Il Presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo ha presentato il “Rapporto 2022”, in un periodo storico caratterizzato dalla coda lunga della pandemia, dal prolungarsi del conflitto in Ucraina, dalle conseguenze dell’inflazione, dai sempre più chiari e pressanti impatti dell’emergenza climatica e da disuguaglianze sociali sempre più profonde
Venerdì 8 luglio il presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo ha presentato alla Camera dei Deputati il rapporto Istat per l’anno 2022. Il rapporto evidenzia sia alcuni passi in avanti che sono stati fatti nel nostro Paese, sia molti temi sui quali c’è ancora molto da lavorare. Infatti, lo shock pandemico ha portato a una caduta del PIL che non era così forte dai tempi della Seconda guerra mondiale, seguita da una piccola parentesi di ripresa, che viene definita “rapida e robusta”.
Tuttavia, se già dopo l’estate 2021 si intravedevano alcuni timidi segnali di tensione sul versante economico, la guerra in Ucraina ha portato ulteriori elementi di incertezza e mutamenti nello scacchiere geopolitico internazionale non privi di conseguenze economiche per l’Italia. I dati Istat fotografano dunque la situazione del Paese in divenire, in un periodo fiaccato dalla coda lunga del Covid-19, dal prolungarsi del conflitto, dal prepotente ritorno dell’inflazione e dalla conseguente normalizzazione della politica monetaria decisa a Francoforte dalla Banca centrale europea, dagli effetti sempre più evidenti dell’emergenza climatica e dall’acuirsi costante della disuguaglianza, la quale ha raggiunto livelli insostenibili. Obiettivo di questo contributo è quello di sintetizzare le principali informazioni contenute nel rapporto, mantenendo le suddivisioni tematiche con cui è stato pubblicato.
La pandemia
Era il 21 febbraio 2020 quando a Codogno, piccolo comune nel lodigiano, veniva segnalato il primo caso di Covid-19 in Italia, ricordato come il “Paziente 1”. Dopo più di due anni da quel giorno, che nessuno immaginava avrebbe cambiato così tanto le nostre vite, i dati Istat ci permettono di fare un bilancio delle conseguenze su cittadini e imprese.
I dati ufficiali, che hanno registrato 16 milioni di contagi e oltre 160 mila decessi associati alla diagnosi di infezione da SARS-CoV-2 fra marzo 2020 e aprile 2022, pongono il nostro Paese fra i più colpiti dalla pandemia a livello europeo (insieme alla Spagna). In confronto ai cinque anni pre-pandemia, l’eccesso di mortalità è stato particolarmente elevato nel 2020, ma già meno marcato nel 2021.
Nelle fasi più complicate della pandemia, si registra come l’eccesso di mortalità fosse concentrato soprattutto fra le persone con un basso livello di istruzione e condizioni socio-economiche più svantaggiate: questi dati mettono chiaramente in risalto un aumento della disuguaglianza di mortalità. La campagna vaccinale, che ad aprile 2022 vedeva l’80,1% di italiani vaccinati con ciclo primario, si colloca ai primi posti della graduatoria Ue (dietro soltanto a Portogallo e Malta), e i dati Eurobarometro rimarcano come 9 persone adulte su 10 ritengano assolutamente utile il vaccino nel contenere la diffusione delle complicanze della pandemia.
Dopo gli inevitabili stravolgimenti della vita quotidiana della popolazione a seguito del lockdown, già nel 2021 ci sono stati segnali di ritorno alla normalità pre-covid. Tuttavia, ancora oggi nel giorno medio escono di casa meno persone di due anni fa, e sussistono differenze nelle relazioni sociali. Durante la quarta ondata, oltre metà della popolazione afferma di aver ridotto il numero di incontri con familiari non conviventi o amici. La pratica di attività fisica ha retto nella popolazione adulta ma non fra i più giovani: i dati evidenziano un aumento della sedentarietà nella fascia di età 6-14 anni.
L’abitudine alla lettura, pur presentando un andamento positivo, è rimasta modesta, mentre è cresciuto molto l’utilizzo di dispositivi digitali ed è aumentato l’uso della rete per i fini più disparati. Viceversa, c’è stato un vero e proprio crollo di eventi culturali e di passatempi fuori casa, che solo ultimamente evidenziano un trend in miglioramento.
Il cambiamento demografico
Come anticipato, gli anni pandemici sono stati caratterizzati dall’aumento della mortalità, dal dimezzamento dei matrimoni (soprattutto a causa delle restrizioni) e dalla contrazione dei movimenti migratori. La nuzialità ha evidenziato una timida ripresa (ma non ancora ai livelli pre-covid), e il minor numero di giovani coniugi ha anche avuto un impatto sulla natalità.
Dati alla mano, nel primo trimestre di quest’anno si contano circa 10mila nati in meno rispetto allo stesso periodo del biennio pre-pandemia (2019-2020). A livello europeo, la Spagna evidenzia dati simili mentre Germania e Francia registrano incrementi di natalità anche rispetto al 2019-2020.
Continua e anzi si accentua, visto l’ampliarsi del deficit nascite-decessi e la contrazione del saldo migratorio, la fase di calo della popolazione, che prosegue incessantemente ormai dal 2014. Oggi in Italia risiedono 1 milione e 363mila individui in meno di 8 anni fa, e aumenta sempre di più il numero di anziani rispetto ai giovani.
L’età media materna alla nascita del primo figlio è aumentata di oltre 3 anni rispetto al 1995: un dato che mette l’accento sul rinvio della maternità, ancora più accentuato per l’anno 2021.
Le forme familiari
Negli ultimi 20 anni si sono rilevati forti cambiamenti nelle forme familiari. Se da un lato è aumentato il numero di famiglie tout-court, dall’altro è diminuito il numero medio dei componenti, a causa soprattutto del forte aumento delle famiglie formate da persone che vivono da sole. Se le coppie con figli sono diminuite di 11 punti percentuali negli ultimi 20 anni, anche le coppie coniugate in prime nozze sono diminuite, a vantaggio di più libere unioni. In 20 anni sono quasi raddoppiate le coppie non coniugate, le famiglie ricostituite, i single non vedovi e i monogenitori non vedovi.
Seppure rimangano maggioritarie le coppie in cui i partner hanno lo stesso livello di istruzione, crescono le coppie in cui uno dei due partner supera l’altro. È interessante che, sempre più spesso, la più istruita è la donna, mentre 20 anni fa era vero il contrario, e questo si rileva in tutto il Paese e avrà un impatto sui processi di condivisione delle responsabilità familiari.
Se queste tendenze continuassero, nel 2040 4 famiglie su 10 sarebbero costituite da persone sole (prevalentemente anziani) e nel 2045 le coppie senza figli potrebbero superare numericamente quelle con figli.
L’aumento già in atto del numero di anziani (già oggi tre milioni in più di 20 anni fa) e dei grandi anziani, supportati prevalentemente dalla famiglia, che gioca un ruolo chiave nell’assistenza, lascia aperto l’interrogativo di come l’indebolimento delle reti familiari potrà fare fronte a una domanda di welfare che sarà costantemente in crescita.
Per quanto riguarda i giovani 18-34enni, circa il 70% vive con almeno un genitore, dato ben al di sopra della media europea (50%).
L’immigrazione straniera
Al 1 gennaio 2022 la popolazione straniera in Italia era pari a 5 milioni e 194mila residenti (6 milioni e 800 mila residenti se contiamo anche la popolazione con background migratorio, ovvero anche gli italiani per acquisizione della cittadinanza). Negli ultimi 4 anni c’è stato un rallentamento dell’immigrazione straniera, in larga parte dovuto alla riduzione dei flussi migratori in entrata. Nel 2021 le famiglie con almeno uno straniero erano il 9,5% del totale delle famiglie, per la maggior parte concentrate al Nord.
Tra i cittadini non comunitari c’è stata una netta contrazione dei flussi per motivi di lavoro, una stabilizzazione degli ingressi per ricongiungimenti familiari e un’improvvisa crescita di persone in cerca di protezione internazionale, a causa di crisi politiche e di guerre. In Italia al 1 gennaio 2022 c’erano 236mila ucraini, ai quali all’11 giugno si aggiungono 132mila persone in fuga dal conflitto, in larga parte donne e minori (dati: ministero dell’Interno).
Diversamente dagli italiani, la popolazione straniera ha una struttura giovane: sono 1 milione e 300mila i ragazzi stranieri o italiani per acquisizione della cittadinanza, il 13% del totale della popolazione con meno di 18 anni di età.
Considerati i requisiti previsti dallo Ius scholae, la proposta di accesso alla cittadinanza in discussione in Parlamento, gli aventi diritto sarebbero circa 280mila giovani.
Gli studenti stranieri affrontato un percorso scolastico mediamente più difficile di quello degli italiani, con più alti tassi di ripetenze e abbandoni. Tuttavia, 3 ragazzi su 4 dichiarano di parlare e di leggere molto bene l’italiano: un importante segnale di integrazione.
Pil, domanda estera e debito pubblico
Nonostante le difficoltà e la decelerazione dell’attività economica degli scorsi anni, nel primo trimestre del 2022 il Pil ha recuperato il livello del quarto trimestre del 2019. Anche il commercio con l’estero è stato positivo nel 2021, superando i livelli pre-crisi. Tuttavia, l’aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia iniziato nella seconda parte del 2021 ha portato a un deterioramento dei saldi commerciali, divenuti negativi. Infatti, nei primi quattro mesi di quest’anno le esportazioni sono aumentate del 20,7% a fronte di un aumento delle importazioni di oltre il 40%.
Dopo la crescita del deficit e del debito nell’anno pandemico, nel 2021 la situazione è migliorata e c’è stato un miglioramento del rapporto debito/Pil. Tuttavia, l’indebitamento resta elevato e l’Italia rimane molto vulnerabile al rialzo sui tassi dei titoli di stato e alle turbolenze sui mercati finanziari internazionali.
Prosegue nella seconda parte