L’80% della popolazione mondiale vive in paesi in via di sviluppo, spesso in condizioni terribili. Quasi due miliardi e mezzo di persone vivono con meno di due dollari al giorno, più di un miliardo non ha accesso all’elettricità nè ai servizi igienici. Alcuni problemi per cui sembrano esserci delle soluzioni semplici e già disponibili continuano, invece, a creare molti danni: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il 22% delle morti infantili è riconducibile all’inquinamento dell’aria all’interno degli edifici, dovuto all’utilizzo di metodi di cottura tradizionali. Si stima, inoltre, che la scarsa igiene sia la causa, ogni anno, di circa 280.000 morti per diarrea.
Una delle principali sfide per lo sviluppo economico e sociale di queste popolazioni è rappresentata dal fatto che già esistono tecnologie in grado di risolvere molti problemi, in quanto sono efficaci, poco costose e subito disponibili, ma spesso non sono adottate o usate dai cittadini dei paesi più poveri: zanzariere trattate con insetticida, bagni e stufe più efficienti, servizi finanziari per persone indigenti e altri comportamenti che migliorano la produttività economica trovano però una scarsa adozione nei paesi in via di sviluppo (pvs). Questo mio intervento descrive i risultati di una ricerca che esplora i diversi aspetti del perché esistono questi problemi di commercializzazione e le loro conseguenze sullo sviluppo. La ricerca, in particolare, analizza le cause di ordine comportamentale e economico, attraverso una serie di esperimenti su larga scala in Asia meridionale e in Africa. In particolare, abbiamo cercato di capire come vendere nuovi prodotti e tecnologie ai paesi in via di sviluppo, applicando variazioni casuali delle strategie di marketing a diversi villaggi: ad esempio, in alcuni si è proposto dei sussidi, in altri delle campagne informative, o in altri ancora delle strategie di marketing costruite in modo diverso a seconda che fossero indirizzate a un uomo o a una donna.
Molti dei paesi in questione hanno una rapida crescita sia in termini economici che di popolazione: tra i paesi in cui è stata condotta la ricerca, India, Brasile, Bangladesh e Indonesia hanno tutti insieme una popolazione di quasi due miliardi di persone, e le loro economie crescono mediamente di più del 6% all’anno. Queste economie possono quindi rappresentare dei nuovi mercati molto promettenti per le aziende italiane: anche da questo punto di vista, è interessare capire come creare delle strategie di marketing più efficaci per queste popolazioni.
Una prima parte di questa ricerca si è concentrata sulla commercializzazione di stufe più efficienti rispetto a quelle tradizionali. Questa ricerca in particolare ci è servita a capire quali dinamiche regolano le preferenze degli individui all’interno di una famiglia. Abbiamo provato a vendere due tipi di stufe nelle campagne del Bangladesh: un tipo principalmente migliorava la salute di chi cucinava, quindi, in sostanza, delle donne; la seconda, invece, riduceva i consumi di energia. Le abbiamo provate a vendere a turno a uomini o donne, sia in modo gratuito che applicando un prezzo. I risultati ci hanno dato una chiave di lettura sull’interazione tra un marketing orientato al genere e le variazioni di prezzo: mentre le donne hanno espresso una maggiore preferenza per stufe che miglioravano la loro salute quando tali tecnologie erano offerte in modo gratuito, al contrario, quando veniva applicato un prezzo, non erano capaci di esprimere una preferenza, poiché non avevano l’autorità per prendere decisioni di tipo finanziario. In altre parole, la persona all’interno della famiglia che soffre maggiormente le conseguenze sulla salute, e quindi vuole comprare la tecnologia più pulita, non ha il potere di effettuare decisioni di spesa. Chi, invece, controlla le risorse finanziarie all’interno della famiglia non ha esperienza diretta degli effetti negativi sulla salute e dunque non vedeva in questa tecnologia un valore aggiunto tale per cui valeva la pena investire delle risorse economiche.
Sulla base di questi risultati, la ricerca suggerisce che per far sì che le esigenze di salute delle donne siano incorporate nelle decisioni di spesa è necessario includere tali esigenze all’interno di quelle dei capifamiglia. Ad esempio, al momento esistono delle tecnologie sul mercato che generano una piccola quantità di elettricità nel mentre cuociono i cibi. Aggiungere un carica batterie USB per cellulari (che è un valore aggiunto per i capofamiglia, più della riduzione dell’inquinamento domestico) può essere un buon veicolo per vendere stufe che migliorino anche la salute delle donne.
Una seconda parte della ricerca ha cercato di capire le interazioni tra vincoli all’interno delle comunità e decisioni di acquisto. Gli indiani, ad esempio, hanno più cellulari che servizi sanitari. Questo pone un grande interrogativo, dal punto di vista commerciale, sul perché il cellulare abbia un valore maggiore rispetto al continuare a fare i propri bisogni all’aperto. A differenza delle stufe, le decisioni se possedere o meno dei servizi igienici non dipendono solo dalle dinamiche interne ad una famiglia, ma sembrano essere collegate a quelle tra le diverse famiglie all’interno di una stessa comunità. L’utilizzo di servizi igienici privati genera dei grandi benefici positivi per l’intera comunità: un contenimento sicuro delle feci riduce il rischio della trasmissione di malattie ai vicini. Tuttavia, questi investimenti devono essere fatti dalla maggior parte delle famiglie della comunità, poiché se coloro che investono in servizi igienici privati sono troppo pochi non riescono a vederne i benefici: poiché l’ambiente circostante rimane insalubre, i membri di una famiglia potrebbero ammalarsi comunque, sia che abbiano investito in servizi igienici puliti o no.
In un esperimento su grande scala in Bangladesh abbiamo cambiato in maniera casuale la proporzione di famiglie all’interno di ogni comunità che poteva usufruire di un sussidio per investire in servizi igienici privati. Abbiamo scoperto che una famiglia è molto più propensa a investire in un proprio servizio igienico, anche pagandolo a prezzo pieno, se un numero significativo di vicini riceve degli sconti sull’acquisto di servizi igienici. Questo tipo di processo decisionale, così interconnesso all’interno della comunità, ha quindi delle specifiche implicazioni riguardo l’adozione di strategie di promozione nell’acquisto di latrine. Gli interventi di commercializzazione saranno dunque più efficienti se riescono ad avere come target l’intera rete di relazioni all’interno della comunità, o se riescono a indurre investimenti congiunti da parte di tutta la comunità.
Il risultato di questo secondo tipo di esperimenti è stato quindi che gli interventi che risultano più efficaci sono quelli che combinano il coinvolgimento di tutta la comunità, rispetto a quelli che proponevano degli sconti a tutti, poiché abbassano la percentuale di defecazione in luoghi pubblici dal 40 al 21%. Al momento stiamo usando questi risultati per aiutare la Banca Mondiale e grandi ong (come Wateraid e BRAC) nei loro programmi di sanitarizzazione di massa. Alcuni, tuttavia, sollevano problemi su questo approccio, poiché ritengono che i sussidi causino dipendenza e dunque creino delle distorsioni nel mercato. I modelli dei nostri esperimenti, tuttavia, riescono a coordinare meglio i sussidi per le persone più indigenti, riducendo la distorsione. Il nuovo Primo Ministro indiano ha fatto dell’eliminazione della defecazione all’aperto uno delle sue missioni principali, sia durante la campagna elettorale che nel suo discorso di insediamento, proprio quando anche noi iniziavamo a divulgare questi risultati dal Bangladesh. Al momento stiamo collaborando con varie organizzazioni anche in India per replicare e ampliare queste strategie vincenti.
Mushfiq Mobarak
Professore associato di economia alla Yale School of Management
Approfondimenti
Mushfiq Mobarak è stato Keynote Speaker al II Colloquio Internazionale di Laboratorio Expo (Milano, 5 dicembre 2014).
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