Come è possibile sfruttare le opportunità offerte dai fondi europei di Next Gen Eu e ottenere il massimo dal budget 2021-2027 dell’Unione EU per metter mano alle debolezze strutturali della nostra economia? Puntare alla decarbonizzazione, in linea con le richieste europee, sarebbe un costo per il sistema o un motore di sviluppo per far riprendere l’economia italiana dalla crisi e prepararla a rispondere a futuri shock?

A queste domande fondamentali ha provato a rispondere il report Ossigeno per la crescita. La decarbonizzazione al centro della strategia economica Post-COVID, che illustra in una sezione macroeconomica ed in 11 capitoli settoriali come gli investimenti in decarbonizzazione siano la chiave per la ripresa economica post-Covid. Il report dimostra in maniera sistemica come la decarbonizzazione offra un’opportunità di rinnovamento del sistema produttivo italiano tale da recuperare gli impatti della crisi e superare lo stallo dell’economia nazionale pre-Covid

Le risorse europee a vario titolo valutate complessivamente in circa 400 miliardi di cui 209 miliardi dal piano Next Gen EU, permetteranno di innescare un livello di crescita e di nuova occupazione offrendo la possibilità di mettere mano alle disuguaglianze che hanno colpito soprattutto i giovani e le famiglie monoreddito e che ora emergono acuite con la crisi Covid e allo stesso tempo indirizzare la crisi climatica, come richiesto dalla UE e dall’Accordo di Parigi. Le risorse daranno lo sviluppo sperato a patto, però, che si scelga un percorso specifico scommettendo nella decarbonizzazione, superando le fragilità del nostro sistema decisionale e tracciando una strategia coerente e solida nel tempo, capace di innescare l’effetto moltiplicativo degli investimenti privati.

Per capire gli impatti delle diverse traiettorie, lo studio individua due scenari di ripresa partendo dai dati macroeconomici 2020 (caduta del PIL dell’8,4%, crollo degli investimenti al 16% del PIL, rapporto debito pubblico/PIL arriva vicino al 160% e crollo occupazionale.

  • Lo scenario virtuoso vede una capacità di spesa per almeno l’80% delle risorse EU e grazie alla coerenza delle policy sulla decarbonizzazione, è in grado di attivare gli investimenti privati nei settori chiave dell’innovazione tecnologica. L’impatto economico è imponente, con un tasso di crescita medio annuo che potrebbe mantenersi vicino al 5 % per qualche anno per scendere al 3,5% nel medio termine e convergere nel lungo termine su livelli vicini al 2%. Tale traiettoria è in grado di sostenere la transizione energetica, e generare le condizioni per il rientro del debito. Il buon utilizzo dei fondi comunitari aumenterebbe il Pil del 30% entro il 2030 e il tasso di occupazione dell’11%, con un forte miglioramento delle opportunità per i più giovani
  • Nello scenario conservativo si riesce a spendere solo parte delle risorse EU, il 50%, in un contesto di riluttanza del settore privato all’innovazione a fronte di una policy per la decarbonizzazione incerta. Il risultato è un rimbalzo del PIL parziale: solo nel 2024 si riesce a tornare ai livelli del 2019 e raggiungere solo nel 2030 i livelli pre-crisi 2008. Il tasso di crescita converge poco sopra l’1% nel lungo periodo, Il rapporto debito Pil non recupera ancora al 2030 i livelli pre crisi Covid rimanendo superiore al 140%. Alla fine del decennio il nostro tasso di occupazione sarebbe ancora lontano dalla media europea.

Più difficile far rientrare il rapporto debito/PIL, sebbene si potrebbe rientrare ai livelli pre-covid prima del 2030, non si riuscirebbe a raggiungere i livelli pre-crisi finanziaria del 2008. Dal punto di vista degli investimenti, la riduzione del grado d’incertezza delle politiche sulla decarbonizzazione riuscirebbe ad attivare un volume significativo d’investimenti privati, altrimenti strutturalmente frenati non solo dalle problematiche di liquidità a seguito del lockdown, ma anche dall’incertezza sulla direzione della politica economica e in particolare delle scelte per la transizione energetica.

Nell’analisi degli investimenti con impatti positivi emerge chiaramente il ruolo chiave delle risorse pubbliche nel gestire i rischi connessi all’innovazione. Il passaggio importante è investire le risorse EU in nuove tecnologie percepite ad alto rischio per il settore privato e in R&D, come fatto negli USA post crisi 2008, cercando di fondare la ripresa economica su settori industriali che porteranno ad una sostenuta crescita nei prossimi decenni. Questo può esser fatto solo con il supporto di una policy determinata sull’obiettivo di decarbonizzazione. Nell’Europa post Covid, investimenti ed impresa diventano il centro delle politiche climatiche. Le politiche dovranno convergere su questo obiettivo e l’impresa non dovrà indugiare in scelte tecnologiche ambigue, che comprendano ancora l’impiego di combustibili fossili, nel percorso di decarbonizzazione.

Nel documento si specificano inoltre cinque aree di riforme chiave necessarie per un piano sistemico di decarbonizzazione che sappia rilanciare l’economia:

  1. La fiscalità (fiscalità energetica con l’introduzione di un prezzo minimo del carbonio a parità di gettito, eliminazione dei sussidi ambientalmente dannosi, e delle ambiguità nei meccanismi d’incentivazione rispetto agliobiettivi di decarbonizzazione, bonus auto ed efficienza energetica);
  2. Finanza sostenibile (coincidenza della tassonomia verde per indirizzare risorse pubbliche ed investimenti privati, emissione green bond);
  3. Economia circolare (sostegno alle PMI, meccanismi di promozione ai beni circolari, ecobonus legato a materiali riciclati, sostegno finanziario a imprese e start-up circular, strategia di supporto favorendo la misurazione, la rendicontazione e la formazione in economia circolare)
  4. Domanda Pubblica (potenziare la domanda di prodotti e servizi per la decarbonizzazione con il Green Public Procurement e l’adozione di Criteri ambientali minimi per tutti gli acquisti della PA);
  5. Lavoro (formazione di nuove professioni, contrattazione collettiva a supporto della transizione energetica e ambientale, creazione di posti di lavoro pubblici green).

Le riforme in questi settori appaiono necessarie a sostegno di una strategia coerente con gli obiettivi di decarbonizzaizone, prerequisito per attivare la leva degli investimenti privati nell’innovazione e fare ricadere il sistema nello scenario definito virtuoso nel report. In sostanza se si vuole sfruttare la leva dei fondi EU, non si può prescindere da un’innovazione nelle politiche e nei processi decisionali.

Numerose infine le proposte che emergono dai settori analizzati: industria, efficienza energetica, mercato elettrico, trasporti, cibo ed adattamento di cui seguono alcune indicazioni.
Nel settore industriale emerge la necessità di impegnare le risorse europee in tecnologie per la decarbonizzazione in almeno tre settori dell’industria pesante chiave dell’economia nazionale (ferro e acciaio, chimica, minerali non metallici) che sono responsabili di quasi il 50% dei consumi finali di energia e del 70% delle emissioni di gas serra dell’intera industria. È necessaria una strategia per il settore degli accumuli elettrochimici e dell’idrogeno verde, in chiave di industrializzazione in tutti i segmenti della filiera tecnologica e con l’obiettivo di supportare l’impresa italiana in maniera adeguata nell’ambito delle strategie europee sulle specifiche tecnologie, oramai sempre più parte costitutiva delle policy.

Nel settore elettrico è prioritario sbloccare il processo autorizzativo per le fonti rinnovabili, pilastro della decarbonizzazione e portare avanti una riforma del mercato che risulti funzionale allo sviluppo delle rinnovabili in sostituzione delle fossili, favorire la produzione di moduli fotovoltaici nazionali, avere una strategia per gli accumuli assicurando strumenti per lo sfruttamento dei potenziali idroelettrici ed affiancando l’integrazione nei mercati degli impianti di accumulo elettrochimici servono quindi strumenti per il sostegno degli investimenti in idrogeno verde.

Il settore trasporti rimane uno dei più critici, essendo uno dei più impattanti da un punto di vista delle emissioni e uno dei più difficili da riformare a causa della forte dipendenza dal trasporto privato. Il report consiglia di concentrare gli incentivi per il rinnovo del parco autovetture sulle sole tipologie elettriche, identificando e focalizzando le policy sui potenziali già disponibili, quali la conversione delle flotte aziendali, i, sviluppare i servizi di trasporto passeggeri ferroviari, in un contesto di liberalizzazione che ne incrementi l’attrattività nei confronti dell’utenza e sostenere la mobilità non motorizzata, in particolare sviluppando largamente il sistema degli itinerari protetti ciclabili di livello urbano e suburbano.

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