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Questo articolo approfondisce i temi del workshop “Science Map. Ricerca e innovazione per la salute dei cittadini” primo appuntamento di un ciclo di tre workshop promosso nell’ambito del progetto Science for All, con l’obiettivo di restituire raccomandazioni di intervento prioritarie affinché le conoscenze scientifiche non restino confinate ai luoghi della ricerca, ma che si trasformino operativamente in strumenti al servizio della scienza e del benessere delle persone.


Uno sguardo d’insieme


L’importanza della comunicazione scientifica e della terza missione dell’Università: questi i temi al centro dell’intervento che Marco Montorsi, Rettore di Humanitas University e membro del Consiglio Superiore di Sanità, ha sviluppato a partire dal ruolo degli atenei nello sviluppo del territorio.


“La ricerca scientifica, l’innovazione e la conseguente comunicazione di dati e risultati sono tematiche intrinseche alla natura delle università e che la pandemia ha reso ancora più centrali: non solo l’importanza di  utilizzare messaggi chiari, efficaci, intelligibili al pubblico e certificati sempre dai dati, ma anche maggiormente coordinati e meno conflittuali, per evitare di generare confusione e diffidenza”.

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L’innovazione e la ricerca scientifica, così come la loro comunicazione sotto forma di dati e risultati, sono tematiche intrinseche alla natura delle università, che la pandemia ha reso ancora più centrali. Non solo è emersa l’importanza di utilizzare messaggi chiari ed efficaci, fedeli all’evidenza scientifica, ma anche la necessità di coordinare la comunicazione per evitare di generare confusione e diffidenza. È la fonte stessa che diventa garanzia dell’affidabilità e della serietà delle informazioni, soprattutto se parliamo di temi scientifici che hanno un impatto sulla vita delle persone: conoscenza, competenza e comunicazione, mai come ora, dovrebbero essere indissolubilmente legate. In questo contesto l’Università gioca un ruolo cruciale nella sua funzione sociale, integrando alle attività di produzione della conoscenza e formazione, quella di attore chiave nella ricerca e nella sua comunicazione, contribuendo in maniera significativa allo sviluppo del territorio, in quella che è stata identificata come terza missione dell’università.

È importante che gli Atenei stimolino la contaminazione e l’integrazione tra i saperi, specie nell’ambito delle scienze della vita, impegnandosi a fare ricerca, prediligendo la qualità alla quantità e aderendo ai principi di integrità ed etica. Non solo, nell’ambito della terza missione le università devono promuovere un continuo scambio cooperativo con la società civile e con tutti i settori non accademici.

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L’anno appena trascorso è stato caratterizzato da una forte presenza della scienza nel dibattito pubblico che se da un lato è auspicabile per promuovere una crescita di cultura scientifica nella società dall’altra necessita di essere affrontato da professionisti con trasparenza e chiarezza, per non correre il rischio di confondere la cittadinanza e creare dei danni alla società nel suo complesso.

Un ulteriore elemento chiave della ricerca, reso oltremodo evidente dallo scenario pandemico, è l’importanza del dialogo e dell’interazione tra ricercatori, il cosiddetto scambio peer-to-peer, perché è grazie al confronto che emergono nuove idee e prospettive di ricerca, arricchite così da una molteplicità di sguardi e approcci disciplinari. Questo aspetto ha ulteriormente sviluppato il dibattito sulla accessibilità e condivisione dei dati scientifici, e l’opportunità di rendere il modo di fare ricerca più aperto e collaborativo attraverso la politica dell’open access. La direzione intrapresa non è però limitata alla condivisione delle pubblicazioni, ma apre alla condivisione di piattaforme di ricerca di dati e di database, dando vita a processi collaborativi che possono avere una ricaduta sulla società in termini di sviluppo economico, crescita scientifica e culturale.

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Sono nate diverse iniziative europee in questo senso, come quelle del SER – Spazio Europeo per la Ricerca – volte a migliorare l’accesso, gratuito, alle informazioni scientifiche. Nel luglio 2020 si è costituito anche l’European Open Science Cloud (EOSC), di cui uno dei 4 soci fondatori è il GARR italiano (Gruppo armonizzazione Reti Ricerca). La piena accessibilità ai dati  ha in generale il potenziale non solo di migliorare la ricerca, coinvolgendo larga parte della comunità scientifica, ma anche di contribuire in modo significativo al trasferimento tecnologico e favorire l’innovazione, che sono elementi fondamentali per lo sviluppo della scienza intesa come strumento per la comunità.

Quali sono dunque gli effetti positivi dell’open access sulla ricerca scientifica? Da un lato migliora la circolazione della conoscenza (gli articoli in Open Access sono citati in media tra il 26% e il 64% in più), e dall’altro risulta favorita la ricerca interdisciplinare, essenziale per affrontare la complessità delle grandi sfide del nostro tempo. A questi si contrappone però, per certi aspetti, la politica della protezione dei dati personali (GDPR). Sebbene alla base sia dell’open access che delle politiche a protezione dei dati personali ci sia l’esigenza di garantire una condivisione trasparente dei dati, risulta ancora poco chiaro come conciliare gli obiettivi di ricerca da un lato e la protezione di informazioni sensibili dall’altro, il tutto nell’interesse principale che sono la salute e la tutela dei cittadini.

Come tradurre la ricerca, supportata come visto da un incremento dei dati e della loro circolazione, in innovazione? I rettori delle università lombarde e Assolombarda hanno istituito un tavolo di lavoro attraverso il quale hanno individuato alcuni elementi atti a favorire questo processo di trasformazione che individua nella necessità di incrementare i rapporti tra università e mondo dell’impresa. Per fare questo le università devono dotarsi di strategie istituzionali e processi di riorganizzazione interna che  guardino al mondo delle imprese e alla costruzione di un rapporto sinergico.

Obiettivo di questo processo è quello di migliorare il passaggio dalla ricerca di base a quella applicata, per dare vita alla registrazione di brevetti e stimolare l’innovazione: un percorso che in Italia, nonostante una produzione scientifica sopra la media europea, è rallentato dalla mancanza di fondi e da un rapporto pubblico-privato da perfezionare. In questo senso il ruolo dei parchi scientifici tecnologici e la loro relazione con i sistemi regionali dell’innovazione e con le stesse università sembrano andare nella giusta direzione e stanno ricevendo grande attenzione per quanto riguarda la condivisione delle informazioni scientifiche, i canali di comunicazione, gli sviluppi commerciali e la creazione di start up di successo. In questo modo le scoperte scientifiche potrebbero avere una più veloce e concreta applicazione negli ambiti più rilevanti della vita quotidiana. Questo è un aspetto su cui l’Italia deve sicuramente investire, considerando da un lato l’elevata produttività dei nostri ricercatori in rapporto a quella di altri paesi anche molto sviluppati quali Usa, Cina, Giappone, Germania e Francia, al netto di una capacità brevettuale ancora inferiore rispetto a tutti questi.


Anche qui le Università possano avere un ruolo primario, stimolando la contaminazione e l’integrazione tra i saperi, specie nell’ambito delle scienze della vita, e collaborare insieme agli istituti di ricerca per dare vita a percorsi di formazione accademica, industriale e professionalizzante, sul campo. Vanno promossi nuovi dottorati di ricerca che affrontino le grandi sfide della società dove vengano valorizzati approccio interdisciplinare competenze trasversali, e che prevedano sbocchi professionali anche verso attività non accademiche. Occorre, inoltre, finanziare e valorizzare progetti fortemente ancorati a risultati applicabili, “pratici” e misurabili, che riescano a inglobare competenze diverse. Va in questa direzione il corso di laurea MEDTEC, che Humanitas University ha sviluppato insieme al Politecnico di Milano, che vuole potenziare le conoscenze mediche con quelle ingegneristiche per poter guidare l’innovazione della medicina: due discipline che dapprima sembravano sfiorarsi appena e che invece hanno dato vita ad una collaborazione efficace, al punto di riuscire quasi a sovrapporsi in alcuni ambiti specifici.

L’ università deve quindi continuare a rappresentare il santuario della sperimentazione e della riflessione, ma deve farlo rivolgendosi a tutta la società e guardando a tutti gli aspetti della società. Per fare questo dovrà trascendere dalle singole discipline, perché le soluzioni più efficaci e appropriate ai problemi, oggi più di ieri, saranno individuate grazie all’interdisciplinarietà e alla condivisione di saperi.

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Per un nuovo rapporto tra società e scienza



La scienza moderna ha inaugurato un’epoca di sviluppo e benessere, contribuendo in maniera cruciale al progresso delle società avanzate. Di fronte a nuove opportunità di vita e nuove sfide emerge in modo prioritario che le conoscenze scientifiche non restino confinate ai luoghi della ricerca. Ciò risulta tanto più urgente nel campo delle “Scienze della vita”, considerate nelle strategie europee gli elementi fondanti per lo sviluppo di una società sostenibile che guarda alle opportunità nel settore sanitario, chimico, farmaceutico, della scienza biomedica e della tutela dell’ambiente. Le “Scienze della vita” sono quindi un contesto in cui migliorare il trasferimento delle conoscenze equivale non solo ad avere più possibilità di accesso a risorse da destinare alla ricerca e all’innovazione, ma soprattutto a garantire i servizi di cura, prevenzione e riabilitazione per tutta la comunità.


Se le infrastrutture di ricerca rivestono un ruolo chiave nella produzione di risultati scientifici, altrettanto cruciale è il dialogo che saranno in grado di instaurare con la cittadinanza, con il settore privato e con il decisore politico, al fine di garantire un rapporto sinergico che incentivi e supporti il lavoro dei ricercatori  e ne riconosca il valore, in uno scenario più ampio che vede nel benessere delle persone l’obiettivo principale.


Durante la pandemia abbiamo assistito a una sovraesposizione di ricercatori, scienziati e medici che, sa da un lato si auspica possa gettare la basi per una rinnovata attenzione alla cultura scientifica, dall’altra sancisce l’urgenza di ripensare alla costruzione di un dialogo tra mondo scientifico e cittadinanza, basato sulla fiducia e sulla capacità di chi fa ricerca di saper ascoltare le preoccupazioni delle persone e di offrire gli strumenti idonei alla comprensione dei temi dibattuti. Un accesso alle informazioni chiaro e leggibile è condizione necessaria per la costruzione di un rapporto di fiducia tra cittadini e comunità scientifica, che rischia di essere minato dalla spinte antiscientifiche che trovano sempre più spazio tra i molteplici canali di comunicazione a disposizione di ognuno di noi. Occorre dunque interrogarsi sulle possibili leve in grado di stimolare la fiducia nella ricerca: ma come avere fiducia in qualcosa che non si conosce? Come superare l’approccio difensivo di parte della comunità nei confronti della scienza e delle sue scoperte?

Intervista ad Antonio Gaudioso, Cittadinanza Attiva


È opportuno dunque porre le basi per la diffusione di una cultura scientifica, basata sulla condivisone e sul dialogo, che sottenda all’individuazione di strumenti in grado di comunicare con chiarezza e trasparenza le questioni che afferiscono sì alla ricerca scientifica ma che generano importanti ricadute sulla vita e sullo sviluppo della società. È ancora una volta il tema culturale al centro del dibattito, un tema sollevato a più riprese e da più attori, ma forse mai affrontato nella sua complessità e, in qualche modo, sempre rimandato a favore di altre priorità. La cultura scientifica come presidio di pochi deve lasciare spazio a nuove forme di condivisione e diventare un bene comune di cui possano avvalersi tanto gli addetti ai lavori quanto la società civile, in modo da favorire l’integrazione di processi innovativi, e una predisposizione al cambiamento necessaria ad affrontare le sfide della contemporaneità. Avvicinare le nuove generazioni alla cultura scientifica è dunque una sfida chiave per quanti fanno e credono nella ricerca: a partire dunque dal sistema educativo e dal ruolo delle famiglie, fino al settore privato e alla politica, occorre pensare ad un coinvolgimento efficace delle nuove generazioni sui temi della scienza e sulle opportunità che offre il mondo della ricerca.

Intervista ad Gaia Panina, Cittadinanza Attiva, Chief Scientific Officer, Novartis


Se la condivisione della ricerca e in maniera appropriata dei suoi risultati appare lo strumento chiave per instaurare un nuovo dialogo con la cittadinanza, e in modo particolare con le generazioni più giovani, non prevedere alcuna mediazione nella filiera scientifica tra raccolta dei dati e loro diffusione potrebbe generare il rischio che vengano veicolate informazione sbagliate. A partire da questa riflessione si apre la questione della politica dell’Open Access: la diffusione dei dati raccolti e dei risultati delle ricerche scientifiche, in modo che siano accessibili a ogni livello di studio, può contribuire a rinsaldare il legame tra mondo scientifico e mondo civile, anche se non si può prescindere da una riflessione su come garantire un sicuro diritto della privacy. Senza dubbio l’Open Access ha trasformato la ricerca scientifica degli ultimi anni e l’esperienza della pandemia ha dimostrato come la possibilità di accedere e confrontare i dati su scala internazionale abbia sensibilmente velocizzato il progresso della ricerca e la trasformazione della stessa in azioni concrete. Si pensi in questo senso alla pubblicazione del sequenziamento del genoma del virus SARS-CoV-2 e alla velocità con cui è stata individuata la tecnica per la ricerca virale.


Condivisione di risultati e condivisione di piattaforme di dati rappresentano dunque elementi ormai imprescindibili per la ricerca, e supportano una produzione scientifica che ambisce a fornire risposte e strumenti innovativi nell’ottica di garantire, in particolare per quanto riguarda le scienze della vita, il benessere dei cittadini. In che modo, dunque, i risultati di una ricerca si traducono operativamente in qualcosa di tangibile? Come la scienza può concretamente migliorare la vita dei cittadini? È necessario per questo processo dare vita ad un ecosistema sensibile all’innovazione, che sia in grado di supportare il passaggio dalla ricerca di base alla ricerca applicata, che favorisca il dialogo tra aziende ITT, università e centri di ricerca, e che abiliti il trasferimento tecnologico. Sono questi elementi che da un lato richiamano alla necessità di incrementare gli investimenti, dall’altro insistono sul riconoscimento dell’importanza della ricerca scientifica e sull’opportunità di semplificare i processi che regolamentano le questioni più amministrative e legali.


Il paradosso dell’Italia è che a fronte di una ricerca di base di primissimo livello rispetto agli standard europei, in termini di pubblicazioni e di valutazione della ricerca, accusa un ritardo significativo per quanto riguarda la registrazione di brevetti. È il trasferimento tecnologico l’elemento chiave per abilitare questo processo.

Silvano Bosari, Direttore Scientifico, Policlinico di Milano

Il ruolo degli attori sul territorio



Ancora una volta è quindi alla sfera politica e al ruolo delle istituzioni che si guarda, per chiedere che al centro dell’agenda politica trovi spazio la valorizzazione della scienza e dei ricercatori, attraverso, oltre ad un auspicato processo di semplificazione dei regolamenti,  lo stanziamento di risorse in linea con gli altri paesi europei e adeguate al livello dei risultati ambiziosi a cui tendono i nostri centri di ricerca. L’Amministrazione pubblica sembra poter rivestire inoltre un ruolo dalle ampie potenzialità e verso cui ad oggi non sempre si è dimostrata preparata: contribuire alla costruzione di reti sinergiche, anche con il settore privato, e incentivare lo scambio tra i diversi attori, al fine di intercettare i bisogni del territorio e metterli in dialogo con la ricerca.

Intervista a Roberta Guarnieri, Assessora a Turismo, Sport e Qualità di Vita, Comune di Milano


Ricerca e innovazione, in particolare nelle scienze della vita, sono quindi al servizio della salute dei cittadini ma necessitano in primo luogo di nuove strategie comunicative in grado di coniugare aspetti tecnici e dimensione umana, in modo da favorire l’incontro tra la legittima richiesta di chiarezza e trasparenza da parte della cittadinanza e il fondamentale ruolo della scienza per lo sviluppo sociale ed economico del Paese. Contribuire a supportare questo dialogo significa mettere in rete gli attori coinvolti, pubblici e privati, al fine di costruire una knowledge-based society nel quale tutti si riconoscano nel percorso comune del miglioramento della società e guardino alla scienza come un alleato prezioso.

Intervista a Iain Mattaj, Direttore Human Technopole


Assumono in questo senso un ruolo sempre più rilevante le scienze sociali, i cui ricercatori devono essere annoverati tra gli attori da coinvolgere in modo da garantire un approccio integrato e multidisciplinare, da molti è indicato come elemento chiave per la costruzione di una società che riconosce nella scienza un elemento imprescindibile per il proprio sviluppo. Le scienze sociali dunque come sguardo per individuare criticità e punti di forza delle azioni che si intendono compiere, e come strumento per favorire il rapporto con la società, attraverso l’individuazione dei bisogni dei cittadini e di spazi e modalità di coinvolgimento degli stessi.

Intervista a Massimiliano Tarantino, Direttore di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli



Se riporre fiducia nella scienza è un esercizio a cui sono chiamati tutti i cittadini, sarà la comunità della ricerca a dover riconoscere tra le sue priorità la funzione sociale e divulgativa, perché la ricerca scientifica può aprire sì a nuove opportunità di vita per l’uomo, a patto che le conoscenze scientifiche trovino il giusto riconoscimento e spazio in tutti gli ambiti della società. Anche alla luce della recente crisi sanitaria è emersa la necessità di migliorare la comunicazione dei risultati della ricerca scientifica e di valorizzarne il contributo, attraverso lo sviluppo di un ecosistema che sia ricettivo e maturo per accogliere le innovazioni della ricerca e la loro traduzione in pratiche per la collettività. In questo panorama tutte le componenti della società sono chiamate a giocare un ruolo decisivo, a partire dalle università che devono promuovere un continuo scambio cooperativo con gli atenei, a livello nazionale e internazionale, con la società civile e con il settore privato, il cui compito sarà quello di tradurre le enormi potenzialità delle scoperte scientifiche in opportunità per la cittadinanza.  Sarà poi decisivo il ruolo delle istituzioni pubbliche nell’allineare gli interessi della ricerca a quelli più ampi della società, contribuendo da un lato all’identificazione delle sfide connesse al contesto sociale nazionale e dall’altro promuovendo una strategia di supporto alla ricerca che riconosca negli investimenti e nei processi di semplificazione burocratica due fattori imprescindibili. Solo così le innovazioni della ricerca scientifica potranno integrarsi, in un clima di rinnovata fiducia da parte della collettività, al vivere quotidiano e al miglioramento del benessere della società nel suo complesso.

 

 

Proposte di policy specifiche


 

Sostenere la ricerca

  1. Aumentare gli incentivi alla ricerca con azioni mirate tra cui un aumento del credito d’imposta per ricerca, sviluppo e innovazione fino al 50%, almeno per le start-up; finanziamenti agevolati e contributi a fondo perduto. È altresì necessario velocizzare il processo di assegnazione dei finanziamenti previsti dai bandi a livello nazionale. Tutelare il diritto di proprietà intellettuale delle università e non solo dei ricercatori.

Per un nuovo approccio al trasferimento tecnologico

  1. Favorire la creazione di Technology Transfer Office (TTO) nei centri di ricerca per supportare la tutela, la valorizzazione e il trasferimento alle imprese delle invenzioni dei ricercatori. Un TTO incentiva la protezione del know-how e della proprietà intellettuale al fine di favorire la creazione e la diffusione di soluzioni innovative che possano migliorare tangibilmente la qualità di vita dell’intera comunità. Si immagina un ufficio caratterizzato da competenze multidisciplinari, con specifiche capacità al suo interno (funzionali, legali, di comunicazione).

Nuove alleanze, nuovi patti, nuove sinergie

  1. Favorire, anche attraverso il ruolo del TTO, il dialogo tra pubblico e privato, al fine di aumentare il livello competitivo di aziende e centri di ricerca italiani. Stimolare la crescita dei dottorati industriali e snellire le pratiche amministrative per i tirocini nelle aziende e nei centri di ricerca degli studenti universitari.

Giovani e scienza: un rapporto da migliorare

  1. Garantire il diritto allo studio, al fine di coinvolgere il maggior numero di giovani possibile nei diversi percorsi universitari. Secondo l’IRES Piemonte-Osservatorio per il diritto allo studio ogni anno circa 17 mila studenti non beneficiano delle borse di studio pur avendone i requisiti. È necessario inoltre investire nell’orientamento e nell’avvicinamento dei giovani, in particolare delle giovani studentesse, alle scienze dure. In questo senso è opportuno ripensare al ruolo delle famiglie come primo ambiente di socializzazione alla scienza. Promuovere, dunque, un nuovo patto tra scienza e cittadinanza che migliori il livello complessivo di health literacy, per quanto riguarda le scienze della vita, e insista sul valore culturale della scienza per la comunità.

Si ringraziano i partecipanti intervenuti

  • Iain Mattaj, Direttore Human Technopole
  • Marco Montorsi, Rettore Humanitas University e membro del Consiglio Superiore di Sanità
  • Laura Iacovone, Università Statale di Milano
  • Donatella Sciuto, Prorettrice per la Ricerca, Politecnico di Milano
  • Enrico Caiani, Politecnico di Milano
  • Francesco Blasi, Università degli Studi di Milano
  • Silvano Bosari, Direttore Scientifico, Policlinico di Milano
  • Cristina Giacoma, Direttrice Dipartimento Scienze della Vita, Università degli Studi di Torino
  • Alessio Beverina, co-founder e partner di Panakes Partners;
  • Gaia Simonetta Panina, Chief Scientific Officer, Novartis
  • Carlo Mango, Consigliere Delegato di Cariplo Factory e Direttore dell’Area Ricerca Scientifica e Trasferimento Tecnologico di Fondazione Cariplo
  • Antonio Gaudioso, Cittadinanza Attiva
  • Roberta Guainieri, Assessora a Turismo, Sport e Qualità di Vita, Comune di Milano
  • Antonio Paolini, Vice Presidente Cluster Alisei