Per la rassegna Chi fa inchiesta oggi
Nel nostro editoriale di esordio su IrpiMedia dello scorso anno abbiamo tracciato il percorso che vogliamo fare insieme ai nostri lettori. Un percorso che è per noi un’esigenza che pensiamo di condividere con chi ci legge: quella di non vedere prime pagine disegnate sull’ultimo tweet di questo o quel politico, oppure sulla notizia «che fa più click», o peggio sull’ultima ora ancora da verificare. L’esigenza dei nostri lettori è la nostra linea editoriale: un po’ da outsider, quasi punk di questi tempi, ma siamo sicuri che di questa visione ci sia bisogno oggi più che mai.
Facciamo inchiesta, ma allo stesso tempo abbiamo il dovere di fornire analisi e interpretazioni attente e non strumentali, così da caricare di senso e conoscenza le informazioni che forniamo. Difficilmente ci troviamo dunque a percorrere la strada più comoda, cercando, come siamo abituati a fare, di puntare un riflettore dove ci sono coni d’ombra che incidono sulla democrazia stessa e sulla società.
Il nostro dovere, per citare Enzo Biagi, è quello di portare acqua pulita nelle case dei nostri lettori. E in questo il nostro impegno è stato e sarà costante.
L’inchiesta tra interesse pubblico e standard giornalistici
Nel giornalismo in generale, e non soltanto quello “di inchiesta”, gli stimoli all’approfondimento di certo non mancano. Tanto che dopo anni ad analizzare la realtà possiamo dire che questa in quanto a episodi, storie e avvenimenti, supera sempre più spesso la fantasia e la finzione letteraria. Le molle che possono far scattare un’inchiesta giornalistica, sia questa di carattere locale, nazionale o che abbia connessioni oltreconfine, sono dunque diverse, variegate e mutevoli nel tempo.
Una professione tra valori fondanti e modernità
Fino a qualche anno fa i punti di partenza di queste risedevano soprattutto nel vissuto professionale del giornalista che con il lavoro quotidiano costruiva una stratificazione di fonti, contatti ed esperienze che lo portavano sul campo per un approfondimento ulteriore da sviluppare con l’aiuto di fonti confidenziali. La gamma delle cosiddette “fonti aperte”, soprattutto prima dell’avvento di Internet, era assai meno popolata e spesso di non facile accesso. Al contrario, oggi, pur rimanendo importanti fattori di vissuto professionale, formativo, di coltivazione di contatti anche confidenziali, con l’avvento di Internet sempre più spesso il punto di partenza di una inchiesta giornalistica può essere anche l’analisi delle fonti aperte come database, archivi digitali e open data. Un percorso che richiede, oltre a un bagaglio “classico” del giornalismo, anche un bagaglio tecnico che consenta di lavorare con software, numeri e codici.
Fatta questa doverosa premessa di inquadramento storico, la realtà che abbiamo davanti come centro di giornalismo investigativo, e dal 2020 come testata giornalistica (IrpiMedia), è che non esiste un metodo “vecchio” e un metodo “nuovo” di fare inchiesta. Esiste e sempre esisterà il giornalismo.
Per noi vuol dire fare inchiesta nel “pubblico interesse”, quindi scavare in quei temi che sono importanti per la società civile e di cui l’agenda politica, quella con la P maiuscola, dovrebbe occuparsi. Un ruolo che forse va anche al di là di quello di “watchdog” del potere più tradizionale.
L’interesse pubblico della notizia e dell’informazione è un concetto che guida la nostra produzione (con un occhio attento soprattutto su criminalità organizzata, corruzione, reati finanziari e ambientali) che non è dunque generalista, ma diretta alla profondità. Un approccio che ci porta oltre il muro delle breaking news e con un approccio transnazionale, attento al locale e al globale.
Scrivere è l’atto finale di un lungo percorso
Lo sviluppo dell’inchiesta giornalistica è invece composto di vari step, sempre strettamente intrecciati con l’approccio “ideale” descritto nelle righe sopra. La scrittura è solo la parte conclusiva di un lavoro molto più profondo, imprescindibile per la delicatezza dei temi e del materiale da trattare. Soprattutto in virtù del fatto che spesso ad alcune conclusioni si può arrivare in anticipo su autorità investigative e giudiziarie. Il punto di partenza può essere un’informazione confidenziale, raccolta tramite una fonte diretta, oppure tramite un whistleblower che può utilizzare una piattaforma presente su IrpiMedia per segnalazioni sicure e anonime, così come può essere invece un fatto di cronaca o un dato che andrà poi contestualizzato in un quadro più ampio. Allo stesso modo, la molla può anche essere la semplice curiosità del giornalista di indagare un fatto o un fenomeno poco chiaro.
Vagliata la fattibilità della proposta, parte la fase di ricerca, quella che permetterà di avere documentata ogni fase della scrittura per essere in grado di passare un processo di cosiddetto “fact checking”. Cioè la verifica che quanto scritto dal giornalista corrisponda al vero e abbia alle basi una solida base documentale o di incrocio di diverse fonti che permetta di verificare le informazioni. In questa fase si valutano anche i soggetti da coinvolgere perché ci aiutino a comprendere meglio meccanismi e contesti della vicenda che andiamo a raccontare, fonti investigative, giudiziarie, insider, persone disposte a rilasciare dichiarazioni “on the record”, enti o associazione esposte su temi particolari.
Prima di passare alla scrittura vera e propria tramite le bozze raccolte dopo la fase di documentazione cerchiamo poi di costruire la serialità che contraddistingue i nostri progetti di inchiesta. Una costruzione seriale (a puntate) fatta con la consapevolezza che non esistono inchieste abbastanza esaustive da chiudere un filone. Il confronto con la storia che scorre è continuo e di rado si è in grado di mettere un punto definitivo, ma esistono momenti di una storia più lunga, spesso ancora da scrivere. Definiti questi punti e dando avvio alla scrittura, parte anche l’ultima (ma non meno importante) fase: quella del “diritto di replica”. Dove possibile, si cerca sempre di raggiungere le persone o gli enti nominati nell’inchiesta per una replica e un confronto sui dati in nostro possesso. Al termine di questo percorso siamo pronti per chiudere la nostra inchiesta e “andare in stampa”, cioè pubblicare su IrpiMedia nei formati che la Rete mette a disposizione: dalla scrittura all’audio passando per l’audio e il video.
In tutte queste fasi è per noi fondamentale l’apporto e l’appoggio della rete costruita negli anni all’estero con entità come lo Organized Crime and Corruption Reporting Project (OCCRP), che fa del giornalismo investigativo transnazionale la sua cifra. Grazie a loro contiamo su una infrastruttura tecnologica in grado di incrociare database, mantenere in sicurezza le fonti e anche noi stessi da attacchi informatici indesiderati.