattura corra oggi la competizione politica. Proprio i momenti di crisi si prestano a strumentalizzazioni che ingigantiscono le divisioni sociali dando nuova linfa a gruppi, movimenti e partiti di estrema destra, tema del quale ci siamo occupati con il ciclo Di-segno nero.
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Come centro di ricerca e documentazione storica, abbiamo messo a fuoco le urgenze dell’oggi provando a ricostruire la tappe che ci hanno portato sin qui: quei momenti che potevano segnare una svolta, l’addio a una condizione insoddisfacente, l’inizio di un percorso nuovo che però ha poi finito per tornare su se stesso ed eclissarsi. Date che hanno il potenziale di inaugurare un processo di modernizzazione (questione indagata nel volume Tempi Moderni 2030) e che finiscono tuttavia per disattendere l’obiettivo e dunque si propongono come simboli significativi di un processo non compiuto.
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Nel tempo e nel mondo
Andare indietro nel tempo ma anche “andare nel mondo” per costruire una mappa ampia dei problemi, assumendo uno sguardo critico e inclusivo che sappia contemplare i tanti volti delle ingiustizie, interrogare con gli strumenti di diverse discipline e con le competenze e l’esperienza di molti attori, meglio se con punti di vista plurali e contrastanti, gli impatti delle trasformazioni.
Milano, dunque. Ma anche l’Italia e l’Europa. Milano che è uno specchio in cui leggere le trasformazioni urbane del nostro tempo. Una trama di opportunità e di esclusioni, come ci raccontano le pagine del libro-inchiesta L’Ultima Milano, che ha in sé i semi per un ripensamento collettivo e partecipato verso una città davvero degna di essere vissuta.
Siamo partiti proprio da Milano, dalle sue periferie, dai suoi bordi inquieti, coinvolgendo ragazzi e ragazze con il progetto La Fragilità e l’orgoglio, protagoniste e protagonisti anche delle pagine del libro Scuola Sconfinata, volume che traccia la rotta per una rivoluzione educativa che faccia, non solo della scuola, ma dei diversi contesti di vita dei luoghi significativi e inclusivi di apprendimento.
Un progetto che si inserisce in un percorso più ampio che Fondazione Feltrinelli ha deciso di intraprendere per costruire alleanze territoriali, connettere le città italiane, mettere in rete le zone marginali e periferiche che, malgrado le difficoltà, non rinunciano a produrre alternativa e a mettere in campo capacità di riscatto. Milano, Napoli, Roma, Genova e Taranto: cinque città per cinque priorità al centro del nostro futuro: famiglie, scuola, città, ambiente, sud.
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Da Milano all’Europa
Un viaggio che ci ha portato in tutta Europa con l’obiettivo di ricostruire una dimensione di fiducia nei confronti dell’Unione, e l’ambizione di contribuire a un’agenda europea sociale e progressista che ribadisca il valore delle nostre democrazie.
Un viaggio tra Barcellona, Parigi, Bruxelles e Berlino cominciato con quattro storie che ci hanno portato tra i rimossi e le contraddizioni delle quattro città.
Abbiamo incontrato più di 500 stakeholder, collaborato con 400 università e centri di ricerca provenienti da 15 paesi nel mondo. Ci siamo confrontati con enti governativi, parti sociali, organizzazioni no-profit e imprese. È un viaggio appena iniziato e che proviamo a riassumere in tre percorsi, con l’auspicio di proseguire il tragitto con chi abbia voglia di cambiare marcia per approdare a un’idea di società migliore.
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Tre percorsi: dal presente al futuro
Lo sguardo alla transizione ecologica richiede la messa a punto di una cultura della sostenibilità – già al centro tra il 2014 e il 2015 delle attività di Laboratorio Expo – che ci consenta di ripensare radicalmente le coordinate concettuali che sono al centro dell’approccio dello sviluppo sostenibile, per non disgiungere la riflessione sulla transizione ecologica dalla lotta alle ingiustizie e alle diseguaglianze sociali. Una combinazione di istanze verdi e rivendicazioni sociali circa la qualità del lavoro e il benessere collettivo già espressa dai movimenti e dai pensatori che hanno segnato, tra gli anni ’70 e ’80, l’alba dell’ecologia politica, come raccontato nel volume antologico Profezie Verdi.
Oggi più che mai, la sfida della transizione ecologica deve contemplare i molti volti delle povertà e delle disparità che riguardano le forme dell’economie, i profili del mercato del lavoro, le dinamiche dello sviluppo urbano e territoriale. Il nostro percorso ha privilegiato uno sguardo interdisciplinare e intersettoriale consapevoli che è questa dimensione plurale di rapporti tra economia, società, contesti locali e globali, politica e tecnologia a cui si deve guardare per alimentare strategie non effimere e per ridisegnare un nuovo contratto sociale con l’ambiente e la natura. Quel contratto definisce i principi di giustizia ambientale che coincidono inevitabilmente con i principi di giustizia sociale.
Le pratiche, gli esempi di policy, gli interventi che abbiamo raccolto nel nostro percorso di ascolto e confronto tra Italia e Europa contemplano tutte un tentativo di conciliazione e di nuovo equilibrio tra sostegno della crescita, tutela dei diritti, convergenza degli interessi tra attori.
L’accelerazione tecnologica porta con sé una domanda di cultura matura e responsabile dell’innovazione che tenga conto della dimensione umana nel suo bisogno di senso e riconoscimento, di rispetto dei corpi, di fioritura delle competenze, di evoluzione della conoscenza, di sostegno alle relazioni e alla partecipazione alla vita delle comunità.
Se l’Intelligenza artificiale rischia di “automatizzare” la stessa umanità, come negli stabilimenti di Amazon dove i lavoratori sono considerati “appendici delle macchine”, secondo quanto scrivono i ricercatori Alessandro Delfanti e Julian Posada nel volume Unboxing AI, crediamo al contrario che la rivoluzione blue rappresenti un’opportunità se è a servizio dell’umano: se diventa uno strumento di sostegno per la sfera sociale, economica e politica, supportando il progetto per una transizione giusta, favorendo un Progresso per tutti, con un investimento in nuove tecnologie capace di creare nuovi posti di lavoro a elevate competenze.
Le pratiche, gli esempi di policy, gli interventi che abbiamo raccolto nel nostro percorso di ascolto e confronto tra Italia ed Europa contemplano tutte la possibilità di sostenere l’integrazione tra soggetti, risorse, intelligenze, affinché la nuova economia dei dati sia una strumento al servizio del benessere dei cittadini.
Il Novecento ha patito i contraccolpi di un mondo diviso dalle ideologie. Ma oggi non siamo usciti dalle contrapposizioni: solo che a dividere sono le identità giocate in chiave difensiva e regressiva; e le feroci diseguaglianze che rischiano di creare un solco incolmabile tra “i pochi e i molti”, come suggerisce Nadia Urbinati nel tratteggiare il profilo del conflitto politico del XXI secolo. Come spiega Lorenzo De Sio, ordinario di Scienza Politica alla LUISS, oggi nella competizione elettorale contano soprattutto i fattori economici: la credibilità, cioè, di partiti e leader nel tutelare il welfare e il lavoro.
Una domanda di protezione economica che in tempi di pandemia si è associata alla richiesta di misure stringenti per la tutela della salute individuale e collettiva: questione che ha portato molti studiosi a interrogarsi su come è cambiata, nella discontinuità dell’emergenza sanitaria, la fiducia nelle istituzioni e nella democrazia, il rapporto tra collettivismo e individualismo, le opinioni circa la leadership politica e l’Europa.
Proprio l’emergenza sembra aver confermato che alla politica spetta il compito di prendere decisioni che implicano assunzione di responsabilità e lungimiranza alla luce dei fini che tengono insieme una comunità.
Possiamo compiacerci di aver rinunciato alle contrapposizioni ideologiche novecentesche, ma non possiamo fare a meno di visioni: come ha osservato di recente Maurizio Ferrera le visioni in politica sono fondamentali, sono una combinazione di principi, valori, interpretazioni della realtà, proposte strategiche per migliorarla.
Se fare i conti col Novecento vuol dire non cadere nella trappola fascinatoria delle ideologie, proiettarsi nel nuovo millennio vuol dire però avere il coraggio di riaprire in modo libero il laboratorio delle idee. E farlo agevolando nel modo più ampio possibile la partecipazione di tutti gli attori per prendere decisioni che siano davvero collettive e guardino al bene comune. Un progetto politico non si regge infatti solo su procedure burocratiche, ma è un processo di discussione che prevede un certo grado di dialettica e un orizzonte ideale cui è possibile aspirare solo riconquistando la nostra capacità di azione comune.