Università di Bologna

Le Costituzioni europee nate dopo la seconda guerra mondiale dedicano ampio spazio ai diritti del lavoro e dei lavoratori: si tratta di un disegno coerente, che ha basi solide nel tipo di società (industriale di massa) e nella cultura del tempo (solidaristica).

Solo in quella italiana, tuttavia, cfirma_costituzioneittadinanza e lavoro si fondono negli stessi articoli iniziali posti a fondamento della Repubblica. Se la centralità del lavoro era già acquisita nei testi preparatori, il connubio tra lavoratore e cittadino sovrano si affermò in sede finale, rivelandosi come il perno innovativo della intera Costituzione.

La coerenza interna e lessicale dei primi 4 articoli è il risultato della progressiva costruzione di una sintesi ‘culturale’ che si viene sviluppando a partire dal discorso di La Pira. Dalla crisi del liberalismo e dalla centralità della persona (aperta alla dimensione della comunità) La Pira ricava due postulati attorno ai quali si aggregano anche altre scuole di pensiero: l’antifascismo e la dimensione sociale del soggetto. È ancora La Pira che propone di indicare nel lavoro (e non nei lavoratori) ‘il fondamento di tutta la struttura sociale’. Sarà poi Fanfani a proporre per l’art.1 la formula “fondata sul lavoro”, sempre collegando il lavoro ai valori della persona, del dovere, della solidarietà.

Vi è dunque nella Costituzione un nucleo culturale e progettuale di fondo che viene accettato nella congiuntura del dopoguerra da culture politicamente distanti. Questo nucleo comune ruota attorno a due capisaldi: l’antifascismo, vale a dire il ripudio del fascismo ma anche della tradizione liberale e statualista della storia italiana, da un lato e la centralità del soggetto e dei suoi diritti (sintetizzabile nella parola democrazia), dall’altro. È un momento in cui prevale consapevolmente nella nostra storia nazionale (dopo Cavour e Garibaldi?) la volontà di far convergere le faglie divisive su un progetto comune. L’altro punto di svolta da sottolineare è che, per far questo, sia la cultura cattolica che quella socialista/comunista devono accettare tanto la dimensione della democrazia quanto quella del “capitalismo di mercato”: soprattutto accettare il terreno giuridico come terreno di battaglia e di conquiste, da affiancare alle battaglie sociali. È all’interno di quella prospettiva politica e anche tentando di forzarla un po’ che si trova l’accordo su una visione inclusiva del lavoratore.

Da sottolineare è anche l’eccezionalità della costituzionalizzazione del complesso dei diritti di cittadinanza così come si è venuto stratificando nel corso degli anni. Ciò differenzia il nostro paese non solo – ovviamente – dai paesi anglosassoni di common law, ma anche da altri paesi europei in cui pur essendoci una forte tradizione di intervento sociale la sfera della cittadinanza manca di ancoraggio giuridico. Naturalmente esiste un vincolo per l’adempimento effettivo e attivo da parte dello Stato di questo obbligo: si tratta del vincolo economico, ora aggravato dalla globalizzazione, che ha sancito la fine di quel progetto di sviluppo che aveva costituito nel nostro Paese l’ossatura della grande modernizzazione industriale del dopoguerra. Il rischio che corriamo non è solo quello della disoccupazione (che secondo Costituzione spetterebbe ancora allo Stato di ‘governare’) ma quello di una crisi (si parla di fine) della società, anzi della “civiltà” (Habermas), del lavoro: dunque crisi della democrazia che nella Costituzione è posta in un circuito lavoro-cittadinanza-rappresentanza ora sempre più ridotto e ‘impoverito’.

Mariuccia Salvati
Università di Bologna

06/06/2016


Approfondimenti

Lavoro, rappresentanza e cittadinanza nelle culture politiche all’Assemblea Costituente

Invito 9 giugno2 (002)

L’articolo è una sintesi del contributo scritto dalla professoressa Mariuccia Salvati in vista del workshop a porte chiuse Lavoro, rappresentanza e cittadinanza nelle culture politiche all’Assemblea Costituente che si terrà presso la sede della Fondazione il prossimo 9 giugno con la partecipazione dei professori: Nadia Urbinati, Michele Battini, Luigi Ferrajoli, Damiano Palano e, appunto, Mariuccia Salvati.

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