Estratto dall’eBook La sfida populista, a cura di Manuel Anselmi, Paul Blokker, Nadia Urbinati
Mentre non possiamo negare che il populismo sia una forma di politica democratica perché non mette in questione la regola aurea della democrazia, e in effetti dichiara di volerla attuare al meglio, tuttavia populismo e democrazia sono in tensione e non offrono la stessa risposta quando asseriscono di essere governo del popolo. Per vedere questa tensione dobbiamo prestare attenzione non al populismo come movimento di opposizione nella costruzione dell’opinione ma al populismo che diventa forza di governo e domina con la maggioranza la società. Il potere dello stato e la democrazia costituzionale sono l’orizzonte nel quale valutare il populismo, la sua sfida alla democrazia dei partiti e al pluralismo dei partiti, la sua rappresentazione interclassista della società che maschera la diseguaglianza sociale con l’appello al popolo, e il suo uso della polarizzazione ideologica e della retorica anti-establishment per sponsorizzare un significato di popolo altamente escludente.
Tutti i movimenti populisti manifestano una forte resistenza per non dire ostilità ai meccanismi della rappresentanza politica nel nome dell’affermazione collettiva e unitaria della volontà del popolo. Il populismo sta in una relazione parassitica con la democrazia rappresentativa: esso compete con quest’ultima sul significato e sull’uso della rappresentanza come un mezzo per affermare e portare a compimento la volontà del popolo. Questa specifica richiesta è all’origine della sua radicale contestazione della democrazia dei partiti e, in generale, costituzionale.
La relazione tra stato e società civile è il cuore della rappresentanza elettorale e il terreno della politica partitica. Tra le funzioni che la rappresentanza elettorale svolge, la seguente è quella più rilevante al caso nostro: incanalare i conflitti sociali e ideologici dentro la legalità e filtrare le richieste così da portarle nelle istituzioni deliberative; qui, sono i partiti che mostrano la sovranità in atto, non tuttavia nell’assenso unanime ma nell’articolazione delle richieste e quindi nel conflitto. Il pluralismo insinua nel pubblico la tensione tra le parti e gli interessi; compito dello Stato diventa a questo punto quello di offrire un terreno di compromesso ma anche di essere il referente ultimo dove i conflitti trovano la risoluzione.
Il populismo considera la rappresentanza principalmente come forma e strategia di incorporazione fondativa del popolo sotto un leader, piuttosto che come una strategia che anima e regola la dialettica e il conflitto politico. Il populismo contesta quindi alla radice il pluralismo e le due anime della rappresentanza elettorale, la richiesta di avvocatura e di accountability. Esso insinua una rottura con la democrazia rappresentativa perché è impaziente verso la tensione tra pluralismo e unità che questa contiene e garantisce.
Fino a quando l’opposizione ha il potere di sfidare la maggioranza, ed essere quindi sempre parte della trattativa politica, è improbabile che una forte maggioranza in assemblea o in parlamento sia in grado di mettere a repentaglio la stabilità del sistema. Il populismo, che tende a crescere in condizioni di crisi economica e si avvantaggia dello scontento sociale per esaltare lo scontro e nutrire nel vincitore (la maggioranza) la tentazione di usare il poter dello Stato per punire l’opposizione e le minoranze, provoca il rovesciamento della regola della maggioranza nel dominio della maggioranza. Questo spiega la differenza normativa tra democrazia costituzionale e democrazia populista.
Dalla regola di maggioranza come procedura per prendere decisioni in un clima di pluralismo, al potere della maggioranza in un clima in cui il pluralismo è avvertito come un ostacolo al processo veloce ed efficace di decisione: questa è la radicale trasformazione dall’interno della democrazia che il populismo mette in atto. Questo ci dovrebbe portare a convenire che conquistare una larga maggioranza in un collettivo democratico non è la stessa cosa che avere una politica democratica.
I leader o i partiti populisti che hanno potere sufficiente non sono contenti di conquistare semplicemente la maggioranza ma vogliono un più ampio e arbitrario potere, infine vogliono stare al potere il più a lungo possibile: vogliono cercare di fare una nuova costituzione populista – sia nel senso di stabilire un nuovo blocco socio-politico sia nel senso di scrivere nuove regole del gioco.
Il populismo al potere rende la democrazia un maggioritarismo estremo.