Università degli Studi di Pavia

Resilienza: se dovessimo pensare a un sillabario della crisi, alle parole che più abbiamo sentito, letto e pronunciato in questa prima metà del 2020, resilienza è certamente un sostantivo che è ridondato nelle nostre conversazioni e letture. In Resistenza, fiducia, resilienza: le parole guida ai tempi del corona virus Danilo di Diodoro definisce resilienza come la capacità di un individuo di risollevarsi. Jacopo Pasetti si riferisce alla resilienza degli individui come alla tendenza “di tornare più forti di prima dopo una sconfitta o un infortunio che ti butta giù”. Graziella Roccella titola Ripensare la vita delle comunità locali: la resilienza per affrontare le nuove crisi e concettualizza la resilienza delle comunità come la risposta sistematica alle sfide poste dalle situazioni di crisi. Bernardo Bertoldi e Gianfranco Scalabrini in Resilienza e adattabilità per evolversi declinano il concetto di resilienza a livello aziendale come la capacità delle stesse di riprendere dopo una sollecitazione esterna l’aspetto originale. Gli stessi autori contestano però l’approccio bouncing-back della resilienza, asserendo che le aziende che ostinatamente resteranno come prima cercando di praticare la resilienza come il ritorno allo status pre-crisi, saranno destinate a morire. Sopravvivranno invece quelle organizzazioni che sfrutteranno la crisi per evolvere, mettendo in campo capacità di ricombinazione dinamica per integrare, costruire e riconfigurare competenze interne al fine di far fronte a contesti ambientali altamente dinamici.

Da una prima analisi testuale delle definizioni di resilienza presenti nei tre articoli fra i tanti che, contestualmente alla diffusione della pandemia Covid-19, hanno direttamente affrontato il tema della resilienza, possiamo osservare tre principali criticità o contraddizioni nell’uso della parola stessa: il primo riguarda il livello di analisi.

Resilienza è un sostantivo femminile utilizzato in diversi contesti e aree di ricerca e dunque riferito a individui, comunità, organizzazioni, città, regioni, stati. Nella tecnologia dei materiali, resilienza è l’inverso di fragilità. Secondo l’approccio ingegneristico, per resilienza si intende la resistenza di un materiale alla rottura per sollecitazione dinamica, ma anche la capacità dello stesso di riprendere la sua forma originale dopo essere stato deformato. La resilienza di un individuo invece è la capacità di un uomo di reagire di fronte a un contesto di crisi che può essere rappresentato da un trauma fisico, da un lutto, da una difficoltà lavorativa, ma anche da un cambiamento inaspettato. In psicologia resilienza è la capacità di un individuo di mantenere stabili e sani livelli di funzionamento emotivo e psicologico nonostante stia affrontando traumi o perdite, ma anche l’abilità di riprendersi dalle avversità.

Se invece focalizziamo la nostra attenzione sul concetto di resilienza a livello aziendale, ci riferiamo specificatamente all’abilità di una organizzazione di rispondere velocemente a situazioni avverse, recuperare velocemente l’equilibrio pre-crisi e/o sviluppare nuovi o alternativi modelli di business per rispondere alla situazione di incertezza. Possiamo dunque sintetizzare che resilienza è un sostantivo che le scienze economiche, sociali e psicologiche hanno esportato dall’ingegneria e le scienze fisiche, applicandolo a diversi contesti e livelli di analisi. Sono certamente osservabili elementi di comune interpretazione, se pur resilienza dimostri una sua autonomia semantica, poiché in ogni contesto e per ciascun livello di analisi si declina con sfumature e significati diversi.

Il secondo elemento di criticità risiede proprio nell’interpretazione delle diverse discipline e aree di ricerca, ma anche nelle opposte prospettive che le stesse declinano. Non si tratta dunque soltanto di diversa interpretazione tra contesti e livelli di analisi ma anche nei contesti e livelli di analisi. Resilienza è sia tornare indietro, mantenersi stabili, resistere, ma anche tornare più forti di prima, risollevarsi, rispondere, adattarsi.

 

Partendo dalla interpretazione comune, il concetto di resilienza è generalmente riferito alla abilità di un sistema di resistere e reagire alle difficoltà che possono minacciare la sua stessa sopravvivenza. Resiliente è l’attributo che definisce un individuo/comunità/azienda in grado di affrontare le difficoltà e le incertezze e di reagire, uscendone rafforzato, alle avversità che alterano il suo equilibrio. Resilienza trova l’origine della sua etimologia nel verbo latino resilio, i.e. saltare indietro, retrocedere, contrarsi, rimbalzare. Se pensiamo di visualizzare l’azione di un corpo resiliente, immaginiamo un pendolo perfettamente fermo ed in equilibrio. Ora lanciamo il pendolo smuovendolo dal suo equilibrio. Più il pendolo sarà pesante più la spinta che dovremmo dargli dovrà essere energica e meno oscillerà. Più il pendolo è leggero più basterà sfiorarlo per smuoverlo dal suo equilibrio e più tempo impiegherà per tornare fermo. Questa interpretazione della resilienza vede nell’assorbimento delle forze che alterano l’equilibrio di un corpo la definizione di resilienza: più un corpo possiede elevati livelli di resilienza, più sarà in grado di resistere, mantenersi stabile e tornare allo stato di equilibrio pre-crisi il più velocemente possibile.

Ora invece immaginiamo un materiale malleabile come la plastilina. Cosa avviene se premiamo un dito su un blocco di plastilina? Il materiale non oppone resistenza e si deforma, ma non torna allo stato precedente, anzi si evolve e si adatta alla pressione che abbiamo esercitato, mantenendo la sua nuova forma: si tratta sempre dello stesso blocco ma con una impronta. La plastilina, grazie alla sua elasticità, è in grado di modellarsi, rispondere al trauma e di trovare un suo nuovo equilibrio, diverso dal precedente. Questa interpretazione della resilienza presuppone l’adattamento di un corpo ai traumi che riceve: più un corpo possiede elevati livelli di resilienza, più sarà in grado di adattarsi, sfruttando la flessibilità che gli è propria. Durante la pandemia ci è stato richiesto non solo di assorbire lo shock ma anche di adattarci, sfruttando quella che originariamente è sembrata una minaccia in una opportunità. Grazie alla capacità di ricombinare le nostre risorse, di interpretare le opportunità fornite dal cambiamento, ci siamo evoluti raggiungendo un nuovo equilibrio che – in taluni casi – si è dimostrato migliore di quello di partenza.

Infine, il terzo elemento di criticità è relativo al tempo della resilienza: quando si diventa resilienti? La resilienza si sviluppa prima, durante o dopo un evento critico? Sicuramente non si nasce resilienti, nessun corpo nasce forte o elastico, la resilienza è una proprietà che si sviluppa con il tempo e che richiede alle aziende, come agli individui, alle comunità, di immagazzinare quelle risorse necessarie a fronteggiare la crisi prima dell’arrivo di un evento distruttivo. Possiamo dunque definire la resilienza come un processo di costruzione in divenire, caratterizzato da una fase proattiva pre-crisi, una fase assorbitiva o adattativa durante la crisi e una reattiva dopo la crisi.

Senza dubbio, l’incertezza del mercato che ha caratterizzato l’ultima decade e i disastri ambientali quali alluvioni e terremoti, hanno già da tempo spostato gli obiettivi strategici delle aziende da quella che era una primaria ricerca di profitto a una ricerca di resilienza. La recente pandemia ha di fatto ancor più accentuato il bisogno di resilienza sia a livello aziendale che individuale, in particolare nella figura di coloro che detengono ruoli decisionali e di responsabilità all’interno delle aziende stesse. Fronteggiare una pandemia ha implicato considerare sfide di breve termine, agendo in un contesto socioeconomico in cui né il governo nazionale e le autorità internazionali, né le aziende possedevano alcuna esperienza pregressa. In conclusione, lavorare per costruire resilienza significa approcciarsi al cambiamento in modo proattivo, accumulando risorse e diversificando la tipologia delle stesse per poter essere in grado di rispondere quanto più velocemente possibile alle sfide che – sia a livello ambientale, sociale ed economico – andranno con sempre più frequenza ed intensità a minacciare gli equilibri sia delle organizzazioni che della società nel suo insieme.

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