Il Report scritto dal network C40 prova a realizzare un’operazione originale: collegare tematiche di genere con politiche climatiche globali, queste ultime applicate al contesto urbano. Incrociando, quindi, un tema globale, uno scenario specifico ed uno stakholder ben definito – le donne – realizza un interessante esercizio di elasticità politica, scegliendo nel mare magnum dei Sustainable Development Goals una precisa linea d’azione, tripartita nei fronti sopra citati.
I dati necessari per giustificare tale allineamento di attori e soluzioni non mancano: le donne sono sommamente sotto-rappresentate nei processi politico-decisionali di alto livello riguardanti il Climate-Change, contando solo il 12% degli aventi potere di indirizzo. Ciò implica che la stragrande maggioranza delle politiche ambientali siano espressione di consessi maschili, non un limite di per sé, ma senz’altro il segnale di una genesi poco inclusiva delle attuali misure ambientali(ste) in divenire che, infatti, non presentano caratteri inclusivi – per quanto concerne il genere – tra le loro varie sfaccettature. Eppure, le donne sono proporzionalmente le più vulnerabili agli effetti dei cambiamenti climatici: del 12% della popolazione mondiale che usa carbone per cucinare e riscaldare casa, le donne rappresentano il 60% dei morti per intossicazioni da fumo (dati UN Women 2018). Egualmente, le donne producono circa la metà del cibo mondiale ma hanno una probabilità dell’11% maggiore di soffrire di insicurezza alimentare, questo per via di discriminazioni di genere nell’attestazione di proprietà delle terre e dei diritti di utilizzo dei campi, oltre che per asimmetrie di potere negoziale, finanziario e di conoscenza delle logiche di mercato.
Approfondendo il documento si delinea, quindi, un caso di discriminazione climatica di genere che trova nelle città – terzo perno di analisi del report – un possibile laboratorio per ideare e testare soluzioni inclusive. Allontanandoci dai due ambiti principali in cui il genere è stato tematizzato all’interno del governo delle città, ossia la tutela delle donne in caso di disastri naturali e la loro sicurezza alimentare, il tema suggerito è quello della mobilità cittadina.
Dati Plan International UK (2018) evidenziano come il 66% del campione femminile analizzato abbia dichiarato di aver subito molestie durante i propri spostamenti all’interno delle città e di aver dovuto modificare i propri percorsi quotidiani onde evitar ulteriori rischi. Esiste quindi una percezione di rischio connotata per genere, cui è necessario che le policy diano una risposta strategica e non emergenziale, quindi non repressiva ma analitica e progettuale. Per fare ciò, il report porta all’evidenza la possibilità di una pianificazione inclusiva dei trasporti che sia basata su dati disaggregati, audit e tecniche di progettazione partecipata.
Alcuni casi concreti di città che hanno iniziato un percorso di policy in questo tipo sono Barcellona e Londra, che hanno prima investito nel recupero di dati primari e poi hanno definito policy coerenti con il tema di una mobilità più inclusiva. La prima, ha lanciato nel 2006 un “Piano per la Giustizia di Genere” che è stato declinato a livello urbano in una serie di indagini territoriali in cui tutti i cittadini hanno risposto a questionari e domande riferite alle quattro principali fasi di mobilità urbana: produttiva, riproduttiva, comunitaria e personale. L’output concreto è stato un intervento di ridefinizione della quantità e dei percorsi di mobilità pubblica, comprendente addirittura la struttura dei bus, più accessibile per passeggini, carrozzine, ecc. Londra ha promosso, invece, un dialogo più stretto con i network urbani di CleanTech, favorendo l’erogazione di servizi di incubazione imprenditoriale verso start-up al femminile, sostenendo un dialogo serrato con la comunità finanziaria al fine di rendere i finanziamenti verso progetti femminili, anche in ambito di mobilità, equamente appetibili ai diversi donatori.
Dalla raccolta di nuovi dati disaggregati al coordinamento delle linee di finanziamento per la mobilità inclusiva, è ancora una volta la città a segnare il passo dell’innovazione responsabile in materia di genere, confermando come l’intersettorialità sia l’approccio più corretto per affrontare in maniera strutturale temi complessi come gli impatti di genere del Climate Change. Non a caso, sono tre i Sustainable Development Goals interessati – 5, 11 e 13 – motivo per cui occorre accettare che si collabori sempre di più tra enti pubblici diversi, referenti istituzionali di vario livello e indirizzi non sempre, almeno inizialmente, coerenti.