di Ivana Pais

Il discorso pubblico, la ricerca accademica e l’attività sindacale relativi al lavoro di piattaforma negli ultimi anni hanno concentrato la propria attenzione quasi esclusivamente sulla figura dei rider. Fuori dai riflettori, però, si sono diffuse piattaforme che intermediano ogni tipo di servizio, coinvolgendo lavoratori che operano nei settori più vari. La ricerca WePlat (Welfare systems in the age of platforms, www.weplat.it) sta studiando una parte di questo universo: i servizi alla persona mediati attraverso piattaforma digitale nei settori della salute fisica e mentale, dell’assistenza sociosanitaria e dell’educazione e cura dell’infanzia. I professionisti coinvolti sono medici, psicologi e psicoterapeuti, educatori, badanti, baby-sitter ecc.

In queste attività, il modello di piattaforma, oltre a facilitare l’incontro tra domanda e offerta, può definire l’organizzazione del lavoro e veicolare la relazione tra professionista e cliente anche attraverso canali digitali.

Durante la ricerca, abbiamo mappato 127 piattaforme che presentano alcuni tratti peculiari: sono state fondate in larga maggioranza in Italia (solo 11 piattaforme hanno casa madre all’estero), raramente occupano posizioni di monopolio o oligopolio, e spesso intermediano il lavoro di operatori tramite contratti di lavoro regolare.

Le piattaforme che abbiamo individuato possono essere ricondotte a tre gruppi: piattaforme di welfare aziendale, con accesso chiuso ai soli dipendenti di aziende che hanno stipulato una convenzione con il relativo provider di servizi; piattaforme di welfare territoriale, a cui accedono utenti dei servizi sociali oppure cittadini che usufruiscono a pagamento di servizi erogati da enti del terzo settore accreditati dall’amministrazione locale; piattaforme di welfare digitale che offrono ai cittadini un servizio on-demand, spesso erogato direttamente online. Il seminario organizzato il 17 maggio presso Fondazione Feltrinelli si prospetta di analizzare i diversi modelli, attraverso il coinvolgimento dei manager di alcune di queste piattaforme.

Rispetto alle piattaforme di welfare aziendale, l’obiettivo è riflettere sui vincoli normativi e organizzativi che stanno ostacolando la fruizione di servizi alla persona attraverso i piani di welfare offerti dalle aziende. Bisogna prima di tutto esaminare il ruolo del provider dei servizi di welfare non solo per la gestione amministrativa o per le attività di matching tra domanda e offerta, ma nel facilitare l’analisi dei bisogni e dei desideri dei lavoratori e delle loro famiglie. In questo senso, l’incontro si interrogherà sul ruolo del welfare aziendale rispetto al sistema di aspettative che i lavoratori – e in particolare i giovani – attribuiscono al lavoro e alle organizzazioni per cui lavorano, anche a seguito delle trasformazioni intervenute nel periodo pandemico.

In secondo luogo, il dialogo tra i referenti delle piattaforme di welfare territoriale è utile per analizzare il rapporto tra piattaforma digitale e disuguaglianze territoriali nell’offerta dei servizi, con particolare attenzione alle aree interne. Si rifletterà sulle modalità per scalare servizi che mantengono un forte radicamento locale. L’obiettivo è individuare le possibili logiche di integrazione tra servizio pubblico locale, offerta privata e terzo settore, anche alla luce dei diversi profili dei clienti, in termini di competenze e di bisogni. Se negli Stati Uniti si discute di platform cooperativism, con startup che copiano l’infrastruttura digitale delle piattaforme e provano a innestare una governance cooperativa, in Italia è più interessante riflettere sulle modalità di funzionamento di cooperative che decidono di implementare piattaforme digitali.

Infine, i manager delle piattaforme di welfare digitale alimenteranno il confronto sugli elementi distintivi del modello piattaforma, dall’implementazione di forme di management algoritmico al ruolo dei sistemi reputazionali, fino alle condizioni contrattuali applicate ai lavoratori. Per i servizi erogati direttamente online, un punto cruciale riguarda la costruzione di una relazione di servizio – in particolare, di tipo terapeutico – in un setting digitale. Se ne analizzeranno le implicazioni e le sfide. Inoltre, le piattaforme stanno trasformando anche le modalità di esercizio di alcune professioni, segnando il passaggio da modelli basati su lavoratori autonomi o piccoli studi professionali a grandi organizzazioni di piattaforma che introducono anche logiche gerarchiche. Le piattaforme vanno quindi collocate all’interno dei propri ecosistemi, per analizzare i rapporti con i finanziatori, con le altre imprese, con le istituzioni e con gli altri stakeholder.

Con riferimento ai tre modelli, si cercherà quindi di comprendere e analizzare il ruolo dei diversi attori coinvolti. Rispetto agli operatori, il lavoro di piattaforma aumenta le opportunità di lavoro? Migliora o peggiora le condizioni di lavoro? Rafforza o meno la stratificazione sociale interna alle professioni? Come cambia i processi di costruzione dell’identità professionale e la coltivazione delle comunità di pratiche? Quali sono i bisogni e i desideri dei lavoratori e quali le tutele di cui possono disporre? Esistono forme di rappresentanza degli interessi?

Per gli utenti/clienti, il modello piattaforma favorisce l’accesso ai servizi o rafforza i divari tra individui e tra territori? Richiede l’acquisizione di nuove competenze? Facilita la costruzione di nuove relazioni tra pari e la costruzione di nuove comunità? Abilita l’inclusione del cliente nella progettazione del servizio? Può creare nuovi rischi, per esempio in termini di tutela della privacy o di protezione dei dati personali?

Per rispondere a queste domande, il seminario alterna vari momenti. Per cominciare, la presentazione dei risultati di ricerca, il confronto tra i manager coinvolti nei panel e il dialogo con i partecipanti permetteranno di riflettere su queste questioni e di individuare nuove domande di ricerca. In aggiunta, si cercherà di stimolare il confronto tra i manager delle piattaforme attraverso una sessione di co-design, per analizzare le possibili traiettorie per lo sviluppo sostenibile delle piattaforme di welfare in Italia. A conclusione dei lavori, Claire Marzo – docente di diritto pubblico all’Université Paris-Est Créteil e coordinatrice del progetto CEPASSOC – terrà una lecture aperta sulla protezione sociale dei lavoratori di piattaforma.


Leggi gli approfondimenti di Angela Correra ed Elisabetta Picariello
Corso di laurea, Comunicazione per l’impresa, i media e le organizzazioni complesse – CIMO dell’Università Cattolica.

 

 

 

 

Nel contesto delle piattaforme di welfare digitale, abbiamo dialogato con quattro piattaforme: Badacare, Doctorium, Parentsmile e Unobravo.

Nel descrivere il modello organizzativo, le parole chiave che ricorrono sono: aperto, lean, ibrido.

A differenza del modello Uber, che è considerato paradigmatico dell’organizzazione del lavoro in piattaforma, queste aziende prevedono livelli organizzativi e ruoli di coordinamento, soprattutto quando raggiungono un numero significativo di operatori.

Nonostante la struttura gerarchica, tutte le aziende mettono in luce uno stile di leadership partecipativo: Unobravo parla di una “shared leadership” che riconosce “ampia leadership ai membri di ogni singolo team” e Doctorium definisce il CEO come “primus inter pares”.

Nel modello organizzativo di queste piattaforme, le tecnologie digitali sono fondamentali per raggiungere l’obiettivo della scalabilità. Le realtà sopra citate condividono l’assenza di un luogo fisico di lavoro, per cui le tecnologie permettono di coordinare il lavoro dei diversi collaboratori e, ovviamente, di abbattere i costi. Per alcune piattaforme, anche il servizio è erogato esclusivamente in forma digitale: per Unobravo, la terapia da remoto consente di rispondere alle esigenze di flessibilità, inclusività e accessibilità; Doctorium ha una gamma di servizi di telemedicina che possono offrire riduzione di costi, tempi e spostamenti.

Anche Badacare e Parentsmile, che erogano servizi a domicilio, evidenziano l’importanza delle infrastrutture digitali attraverso “l’automazione di tutti i processi lato operation, il booking journey dell’utente finale, il flusso fiscale/monetario per la gestione degli incassi da parte degli utenti finali e del pagamento/fatturazione dei corrispettivi ai professionisti” (Parentsmile) e per il matching tra domanda e offerta perchè “consentono una crescita del business in maniera esponenziale rispetto alle risorse umane impiegate”.

Ogni piattaforma cerca di soddisfare una necessità differente, a cui corrispondono differenti professionisti: assistenti familiari o badanti nel caso di Badacare; psicoterapeuti e psicologi per Unobravo; medici per Doctorium; e una varietà di professionisti per l’assistenza alla famiglia per Parentsmile.

Nonostante la logica di apertura, tutte le piattaforme mettono in atto meccanismi di selezione per assicurare la qualità dei servizi offerti in piattaforma. Oltre alla verifica delle credenziali formali (particolarmente importanti nel caso di professioni liberali) tutte le piattaforme adottano criteri ulteriori. Nel caso di Doctorium, ad esempio, non accettano “medici senza specializzazione o specializzandi e i medici devono avere almeno 5 anni di attività clinica alle spalle e devono necessariamente essere iscritti a un ordine italiano”. Badacare richiede almeno due anni di esperienza lavorativa nel ruolo di assistente familiare, verifica le referenze e valuta le competenze pratiche e relazionali, anche attraverso test attitudinali su empatia e affidabilità. Parentsmile verifica attraverso procedura automatizzata il possesso di: titoli abilitanti e tesserino di iscrizione a eventuali ordini/albi; esperienza lavorativa superiore all’anno; CV; polizza RCT attiva; ulteriori titoli professionalizzanti; presentazione personale. Superata questa fase, il candidato effettua un colloquio in videocall per valutare le soft skills, con attenzione a empatia e accoglienza.

Nel caso di Unobravo, oltre alla selezione, viene attribuita particolare rilevanza a “formazione e supporto continuo sin dall’inizio del percorso, compresi interventi ad hoc e supervisione”.

Tra le sfide, Unobravo mette in luce gli ostacoli di tipo tecnico-organizzativo “nel far fronte a una domanda crescente”. Doctorium mette in luce la specificità della gestione dei tempi: “molti pazienti richiedono un consulto quasi immediato e spesso ci troviamo a dover ricercare un medico disponibile a farlo; altri utenti, invece, vogliono il consulto in orari precisi e spesso scomodi per il medico come le 7 del mattino o anche le 23 o mezzanotte. Questo necessita di un lavoro importante da parte del servizio clienti. Badacare mette in luce limiti strutturali del nostro sistema di welfare: “In Italia servirebbero maggiori agevolazioni e deduzioni per le famiglie che assumono un assistente familiare. Inoltre, le agevolazioni attuali non sono proporzionali rispetto ai valori isee delle famiglie. Questo fenomeno favorisce l’assunzione irregolare dei badanti da parte delle famiglie e contribuisce all’economia sommersa nazionale. Andrebbero collaudati dei meccanismi in grado di pareggiare la disponibilità economica della famiglia e il costo per assumere un assistente familiare”. Parentsmile, invece, evidenzia la difficoltà a introdurre una cultura del servizio a domicilio per professionisti che preferiscono il videoconsulto, nonostante la crescente domanda da parte degli utenti.

Queste piattaforme lavorano prevalentemente – o si propongono di lavorare – sulla coltivazione di community di professionisti, mentre le community di utenti presentano vincoli legati al rispetto della privacy.


 

Il panel sulle piattaforme di welfare territoriale ha visto la partecipazione, tra le altre, delle piattaforme CGMoving e Merits.

Rispetto al modello organizzativo, entrambe si definiscono “organizzazioni ibride” con finalità sociali. CGMoving sostiene di aver “interiorizzato una natura ibrida in cui sociale ed impresa si fondono” con una “proiezione verso lo sviluppo di attività e servizi che promuovono il benessere delle persone e lo sviluppo delle organizzazioni”. Nasce dalla scommessa imprenditoriale di due diverse realtà: CGM, Consorzio Nazionale della Cooperazione Sociale Gino Mattarelli e Moving, una software house che lavora nell’ambito della digitalizzazione delle imprese.

Merits dichiara di rientrare “in quella categoria di organizzazioni ibride che si collocano in un nuovo territorio tra il terzo settore e le organizzazioni for profit”, si definisce come “organizzazione relazionale nata e strutturata per rispondere a bisogni socio-economici in cui il profitto è concepito come esigenza fondamentale per garantire la sostenibilità della missione, non come scopo organizzativo”.

Dal punto di vista giuridico, CGMoving è una srl che prevede la possibilità per altre organizzazioni (solitamente si tratta di cooperative e consorzi sociali), di stipulare un contratto di affiliazione con cui ricevere mandato con rappresentanza per poter contrattualizzare aziende e/o fornitori. Merits, invece, è una Società Benefit nativa e una B Corp.

Entrambe prevedono una struttura organizzativa piatta e aperta, per includere partnership con organizzazioni del terzo settore, aziende e istituzioni.

Le tecnologie digitali ricoprono un ruolo fondamentale in questo modello. Per entrambe, la piattaforma rappresenta un prodotto offerto a una platea diversificata di attori. Al tempo stesso, la sua centralità dipende dalla possibilità di abilitare processi di cambiamento organizzativo. In CGMoving viene adottata dalle cooperative per “riorganizzare i propri processi, introdurre elementi di innovazione nei propri servizi, raggiungere nuovi mercati e ampliare la platea dei potenziali fruitori dei loro servizi”. Per Merits “il punto di convergenza di tutto il lavoro di co-progettazione ed il punto di snodo di tutti i nostri servizi”.

Tra delle scelte più importanti che una piattaforma di welfare deve affrontare è sicuramente la selezione degli operatori e delle organizzazioni che possono operare attraverso la piattaforma. Nel caso di Merits, la scelta degli operatori economici di prossimità avviene su criteri valoriali: tutti gli operatori del territorio che operano nel rispetto della legalità e dei valori fondamentali di Merits – non-violenza, rispetto e valorizzazione della diversità, fiducia nell’immenso potenziale degli individui– vengono accolti; per quanto riguarda i clienti corporate si favorisce il coinvolgimento di società Benefit e B Corp rispetto ad altre organizzazioni. Nel caso di CGMoving, sebbene non ci siano particolari criteri di selezione, alle organizzazioni affiliate è richiesto di individuare un/a welfare manager che si impegna a seguire un corso di formazione e a osservare quanto previsto dalla Prassi UNI sul welfare aziendale.

Le sfide organizzative che tali piattaforme devono affrontare riguardano principalmente la crescita. Merits evidenzia la “necessità di investimenti per digitalizzare alcuni processi importanti del nostro customer journey e per realizzare una campagna di marketing; è inoltre importante, per poter crescere, espandere il team”. Per CGMoving la crescita passa dalla “necessità di adattare lo strumento digitale alle realtà dei diversi territori (e questo è sia ricchezza che sfida!): ogni territorio presenta delle specifiche esigenze dettate sia dalla natura del contesto socio-economico, ma talvolta anche normativo e organizzativo del tessuto dei servizi territoriali. Questa necessità di diversificare e poter attuare customizzazioni delle funzionalità implica il dover necessariamente avere uno strumento digitale flessibile, modulare e adattabile, e rende importante affiancare i territori nelle proprie sfide di sviluppo, con un’attività sia di consulenza che di accompagnamento”.

Tra gli aspetti che sono risultati essere più importanti, c’è sicuramente la creazione di azioni di supporto alle relazioni tra gli utenti della piattaforma. Per entrambe le aziende prese in considerazione, è forte la necessità di creare delle community che permettano lo scambio e delle opportunità di partecipazione agli utenti delle piattaforme.

Ma in che modo queste piattaforme possono contribuire alla digitalizzazione dei servizi di welfare? Per CGMoving la digitalizzazione rappresenta un processo utile a “liberare tempo per le relazioni”, mentre Merits si propone di “implementare processi di facilitazione, rilevazione e tokenizzazione di comportamenti di cura che i cittadini scelgono di attuare: cura di sé, della comunità di appartenenza, dell’ecosistema”.

Condividi
La Fondazione ti consiglia
pagina 149956\