Le scelte prevalenti di politica economica, basate sulla teoria dominante e promosse dalle grandi istituzioni internazionali, hanno dato forma al sistema della globalizzazione capitalistica, condizionando culture politiche e mentalità collettive al punto da disincentivare ogni tentativo di cercare una possibile alternativa. Pensare un’alternativa è invece il primo passo per realizzarla: su questo tema cruciale la Fondazione Feltrinelli ha organizzato per il 19 dicembre prossimo un confronto tra Olivier Blanchard ed Emiliano Brancaccio.
Si parlerà dei grandi temi della politica economica internazionale, dall’instabilità dei mercati, al ritorno in auge dei protezionismi, alla crescita delle disuguaglianze. Ma il dibattito si concentrerà anche sul caso italiano, e sulla disputa con l’Unione europea in tema di regole di bilancio.
Le scelte prevalenti di politica economica, basate sulla teoria dominante e promosse dalle grandi istituzioni internazionali, hanno dato forma al sistema della globalizzazione capitalistica, condizionando culture politiche e mentalità collettive al punto da disincentivare ogni tentativo di cercare una possibile alternativa. Pensare un’alternativa è invece il primo passo per realizzarla: su questo tema cruciale la Fondazione Feltrinelli ha organizzato per il 19 dicembre prossimo un confronto tra Olivier Blanchard ed Emiliano Brancaccio.
Olivier Blanchard è uno dei più noti, citati e influenti economisti al mondo. Professore emerito al MIT di Boston ed ex direttore del dipartimento ricerca del Fondo Monetario Internazionale, ha pubblicato numerosissimi contributi di frontiera alla ricerca economica contemporanea ed è inoltre autore di “Macroeconomics”, uno dei libri di testo più diffusi nelle università dei cinque continenti. Il manuale di Blanchard rappresenta l’esposizione didattica più avanzata della teoria economica “mainstream”, ossia l’approccio teorico al quale solitamente si fa riferimento per giustificare le politiche prevalenti. In effetti, Blanchard è stato per lungo tempo un sostenitore delle virtù autoregolatrici del libero mercato e ha spesso difeso le politiche di austerity e di contenimento dei salari. Anche dopo la grande crisi del 2008 egli ha difeso queste ricette applicate alla Grecia e agli altri paesi debitori.
Ambrogio Lorenzetti, The Allegory of Good Government, Palazzo Publico, Siena.
Negli anni più recenti, però, Blanchard è stato tra i principali esponenti dell’approccio mainstream ad averne riconosciuto i limiti e ad avere proposto dei perfezionamenti. Come capo economista del Fondo Monetario Internazionale ha ammesso l’incapacità dell’istituzione di comprendere la gravità della crisi, e come studioso ha proposto vari cambiamenti alla teoria e nella politica economica dominante, con l’obiettivo dichiarato di cercare di rendere l’analisi tradizionale neoclassica meno astratta e più aderente al complesso funzionamento del capitalismo contemporaneo. A Milano l’economista francese giunge ipotizzando addirittura delle “rivoluzioni” nella politica economica del futuro: le prossime crisi potrebbero costringere i governi a intervenire più attivamente per salvaguardare l’occupazione, i redditi e la stessa stabilità sociale.
Questo non fa che sottolineare l’immediato riscontro che la teoria economica trova nella concretezza degli indirizzi politici: in una formulazione di Giorgio Lunghini, come di consueto particolarmente efficace, “sotto qualsiasi decisione di politica economica, au fond, c’è una qualche teoria economica, che il decisore magari ha rimosso o addirittura ignora; ma al fondo c’è la visione che questi coltiva o depreca circa il ruolo dello Stato nell’economia e nella società”. Per fare un solo esempio di questo stretto legame tra teoria economica e prassi politica, la risposta alla crisi globale si è concentrata in Europa, oltre che sui tagli ai bilanci pubblici, sulla politica monetaria: il quantitative easing di Mario Draghi è una plastica trasposizione della fiducia nella possibilità che affidarsi alle manovre della banca centrale sul tasso d’interesse possa garantire la convergenza del sistema economico verso l’equilibrio naturale postulato dalla teoria mainstream.
Sarà sufficiente il cambio di visione evocato da uno dei massimi esponenti della dottrina dominante? Il confronto proposto dalla Fondazione ci aiuterà a capirlo. A discutere con Blanchard sarà infatti Emiliano Brancaccio, economista dell’Università del Sannio, promotore qualche anno fa del “monito degli economisti” contro le politiche europee di austerity pubblicato sul Financial Times e soprattutto autore di “Anti-Blanchard Macroeconomics”, un manuale critico verso l’approccio dell’ex capo FMI. Brancaccio ha lungamente evidenziato le contraddizioni delle teorie e delle politiche economiche prevalenti, dalla mancata previsione delle crisi all’incapacità di rimediare ad esse. Le crisi, nella teoria mainstream, sono il risultato di shock esogeni, di fenomeni esterni al normale funzionamento del sistema economico: quest’ultimo tende infatti verso quell’equilibrio naturale – indipendente dalla domanda effettiva o dal conflitto distributivo – la cui esistenza stessa è messa in dubbio dalle scuole di pensiero non ortodosse, le quali vedono nella crisi un dato fisiologico del sistema, non patologico.
Oggetto della discussione saranno quindi i grandi temi della politica economica internazionale, dall’instabilità dei mercati, al ritorno in auge dei protezionismi, alla crescita delle disuguaglianze. Ma il dibattito si concentrerà anche sul caso italiano, e sulla disputa con l’Unione europea in tema di regole di bilancio. Blanchard, a questo riguardo, è intervenuto pochi giorni fa sostenendo che la manovra economica dell’Italia, anziché favorire l’espansione come annunciato dal governo, potrebbe alimentare l’aumento dei tassi d’interesse e accentuare così la tendenza verso la recessione. Brancaccio, per parte sua, ha sostenuto che negli anni passati le regole di bilancio europee sono state violate in modo sistematico e che risultano palesemente inadeguate a fronteggiare le prossime crisi.
In un suo endorsement al libro di Brancaccio, Olivier Blanchard ha recentemente dichiarato che la crisi dovrebbe forzare gli economisti a mettere in discussione molte delle loro vecchie convinzioni: “se possiamo aspettarci che l’economia sia in grado di risollevarsi in modo automatico, se gli effetti negativi delle recessioni sono permanenti, se le manovre sul tasso di interesse sono un efficace strumento di politica monetaria sono questioni essenzialmente aperte”. Per questo vale la pena di discutere, confrontarsi, pensare delle alternative: la Fondazione intende proseguire questa ricerca nel corso di tutta la stagione, e lo farà anche con giovani attivisti e ricercatori, chiamati a portare il loro contributo e a confrontarsi con studiosi e protagonisti della politica internazionale in occasione del FeltrinelliCamp 2019 – Rethinking Capitalism: from Globalization to Humanization.