verso About a City 2019
Nel suo libro Il valore delle cose, lo storico francese Yan Thomas ha dimostrato come nel mondo romano il pubblico e il sacro fossero categorie vicinissime, non solo giuridicamente ma anche filosoficamente. Nella città romana le cose pubbliche e le cose sacre erano accomunate dall’essere inalienabili e inappropriabili in quanto destinate agli dèi e all’Urbe. Era solo attraverso la decisione di un pubblico potere che questi beni diventavano eventualmente commerciabili, scambiabili, insomma privati. Nell’Urbe la dimensione del comune precedeva logicamente quella del privato e “inappropriabili” erano gli spazi – piazze, teatri, mercati, etc. – il cui accesso era libero e l’uso comune poiché ciascun individuo vi esercitava un diritto legato all’essere cittadino.
La ricostruzione genealogica di Thomas ci mostra quanto siano l’uso e l’accesso agli spazi a qualificare l’individuo come cittadino, la sua vita come politica. Se guardiamo ai contesti urbani di oggi, invece, notiamo come l’agenda politica sembri guidata dall’assunto della supposta naturalità del mercato, che giustifica i crescenti processi di privatizzazione degli spazi sia fisici sia immateriali della città così che non c’è sfera dell’esistenza – dalle risorse ai servizi passando per le relazioni e gli affetti – che sfugga a tale cattura.
Negli scenari urbani che abbiamo davanti, attraversati da disuguaglianze socioeconomiche crescenti, fratture fisiche e politiche che escludono molti dei suoi abitanti dalla vita pubblica e dal diritto di abitare, la difficoltà di visione dei governi e le tendenza speculative dei mercati finanziari, la parola polis, con le sue promesse e ambizioni, sembra definitivamente smarrita.
La città è oggi più che mai luogo di contesa degli spazi e delle risorse urbane e teatro di controversie materiali e simboliche, che riguardano specificamente il tessuto e lo spazio urbano ma anche i processi socio-politici e le strutture istituzionali e socioeconomiche che li determinano (dalle reazioni a processi di riqualificazione urbana calati dall’alto alle lotte che sostengono il diritto all’abitare, alla mobilità, al lavoro, strettamente legati alla dimensione socioeconomica urbana).
Conflitti che mutano col mutare delle città e le loro trasformazioni e che ne raccontano lo stato di salute, o meglio, di malessere – dal credit-crunch del 2007-2008 legati fondamentalmente alla continua mercificazione della città e allo smantellamento del sistema dello stato sociale.
Il felice paradosso è che proprio nelle città vanno rintracciate quelle pratiche in grado di “favorire la partecipazione consapevole dell’uomo al processo storico e cosmico” – funzione urbana per eccellenza secondo quanto Lewis Mumford in La città nella storia – ampliando il perimetro della cittadinanza, innovando le istituzioni della democrazia rappresentativa in crisi di legittimità e arginando le disuguaglianze socioeconomiche generate dal sistema capitalista odierno.
In continuità con l’indagine sulle forme di ineguaglianza, sulle polarizzazioni socio-spaziali (ciclo di seminari l’Atlante delle città) e sulle diverse voci e bisogni degli attori urbani (l’Adolescenza delle città), la seconda edizione di About a city si concentrerà sulle risposte agli impatti e alle dinamiche escludenti del capitalismo. Si darà spazio alle pratiche portate avanti da cittadini e comunità per rendere le città più inclusive, aperte, luogo di realizzazione dei diritti fondamentali e di redistribuzione delle risorse attraverso un’autentica reinvenzione della cittadinanza.
Per ripensare la condizione urbana (come recita il sottotitolo prescelto per la rassegna), si partirà dalle parole che accompagnano il nostro abitare, fare, creare, desiderare la città: un dizionario minimo di lemmi urbani e storie connesse nel tentativo di considerare le stesse parole da prospettive inedite, metterle in circolo, ri-significarle.
La ridefinizione di questi termini si svilupperà intorno a tre principali assi tematici, pensati come tappe di un percorso continuo che parte dai confini (geografici, spaziali, sociali, amministrativi) quale punto di osservazione privilegiato per analizzare i bisogni di chi in vario modo è ostacolato nel pieno esercizio della cittadinanza e nell’accesso alle opportunità urbane.
Nell’interrogare il rapporto tra i centri e le periferie dei territori che abitiamo (dalle città ai paesi, dai sobborghi alle aree fragili), la rassegna propone di investigare le modalità per trasformare le crepe del capitalismo contemporaneo in frontiere di coesione sociale, accesso alle opportunità di sviluppo territoriale (inclusivo e duraturo) e riconquista dei diritti di cittadinanza.
Non basta tuttavia superare i confini perché si determinino comunità e spazi di vita aperti e condivisi. L’analisi dei beni comuni apre a modalità alternative di gestione della dimensione urbana capaci di rimettere al centro il valore d’uso degli spazi. Si guarderà da questa prospettiva all’idea di progettazione del verde che emerge dal confronto tra esperienze locali di disegno e gestione di spazi comunitari con Nature Based Solutions promosse da ricerche internazionali per definire le condizioni di esistenza dello spazio pubblico.
Ripensare la città attraverso i beni comuni equivale infatti a sostenere la necessità di una dimensione collettiva della cura e della corresponsabilità, facendo della varietà di esperienze di messa in comune degli spazi la base per processi di innovazione non soltanto tecnico-progettuale, ma politico-istituzionale. Innovazione che presuppone creatività e reinvenzione basate sulla conoscenza attenta e aggiornata dei diversi saperi che si riproducono e si scambiano nei contesti urbani, segnandone l’evoluzione, tenendo viva la tensione a rendere i cittadini consapevoli della storia dei territori che scelgono di abitare. Rigenerare i territori equivale a valorizzarli rafforzando – attraverso le risorse umane che li popolano e le competenze di cui sono portatori – la trasmissione di esperienze tra generazioni e gruppi sociali diversi per produrre sviluppo di lungo periodo.
Con questo percorso che toccherà realtà internazionali si tornerà a Milano e a parlare della città con le diverse comunità che la realizzano. Tappa del percorso di ricerca “City-makers. Chi la fa la città?”, con il Comune di Milano, il Forum “Milano città policentrica e dei quartieri” raccoglierà le diverse costellazioni di city-makers milanesi per condividere e confrontare gli approcci che le distinguono, le modalità progettuali con cui conducono le proprie attività e il modo in cui fanno rete nel lavorare con l’educazione, produrre nuove forme di imprenditorialità, garantire l’accesso ai servizi e agli spazi, alimentare la cura del patrimonio urbano e mediare tra le diverse culture della città.
Nell’epoca in cui la globalizzazione, la rivoluzione tecnologica e le diverse crisi (a partire da quella del 2008) hanno fatto dell’incertezza una delle caratteristiche dominanti del nostro tempo, occorre più che mai ricostruire percorsi di ascolto, fiducia e corresponsabilità tra chi abita, governa, sviluppa e attraversa i territori urbani. Perché le crisi – economiche, ambientali, sociali, culturali – non sono separate e non possono che superarsi rimettendo al centro la città come comune sfida politica.