Skill mismatch
Il disallineamento delle competenze ha ricevuto una rinnovata attenzione nelle economie avanzate a seguito della crisi economica globale nel 2008-2009. La crisi ha causato un massiccio aumento della disoccupazione nel mondo sviluppato e i pattern di “distruzione e creazione” di posti di lavoro hanno accelerato le tendenze strutturali di lungo termine. Dal lato dell’offerta, tali tendenze includono l’aumento dei livelli di istruzione dei lavoratori, mentre i fattori principali dal lato della domanda includono il cambiamento tecnologico, la globalizzazione e il commercio. Molti analisti hanno sostenuto che il disallineamento delle competenze è stato rafforzato dalla crisi economica e hanno identificato il disallineamento delle competenze come uno dei principali ostacoli alla ripresa economica in Europa (BCE, 2012).
Se la crescita dell’offerta di lavoratori con istruzione superiore supera la domanda, ciò può riflettersi in un’eccedenza di lavoratori qualificati in termini di disoccupazione, ma anche di lavoratori sovra istruiti per i lavori che svolgono. Le preoccupazioni per questo tipo di disallineamento delle competenze risalgono almeno agli anni ’70, quando l’aumento dell’offerta di laureati negli Stati Uniti sembrava superare la domanda. Da allora la letteratura su tale discrepanza di competenze si è ampliata (Cedefop, 2010).
Gli attori del mercato del lavoro, inclusi governi, aziende e lavoratori, devono garantire che i requisiti occupazionali siano soddisfatti attraverso un’istruzione e una formazione adeguate.
La misura in cui questo processo riesce è un fattore importante che determina i risultati del mercato del lavoro, la crescita economica, la produttività e la competitività. Se i lavoratori sono sovraistruiti per i lavori che svolgono, ad esempio, ciò significa che le imprese non stanno utilizzando appieno la capacità produttiva dei loro lavoratori, mentre la sottoistruzione significa che le imprese non operano alla loro frontiera produttiva impiegando lavoratori meno produttivi di quanto dovrebbero. Le inefficienze possono sorgere sia nel mercato del lavoro (domanda e offerta di lavoratori/competenze) sia nell’interazione tra mercato del lavoro e sistema di istruzione e formazione. In entrambi i casi, il conseguente disallineamento delle competenze imporrà costi agli individui, alle imprese e alla società in generale.
Mentre nuovi processi – globalizzazione, cambiamenti demografici e regionali, digitalizzazione, urbanizzazione e forme di occupazione virtuali e informali – acquisiscono sempre più spazio anche nel mercato del lavoro, il capitale umano è sottoposto a una crescente pressione in tutto il mondo. Sono queste nuove forze che stanno cambiando i modi, i luoghi e i tempi del lavoro. Immaginiamo lo sviluppo del capitale umano sul modello della metà del XX secolo: istruzione standardizzata e un “lavoro per la vita”. È evidente come questo non possa funzionare nel mondo di oggi, che richiede competenze in continua evoluzione. Lo sappiamo bene: i costanti cambiamenti tecnologici e le trasformazioni del mercato richiedono agilità mentale, capacità di adattamento e un apprendimento rapido e continuo. In questa evoluzione, invece della “standardizzazione di massa”, dobbiamo abbracciare l’unicità individuale e la centralità dell’essere umano.
Nei paesi che costituiscono l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), il disallineamento delle competenze (skill mismatch) colpisce due dipendenti su cinque. Il disallineamento delle competenze è una discrepanza tra le competenze richieste dai datori di lavoro e le competenze possedute dagli individui. In altre parole, si tratta di una discrepanza tra competenze acquisite e posti di lavoro. Ciò significa che l’istruzione e la formazione scolastica non forniscono la preparazione ricercata dal mercato del lavoro, o che l’economia non crea posti di lavoro che corrispondono alle competenze degli individui.
Nel mondo, il disallineamento delle competenze colpisce 1,3 miliardi di persone e impone una tassa annuale del 6% sull’economia globale sottoe forma di perdita di produttività del lavoro.
In Spagna
È proprio in questo contesto che la Spagna ha il primato dello skill mismatch in Europa. Basti pensare che i lavoratori spagnoli sono i più sovraqualificati in Europa (ovvero il loro livello di istruzione è in media superiore a quello richiesto per svolgere una determinata attività), eppure sono al contempo quasi totalmente privi delle competenze necessarie per svolgere l’occupazione che hanno trovato nel mercato del lavoro.
Il fenomeno della sovraistruzione coinvolge i lavoratori che hanno un livello di istruzione superiore a quanto viene richiesto per un determinato lavoro. Un articolo del 2016 di Davia et. al. in “Social Science Research”, guarda la sovraistruzione nell’UE tra 2004 e 2009 e rileva che la Spagna ha avuto il maggior tasso di sovreducazione per gli uomini ed è al quarto posto per le donne (dopo Italia, Grecia, e Portogallo). Le regioni nordorientali della Spagna (Paesi Baschi, Navarra, Rioja e Aragona) hanno un tasso di sovraistruzione particolarmente alto per gli uomini, mentre le regioni nel nord-ovest (Galizia, Asturie e Cantabria) hanno il tasso più alto per le donne, i tassi dell’Andalusia e della Catalogna si attestano su dati leggermente migliori rispetto alle altre regioni. Le grandi città, come Barcellona e Madrid, offrono maggiori possibilità lavorative, trainate dalla preponderante industria del turismo.
L’istruzione universitaria spagnola è scarsamente orientata alle esigenze del mercato del lavoro e di un’economia che richiedono sempre maggiore formazione professionale.
Il sistema universitario spagnolo è molto generalista e non riesce a fornire agli studenti conoscenze trasversali che siano trasferibili e tramutabili in competenze utili all’inserimento nel mondo del lavoro. Questo è un problema comune tra i sistemi universitari del Sud Europa, molto distanti dal modello britannico, che tende a concentrarsi sullo sviluppo di capacità analitiche e di sintesi delle informazioni. Sono tuttavia proprio queste le competenze richieste da un mercato del lavoro in continua trasformazione e in un società caratterizzata dallo sviluppo tecnologico e digitale: al giorno d’oggi, infatti, qualunque informazione può essere reperita in pochissimi secondi; la capacità di analisi critica delle informazione risulta quindi una competenza necessaria da acquisire.
Gli stati dell’UE con i migliori risultati tendono ad avere sistemi educativi con forti percorsi professionali e accademici. In Finlandia e nei Paesi Bassi, per esempio, tale formazione prevede percorsi professionali più chiari e maggiore specializzazione. Un rapporto del 2014 dell’Observatorio de Innovación en el Empleo (OIE) rileva che solo uno su cinque studenti universitari spagnoli si aspetta di trovare un impiego nel proprio indirizzo di studio (altrettanto preoccupante è il dato degli studenti in formazione professionale: solo il 19%). Inoltre, il 60% delle aziende spagnole ritiene che gli studenti siano meno competenti di quanto suggeriscano i loro studi. In particolare, i datori di lavoro spagnoli considerano circa il 70% dei laureati non sufficientemente qualificato per quanto riguarda le lingue straniere e le competenze trasversali, compresa la risoluzione delle controversie, il lavoro di squadra e la capacità di comunicazione.
Per affrontare il problema non basta prendere in considerazione la formazione, che rappresenta un versante del disallineamento, assicurandosi anche che il sistema educativo pubblico migliori nel soddisfare le richieste di skills particolari che vengono dal mondo del lavoro.
È altrettanto importante stimolare maggiormente l’imprenditorialità e incoraggiare i datori di lavoro a dare il loro contributo. I datori di lavoro forniscono poca specializzazione e formazione ai nuovi dipendenti. La relativa mancanza di grandi aziende con le capacità e la volontà di investire in formazione nell’economia spagnola è un ulteriore problema. Inoltre, visto che un più alto livello di istruzione non comporta automaticamente un equivalente aumento salariale e a causa della bassa domanda per lavori qualificati a fronte di un’alta offerta, molti giovani che entrano nel mercato del lavoro optano per accettare occupazioni che richiedono un livello di istruzione inferiore a quello acquisito.
Paradossalmente, circa il 90% delle aziende spagnole ritiene che insegnare competenze specifiche sia responsabilità del sistema educativo, ma circa la metà crede anche che le competenze trasversali si ottengano al di fuori dell’istruzione formale. Solo 3 aziende su 10 offrono programmi di formazione interna ai neoassunti e solo 2 su 10 offrono programmi di tirocinio, secondo l’OIE. Tale formazione è in genere offerta solo da grandi aziende.
In altre parole, da una parte gli studenti spagnoli limitano le proprie opportunità lavorative scegliendo corsi di laurea che non forniscono conoscenze considerate necessarie dai datori di lavoro; dall’altra, i datori di lavoro non sono disposti a riconoscere la situazione o sono incapaci di agire per correggerla.
L’economia futura richiede un approccio incentrato sull’essere umano. Questo approccio deve essere utilizzato per aiutare i lavoratori e le lavoratrici ad acquisire competenze fondamentali e a creare un ambiente favorevole per l’occupabilità permanente, l’autorealizzazione e la fluidità delle competenze in un mercato del lavoro che offre opportunità accessibili, e che sia inclusivo e incentrato sulle persone.
Intervista ad Albert Recio Andreu
Universitat Autonóma De Barcelona
In un momento di elevata incertezza, le persone hanno bisogno delle abilità cognitive e non cognitive necessarie ad adattarsi alle mutevoli esigenze del mercato del lavoro. Allo stesso tempo, per poter scegliere un percorso professionale e per poter sfruttare appieno il proprio potenziale, le persone devono assumersi la responsabilità del proprio sviluppo professionale.
Inoltre, il mercato del lavoro spagnolo ha un livello di disoccupazione di lunga durata molto più elevato e persistente di quello di altri paesi sviluppati, soprattutto in alcuni gruppi di lavoratori, come quello dei meno qualificati. Questo tema è stato analizzato, ad esempio, in Izquierdo, Puente e Font (2013), che confrontano, per il caso spagnolo, il livello formale di istruzione della popolazione disoccupata con quello degli occupati, come approssimazione all’offerta di competenze e domanda, rispettivamente. Gli autori mostrano che, dal 2005, il mismatch è progressivamente aumentato fino a raddoppiare il livello di partenza negli ultimi anni. Di conseguenza, si stima che la Spagna sia in testa ai paesi dell’area Euro, con la maggiore differenza nei livelli di istruzione tra occupati e disoccupati.
Il governo spagnolo ha già preso dei provvedimenti per fermare questa tendenza. In particolare, sono state adottate diverse misure volte al reinserimento dei disoccupati nel mercato del lavoro. Questi includono le indennità di disoccupazione e i servizi individualizzati (ad es. intermediazione, formazione per l’occupazione e consulenza per il lavoro autonomo) forniti dal Servizio pubblico per l’impiego (PSE). Nel febbraio 2015 è stato approvato con regio decreto, il portafoglio comune dei servizi per l’impiego. Questa legge ha consentito ai PSE regionali di includere ulteriori servizi individualizzati in diversi campi come l’orientamento e la consulenza professionale, il collocamento e la consulenza alle imprese, la formazione e le qualifiche per l’occupazione e la consulenza per il lavoro autonomo e l’imprenditorialità. Un’altra misura riguarda il finanziamento di corsi di formazione da parte della Fondazione Tripartita Spagnola per la Formazione. La maggior parte dei corsi porta all’acquisizione di certificati professionali. Nel 2013, la Fondazione tripartita ha dedicato circa 956,9 milioni di euro alla formazione dei disoccupati. Il Regio-Decreto Legge 4/2013, del 22 febbraio, sulle misure a sostegno degli imprenditori e per stimolare la crescita e la creazione di posti di lavoro ha previsto l’attuazione di 100 misure volte a facilitare l’inserimento dei disoccupati nel mercato del lavoro sia come dipendenti che come imprenditori. Il ruolo dei PSE nell’attuazione della legge comprende molti aspetti come le misure per migliorare il lavoro autonomo, il miglioramento dei servizi di intermediazione e la promozione delle attività di formazione.
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