La lite cominciò dapprima (l’ho sentito dire da uno che da tempo abita questo quartiere) per un piccolo pezzo di terra che giace situato su una delle due cime delle colle del Parnaso, la maggiore e più alta delle quali sembra sia stata possesso incontrastato di certi fittavoli chiamati antichi, da tempi che si battaglia dei libriperdono nella memoria, mentre l’altra era tenuta dai moderni. Ma a costoro non piaceva la condizione in cui si trovavano e inviarono certi ambasciatori dagli antichi con questa lamentela: che l’altezza di quella parte del Parnaso guastava completamente la loro veduta, soprattutto verso l’oriente, e che pertanto, ad evitare una guerra, offrivano la seguente scelta alternativa: o gli antichi si spostavano, con i loro effetti personali, sulla cima inferiore, nel qual caso i moderni gliela avrebbero cortesemente ceduta e sarebbero saliti al loro posto; oppure gli antichi avrebbero dato ai moderni il permesso di venir su con piccozze e badili per spianare detto colle, abbassandolo fino all’altezza da loro ritenuta conveniente. Gli antichi risposero che non si sarebbero davvero aspettati un messaggio del genere da una colonia che solo per pura generosità avevano accettato si installasse in un quartiere tanto vicino al loro. Che, quanto alla loro sede, gli antichi stessi ne erano gli swidfaborigeni, e pertanto il discorso di spostarsi e di cedere era in una lingua che essi non capivano. Che se l’altezza del loro colle diminuiva la visuale dei moderni, era uno svantaggio che non potevano impedire, ma volevano si considerasse che il danno (ammesso fosse tale) non venisse largamente compensato dall’ombra e dal riparo che ne ottenevano. Che, quanto allo spianare e allo scavare, era follia o ignoranza semplicemente il proporlo: sapevano o non sapevano i moderni, che quel lato del colle era una roccia compatta che avrebbe spezzato i loro attrezzi e il loro cuore senza venirne in alcun modo danneggiata? Consigliavano perciò ai moderni  di pensare a elevare il loro lato del colle piuttosto che sognarsi di abbattere quello che degli antichi, ché in tal caso essi non soltanto gliene avrebbero dato licenza, ma vi avrebbero anche dato un notevole contributo. Tutto questo fu respinto con molta indignazione dai moderni che continuarono a insistere su una delle due soluzioni; e fu così che questa discordia proruppe in una guerra lunga e ostinata, tenuta in vita da una parte dalla decisione e dal coraggio di alcuni capi ed alleati, ma dall’altra, dalla grandezza del loro numero, che ad ogni sconfitta si accresceva di nuove reclute. In questa contesa andaron consumati interi torrenti d’inchiostro, e la virulenza di entrambi i partiti crebbe enormemente.

Dal Patrimonio della Fondazione


Consigli di lettura

La battaglia dei libri di Jonathan Swift

Un intervento surreale di Jonathan Swift nella “Querelle des anciens et des modernes” approdata dall’Inghilterra alla fine del ‘600. Con introduzione di George Steiner.

 

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