Qualche settimana fa è salita all’onore della cronaca la decisione del sindaco di Predappio di cancellare dal bilancio del comune i fondi che avevano finanziato fino ad allora i viaggi della memoria ad Auschwitz di alcuni studenti delle scuole cittadine. In una città infestata decenni dalle ricorrenti manifestazioni dei nostalgici del fascismo che si prostrano deferenti sulla tomba del Duce, il gesto ha assunto, come era inevitabile, un rilievo particolare e una circolazione mediatica nazionale anche perché si configura come un caso pressoché unico anche nel panorama delle amministrazioni governate dalla destra.
Più sorprendenti ancora, però, risultano le motivazioni addotte dal sindaco Canali: “finché quei treni – ha spiegato – non fermeranno anche vicino alle Foibe, ai gulag o al Muro di Berlino la nostra posizione rimane questa. La memoria non può viaggiare a senso unico. Noi siamo i primi a reputare fondamentali i viaggi di istruzione ad Auschwitz, ma, ripeto, vogliamo che anche le altre disgrazie non vengano considerate da meno”.
Queste affermazioni sono da molti punti di vista inquietanti e tragiche perché mettono in evidenza due elementi molti significativi. Il primo, che possiamo considerare, seppur paradossalmente, il meno grave, è che il sindaco dimostra di non conoscere la legislazione italiana in merito alle finalità delle singole date di cui si compone il calendario civile del paese. La data del 27 gennaio non riguarda la commemorazione di tutte le “disgrazie” occorse nella storia contemporanea, quando piuttosto solo ed esclusivamente lo sterminio degli ebrei”. Recita infatti il dispositivo legislativo istitutivo del “giorno della memoria” del 31 luglio 2000 all’art.1: La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, e a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati” .
I Viaggi della memoria, nati all’interno di questo quadro normativo, sono finalizzati dunque a un progetto formativo volto a mettere le giovani generazioni di fronte alla più grande tragedia della modernità rappresentata dal progetto razziale nazista di cancellare dalla faccia dell’Europa il popolo ebraico: a questo obiettivo è dedicata la ricorrenza che il sindaco di Predappio si è rifiutato di finanziare; non ad altri, per i quali esistono altre date del calendario civile. Nel 2004 infatti viene promossa la “Giornata del ricordo” celebrata il 10 febbraio allo scopo di “conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.
Quindi Canali ha a disposizione uno strumento normativo per ricordare la “disgrazia” delle foibe e organizzare, come fanno migliaia di sindaci e decine di istituzioni, viaggi e iniziative formative rivolte alla scuola: non esiste negli intenti del legislatore quell’“antagonismo” tra foibe e lager, che il sindaco Canali ha voluto fare emergere, in quanto entrambi costituiscono – seppur a gradi di intensità incommensurabili e quindi incomparabili – tragedie che offendono la coscienza democratica dell’Europa e dell’Italia contemporanea.
Inoltre non esiste nessuna legge che vieti a un sindaco di organizzare viaggi di istruzione a Berlino, per mettere le giovani generazioni di fronte alla tragedia del comunismo e all’aberrazione del Muro di Berlino. Lo faccia il sindaco Canali: chieda alle scuole di orientare a questo tema i progetti formativi che stanno alle base delle cosiddette “gite” di classe, e credo troverà molto ascolto presso gli insegnati e gli studenti.
Ma il carattere strumentale, del tutto evidente, delle ragioni scelte dal sindaco di Predappio per sostenere il diniego a finanziare i viaggi della memoria dei suoi giovani concittadini, fa emergere la sostanza profonda che sta alla base di quella scelta: la convinzione che la memoria dell’Olocausto sia “di parte” e che per essere accolta debba essere controbilanciata da altre memorie altrettanto “di parte”. Qui sta il tarlo tragico della posizione del sindaco Canali: non riconoscere l’universalità dello sterminio degli Ebrei come sintesi estrema del totalitarismo razzista e dell’antisemitismo come ideologia negativa che mina le basi stesse della convivenza civile, in netto contrasto con i principi fondativi della nostra costituzione.
Forse per Canali invece la Shoà è “di sinistra”, e fare andare i ragazzi in quel luogo di desolazione e barbarie contribuirebbe a consolidare nelle loro menti valori e idee che il sindaco di Predappio considera lontani dalla sua cultura politica, mentre la visita al muro di Berlino o alle foibe è “di destra”, perché fanno emergere il comunismo come “nemico”: lo straniamento antifascista evocato dal campo di concentramento viene bilanciato dall’orizzonte anticomunista che emergerebbe dalle foibe o dal gulag. Per avere una formazione obbiettiva, dunque, gli studenti devono vedere entrambe le “disgrazie”.
È dunque per evitare questa presunta distorsione della Memoria che Canali non finanzia i viaggi della memoria: per il rischio di contribuire a formare una memoria collettiva troppo sbilanciata verso antifascismo, quando invece sarebbe opportuna una memoria “neutrale” in cui tutte le disgrazie del passato siano equiparate in una melassa indistinta senza significato, ottenuta per sottrazione, cioè impedendo che i giovani si confrontino con le tragedie del XX secolo.
Ma questa visione della memoria spezzata dalla contrapposizione fascismo-antifascismo è quanto di più scorretto e infondato si possa pensare proprio di fronte ai simboli più drammatici del totalitarismo: Aushwitz e Kolima, il lager e il gulag. Anche se si tratta di manifestazioni diverse della biopolitica estrema, del nazismo e del comunismo – il primo teso alla purezza della razza, il secondo allo sterminio del nemico di classe – entrambi si configurano come esiti omogenei del dominio totale della politica sulla vita umana, e quindi come negazione dell’uomo stesso. Aushwitz, come i campi di lavoro in Urss, vogliono educare le giovani generazioni a rifiutare questa concezione del potere e della politica che li ha generati, per costruire proprio su questo rifiuto la cittadinanza democratica: al centro del progetto di quei viaggi c’è la democrazia e i suoi valori che si oppongono ad ogni forma di ideologia totalitaria. Potremmo dire che il confronto con il monumento che più di ogni altro incarna l’evoluzione estrema di quella opzione che ha insanguinato il XX secolo, rappresenta una sorta di acceleratore formativo, irriproducibile nella didattica quotidiana in classe: impedirlo è una forma di negazionismo.
Infatti non finanziare questa esperienza a dei giovani racchiude in sé uno dei germi potenti del negazionismo: non quello estremo di dichiarare lo sterminio degli ebrei un fatto mai avvenuto; ma quello più subdolo e quindi più pericoloso che si nasconde nella spinta alla relativizzazione, alla cancellazione del suo valore simbolico e quindi educativo e che favorisce una scuola della disillusione e del disincanto: un passato in cui tutte le vacche sono nere non ha niente da insegnare a nessuno.