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Fonte: World Economic Forum

 

Non possiamo ignorare la complessità della società in cui viviamo e le sfide di ordine economico, ambientale e sociale che abbiamo di fronte. Disuguaglianze crescenti, cambiamento climatico, disastri ambientali, guerre e migrazioni sono solo alcune delle criticità che interessano l’Europa e che generano in gran parte della popolazione un forte senso di insoddisfazione verso l’attuale modello di sviluppo e i sistemi economici e politici che ci governano. La volontà di cambiamento è forte, perché tutti i 193 Paesi che hanno sottoscritto l’Agenda 2030, nel settembre 2015, riconoscono che l’attuale struttura e funzionamento della società non è sostenibile sia per le generazioni attuali sia per quelle future. A questo punto ci domandiamo allora se la costruzione di una società differente, capace di fondarsi sui principi di sostenibilità e inclusione, possa effettivamente rappresentare uno scenario attendibile nei prossimi anni. Molti ci credono, altri, spinti da avidità, egoismo e potere semplicemente non si interessano.

Il tema di fondo diventa allora la necessità di dare ascolto e includere all’interno dei processi decisionali coloro che credono nelle alternative, coloro che sono capaci di trascendere lo spirito di un’epoca – come direbbe Rutger Bregman, autore di Utopia for realists – per immaginare un futuro migliore per tutti.

 

La notizia positiva è che questi coloro già esistono e sono rappresentati dai giovani. Secondo la Global Shapers Annual Survey 2017 – uno dei principali sondaggi a livello globale sul mondo giovanile – le giovani generazioni hanno una visione del futuro fondata su una società sostenibile e inclusiva. Dal cambiamento climatico che è necessario affrontare, all’inclusione e integrazione sociale dei rifugiati e migranti fino all’ottimismo nei confronti dell’evoluzione tecnologica. È proprio questo differente mindset culturale a far sperare in un futuro umanamente sostenibile.

Dobbiamo dunque smetterla di costringere i giovani ad adattarsi ma cominciare a pensare, proprio in ragione delle loro prospettive sul futuro, un modello di sviluppo del Paese nel quale dare un ruolo alle nuove generazioni nel mercato del lavoro per produrre quella crescita e società che vogliamo e di cui abbiamo bisogno. Nell’attesa di una strategia strutturale a livello nazionale, che sappia far fronte alla disoccupazione giovanile e alla quota dei NEETs, al momento abbiamo un’unica certezza: con le stime di crescita della popolazione l’influenza dei giovani potrà di certo migliorare perché essi occuperanno una quota crescente della forza lavoro globale, delle classi elettorali e dei consumatori.

Di più. Stiamo vivendo la Quarta Rivoluzione Industriale che rappresenta, soprattutto per i giovani, una grande opportunità. A discapito di ogni pessimismo che gravita attorno al progresso tecnologico, la realtà è che se la tecnologia è governata in modo equo e sostenibile essa è un servizio sociale al mondo che consente di migliorare le condizioni di vita di molti cittadini e affrontare le sfide globali che abbiamo di fronte. Non ostacoliamo il progresso, bensì collaboriamo assieme ai principali player della politica, del settore privato, dell’accademia e della società civile per definire una strategia di sviluppo che consenta di migliorare la nostra società a partire dal potenziale trasformativo delle giovani generazioni.

Leggi l’articolo sul World Economic Forum

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