Crescono i lavoratori precari, cala il salario medio, le ore lavorate per persona rimangono tra le più alte d’Europa – ogni italiano lavora in media 382 ore all’anno in più rispetto al lavoratore medio tedesco, mentre sale la disoccupazione (la rivendicazione “lavorare meno, lavorare tutti” ribaltata nel suo distopico opposto); nello stesso periodo, cala la tassazione alle imprese: dal 2002 al 2017 è passata da una media del 40,3% al 27,8%, e l’economia cresce sempre meno (quando cresce), mentre aumentano in maniera drastica disuguaglianze e povertà (quasi 9 italiani su 100 versano oggi in condizioni di povertà assoluta). Sbilanciamoci! mette in fila una serie di grafici di immediata comprensione che tracciano un quadro desolante per il nostro Paese. Nel farlo, sfata anche alcuni miti che ancora dominano il nostro dibattito pubblico: non è vero che siamo spendaccioni, non è vero che il nostro welfare è insostenibile, non è vero che la nostra pubblica amministrazione è ipertrofica, non è vero che l’austerità riduce il debito pubblico: lo aumenta. Le uniche note timidamente positive riguardano raccolta differenziata e energie rinnovabili, ma non per questo si delinea un netto miglioramento delle condizioni ambientali: al contrario, il sottofinanziamento dei trasporti pubblici ha reso sempre più indispensabile l’utilizzo delle automobili personali, in forte crescita.
In quasi tutti gli indicatori, il paragone con gli altri Paesi europei è impietoso, eccezion fatta per gli altri Stati della periferia mediterranea, che ci fanno compagnia in questa divergenza di lungo corso dai Paesi centrali dell’Unione, che hanno fatto degli investimenti in ricerca e sviluppo, formazione e innovazione la loro carta vincente, sfruttando fino in fondo i margini che il quadro normativo comunitario lascia alla politica industriale.