La piazza di Londra il 14 giugno 1913 è la piazza dell’irruzione delle donne nello spazio pubblico e politico, in lotta per una causa comune; costituisce una tra le prime manifestazioni di massa delle donne nel ‘900 che annuncia le conquiste più concrete e solide dei decenni successivi.
Quel giorno una folla di quasi 5 mila donne, le più giovani vestite di bianco e di nero le più anziane, ha accompagnato il feretro di Emily Davison, militante suffragetta del Women’s Social and Political Union (WSPU) travolta dal cavallo di re Giorgio V durante i tumulti al Derby di Epson.
RAT n.28/1970, giornale di controcultura USA
Emily Davison era una donna combattiva, capace di molte imprese audaci a favore del diritto di voto delle donne e per l’equiparazione politica e civile agli uomini. La notte del 2 aprile 1911, in occasione del censimento, si nascose in un armadio del Palazzo di Westminster in modo da poter legittimamente indicare sul modulo che la sua residenza, quella notte, era stata la Camera dei Comuni, un luogo che era vietato alle donne.
Se ragioniamo in termini di diritti sociali e politici la mappa dell’Occidente è variegata ma la Prima e la Seconda Guerra Mondiale sono stati i primi due tornanti per l’accesso delle donne al diritto di voto: l’ingresso delle donne nelle attività produttive a sostegno degli sforzi bellici prima e la determinante partecipazione alla guerra di resistenza contro il nazifascismo poi, non potevano più essere elusi e disconosciuti.
Nel 1948 il diritto di voto attivo e passivo femminile sarebbe stato introdotto nella Dichiarazione universale dei diritti umani, diventando realtà nella maggior parte dei paesi. Da questo mondo che ci sembra così lontano, le donne hanno fatto molti passi avanti nella conquista dei diritti civili, politici e sociali.
Tutte abbiamo letto Gabriella Parca in Le italiane si confessano (1964) “In questa nostra Italia, fatta dagli uomini e per gli uomini, la donna è soltanto un’ospite. Non le si chiede alcuno sforzo mentale, e in cambio non le si lascia alcuna iniziativa. L’educazione che riceve, non solo in famiglia, ma a scuola, attraverso le letture, il cinema, le trasmissioni radiofoniche e ora anche televisive, è volta a fare di lei un essere complementare: tutta la sua vita è vista in funzione dell’uomo, a cui deve soprattutto piacere per ottenere una buona sistemazione, ossia il matrimonio”. Questo scenario ormai insopportabile agli occhi di una società italiana sempre più avanzata e secolarizzata e agli occhi delle donne italiane più indipendenti e coscienti della propria soggettività, è stato uno dei motivi della rottura avvenuta negli anni Sessanta. Le parole di Parca si inseriscono in quegli anni di fermento culturale e politico; un momento di svolta per le donne, di emancipazione e di libertà, segnato sia dalla vitalità dei movimenti femministi sia dalle battaglie per i diritti e per nuove leggi, nelle piazze e nei palazzi. Ad esempio, l’accesso a tutte le professioni (1963), l’abrogazione dell’adulterio femminile come reato penale (1968), la legge sul divorzio (1970), la riforma del diritto di famiglia (1975), il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza (1978), solo per elencare alcune conquiste. Il paese legale si avvicinava a quello reale.
Nella mostra ‘900 la Stagione dei Diritti, in particolare, sono esposti alcuni documenti significativi prodotti tra l’Italia e gli Stati Uniti di quando il personale è diventato politico, uno dei più grandi contributi delle donne alla politica e all’emancipazione che mirava allo svelamento o demistificazione dei rapporti di oppressione sottesi alla contrapposizione, fittizia, radicata sull’opposizione biologico-sociale, natura-politica: la critica del mito dell’inferiorità della donne di Evelyn Reed pubblicata nel 1954 (qui sono allegate le prime pagine del documento originale presente nelle teche della mostra) fotografa fin dall’incipit una sfera pubblica e privata femminile analoga a quella italiana decritta da Gabriella Parca e con queste parole: “Men are the masters in economic, cultural, political and intellectual life while women play a subordinate and even submissive role. Only in the recent years have women come out of the kitchens and miseries tho challege men’s monopoly. But the essential inequality still remains”.
Copertina – Mith of Women’s inferiority, Evelyn Reed, 1954, Boston USA
Tra gli altri documenti della mostra sono poi esposti: “Vogliamo decidere noi”, numero del Bollettino di Lotta Femminista del marzo 1974; la pubblicazione sul tema del controllo delle nascite di Donna Cherniak e Allan Feingold del 1970; il primo numero di Al Femminile, giornale creato dal gruppo “l’anabasi” di Milano nel febbraio 1972; la piccola guida informativa, qui allegate le prime pagine, realizzata dalla Parenthood Association in collaborazione con il Family Planning Center-Community Action Agency del Maryland, dedicata alle donne contenente informazioni mediche, sociali e consigli pratici su come vivere la relazione con il proprio corpo e volta a sfatare alcune superstizioni ancora diffuse negli anni Sessanta dal titolo: As you become a woman (Baltimora 1969).
As you become a woman, 1969 Baltimora, USA. Guida informativa dedicata alle donne della Parenthood Association in collaborazione con il Family Planning Center-Community Action Agency del Maryland.
Nonostante i tanti progressi e i diritti conquistati e acquisiti nel corso del XX secolo, le donne si trovano ora a doverli difendere: dati e proposte di legge recenti mostrano in Italia, ma non solo, il chiaro tentativo di erodere gli spazi della vita pubblica e la libertà di autodeterminazione per spingerci di nuovo verso luoghi e ruoli antichi. Occorre riscoprire la lunga strada percorsa, rintracciando le lotte che hanno portato all’affermazione dei diritti che compongono il nostro quotidiano e che definiscono gli spazi della nostra partecipazione nella società come cittadine, per tornare partecipare oggi. Nessuna conquista è mai veramente definitiva, soprattutto per ciò che riguarda la condizione umana e gli orizzonti culturali delle nostre società.