L’Italia fascista è linguaggio, violenza, idea del corpo, rabbia. Una combinazione di sentimenti e rivendicazioni antidemocratiche che si è formata negli anni dieci, quando l’Italia è andata in Libia; si è consolidata nel 1915, quando il Paese si è interrato nelle trincee; ha trovato espressione nel 1919, quando ne è uscito convinto di essere una potenza incompresa.
Il libro fotografa il fascismo delle origini: ripercorrendo pratiche, culture, immaginari, finisce per chiamare in causa noi stessi e quella galleria di immagini, spesso inconfessate, che ci portiamo dentro.
Siamo stati fascisti: abbiamo subìto e coltivato il fascino per una spiegazione del presente, per un ordinamento del passato e per un’idea di futuro basati sulla sete di riscatto. Siamo stati sedotti da un vocabolario, da un’iconografia, da un modo di fare politica che ha marcato la costruzione di un’identità nazionale.
Prezzo: 16.00 euro
Introduzione
A fine anni Settanta, comparando vari percorsi biografici delle molte figure che compongono la prima stagione del fascismo al potere, Renzo De Felice scriveva che il fascismo del 1922-23 era una giustapposizione di no e di sì a tutta una serie di aspetti della realtà italiana e di valori culturali diversi tra di loro e spesso inconciliabili. Dunque è con la Marcia su Roma e con i suoi effetti da lì a un anno (ovvero con il primo governo Mussolini, che è ancora formalmente un governo di coalizione, prima che si apra ufficialmente a dittatura) che il fascismo diventa regime, nel senso che costruisce un blocco organico e definisce una forza politica che diventa potere soltanto nell’atto di esercitare quel potere.
Siamo stati fascisti prende in seria considerazione questo punto di partenza di una nuova stagione politica e propone di vedere quale sia il laboratorio di quella vicenda, nella convinzione che quel processo si costruisca prima della costituzione del partito fascista e si consolidi prima della “dittatura a viso aperto”. Naturalmente, il movimento fascista nel momento in cui si definisce come partito (novembre 1921) non ha ancora concluso un percorso, ma ha definito un palinsesto culturale, politico e propagandistico destinato a durare. Insomma, il suo immaginario, che lo connota strutturalmente come partito che si fa regime.
Obiettivo di Siamo stati fascisti è ragionare sul processo di costruzione di quell’immaginario, nella convinzione che non avvenga tra gli anni ’20 e gli anni’30, ma che avvenga prima.
Quell’immaginario si costruisce in risposta a un rinnovamento profondo del rapporto tra società e istituzioni. Un primo aspetto di questa trasformazione coincide con la progressiva sfiducia nei confronti della democrazia come luogo e come pratica di cittadinanza. Un secondo elemento, legato a questo, è conseguenza del processo di democratizzazione giunto ad un punto di svolta con la Prima guerra mondiale e con il varo del suffragio universale maschile. Un terzo aspetto è raffigurato dal ruolo di costruzione dell’opinione e del discorso antiparlamentare e antidemocratico che assumono e svolgono le avanguardie artistiche e culturali nell’Italia giolittiana.
Al centro del volume stanno quindi i primi venti anni del ‘900 e soprattutto il secondo decennio, dal bilancio culturale ed emozionale sui cinquant’anni dell’Unità d’Italia (1911) fino al momento in cui è fondato il Partito Nazionale fascista (novembre 1921).
Siamo stati fascisti è un titolo che può ingannare. Non è un bilancio del fascismo dopo il regime. Al contrario, è un tuffo nel percorso di formazione di un processo politico che è indagato nelle sue origini per arrivare fino alle soglie del potere. Il senso del titolo significa: gli italiani hanno avuto, subìto e coltivato il fascino per una spiegazione del presente, per un ordinamento del passato e soprattutto per un’idea di riscatto. Quel fascino e quelle emozioni sono segnati da un vocabolario, da un gergo, ma soprattutto da atti a cui quel gergo ha dato forma. Quel processo si consolida e trova un codice nel momento in cui si fa potere, ma si costruisce prima. Vive di un conflitto tra molte figure che si propongono come rifondazione della politica italiana, percepita come attraversata da una crisi profonda, che di fatto prende corpo con la nascita del Regno unitario, cui solo un radicale rinnovamento e stravolgimento sono in grado di dare nuova forza.
Riflettere oggi su questi significati e su questa storia – ricostruendo le origini di un vocabolario che ha impregnato le retoriche e le pratiche politiche degli italiani – vuol dire analizzare gli atti, le parole, le immagini che hanno marcato l’itinerario (sociale, culturale, politico, emozionale) e il «farsi» di un’identità.