“La Finlandia ha deciso di fare un corso di massa per spiegare l’Intelligenza Artificiale alla popolazione. Lo hanno seguito, in un anno, circa 205.000 finlandesi. Obiettivo del corso “demistificare l’Intelligenza Artificiale”. Recita la pagina del sito: ti stai chiedendo come l’IA cambia la tua vita? Vuoi imparare cosa vuol dire? Vuoi capire come funziona?”
Fosca Giannotti è direttore di ricerca in computer science all’Information Science and Technology Institute e responsabile del Knowledge Discovery and Data Mining Laboratory, un centro di ricerca congiunto fra l’Università di Pisa e l’Istituto di Scienza e Tecnologie dell’Informazione del CNR, uno dei primi focalizzati sul “data mining”. L’abbiamo intervistata per capire quanto veloce corre la rivoluzione digitale e quanta consapevolezza si abbia in Italia del cambiamento che stiamo vivendo.
Che peso ha nell’Italia di oggi il digital divice nell’inibire i processi di innovazione?
Credo che ci sia ancora poca consapevolezza nella popolazione di cosa siano i Big Data, l’Intelligenza Artificiale e l’innovazione digitale in generale: cosa rappresentano queste tecnologie e cosa non sono; come impattano la nostra vita, la società. Gli anziani ne sono intimoriti e ne hanno poca fiducia; i giovani ne fanno un uso acritico e sono inconsapevoli dei modelli di business che stanno dietro a queste tecnologie. La comprensione, può aprire a nuove possibilità, far nascere nuove idee. Pensiamo alla conoscenza dei processi che portano alla progettazione di app: può aprire a nuove idee per alimentare un circolo virtuoso di innovazioni in moltissimi campi o alla economia circolare.
Quali politiche occorrerebbe approntare per affrontare il problema
Il tema della “consapevolezza della rivoluzione digitale” è al centro del dibattito in tutti i paesi industrializzati. L’Italia, come per altro altri paesi, ha già affrontato la sfida di traghettare una società con un elevato tasso di analfabetismo alla totale alfabetizzazione.
Oggi occorre avere consapevolezza della trasformazione, del cambiamento. A livello nazionale è necessario mettere in campo tutte le misure necessarie, a partire da percorsi di training per la popolazione. Serve conoscenza diffusa e multidisciplinare perché l’effetto innovativo dell’IA sia moltiplicato da innesti e applicazioni con altre discipline.
Come la rivoluzione digitale impatta sui territori?
Credo che la rivoluzione digitale possa essere una opportunità per i territori di periferia. Non ha bisogno di infrastrutture costose, ma di idee: agricoltura di precisione – come avviene con le piante annaffiate con nutrimento organico prodotto da pesci che stanno nell’acqua riciclata dalle stesse piante. Il tutto governato da sensori, dati e algoritmi; mobilità intelligente in zone disagiate; o perché no, droni alla ricerca di funghi.
Rischia di aumentare le disparità e i disequilibri territoriali?
In realtà sarà possibile creare lavoro anche dove non ci si immagina. La connettività permetterebbe di vincere alcuni dei limiti che hanno sempre penalizzato le aree interne. Non ci sarà necessità di lavorare tutti nello stesso posto. Ovviamente il discorso è un po’ più complicato, ma a me piace vedere la rivoluzione digitale come una opportunità, benché si siano dei rischi sono fiduciosa nella scienza affinché ci siano sforzi per mettersi in sicurezza.
Ci suggerisca un piano di sviluppo che sappia sfruttare le opportunità della rivoluzione digitale.
Semplice: istruzione, istruzione, istruzione. In tre dimensioni: per i giovani, ripensando la didattica; continua, per chi è già in un mondo del lavoro che cambia; per gli anziani, perché gran parte della popolazione sarà anziana. Saranno, saremo, i primi fruitori della robotica per l’assistenza. Ma occorre includerli in questo mondo nuovo e rendere fruibile l’accesso a queste tecnologie affinché siano meno timorosi, più fiduciosi nel cambiamento.
Altre priorità?
Ricerca, ricerca, ricerca. In Europa c’è una grandissima attenzione per lo scenario IA. La visione europea è guidata da tre parole chiave: Affidabile, Trasparente, Etica (Human centered).
Francia, Germania, Svezia stanno facendo investimenti impressionanti sull’IA, per governare questo processo di trasformazione. Non riguarda solo le computer sciences, come spesso si pensa in modo riduttivo. Riguarda uno spettro più ampio di discipline: la sociologia, le scienze cognitive, il lavoro. Serve una riflessione a 360° per affrontare questa sfida. L’Europa vuole cogliere le opportunità di questa nuova rivoluzione industriale perché sa che è qui che si gioca il suo futuro. L’Italia ha attivato due commissioni di indirizzo con il passato governo ma non ha ancora stanziato fondi paragonabili a quanto avviene nel resto di Europa. Nelle nostre accademie la rivoluzione digitale e l’intelligenza artificiale è presente da anni.
Per quanto riguarda la formazione?
Formiamo giovani ricercatori e innovatori adeguati ad affrontare queste sfide. Ma se non creiamo opportunità di lavoro qui, sono destinati ad andare ad alimentare l’innovazione all’estero, negli Usa e altrove. Rischiamo di perdere il treno della sfida tecnologica. Quelle risorse umane vanno valorizzate, il loro numero andrebbe incrementato notevolmente.
Board di dialogo tra Stato e imprese sono stati messi in campo, anche dal precedente governo, speriamo che si capisca che l’intelligenza artificiale è una priorità e occorre passare all’azione. Certo, la rivoluzione tecnologica comporta dei rischi, li ha sempre comportati.
Quali?
Come diceva Isaac Asimov nella prefazione al Secondo libro dei Robot del 1964: “la conoscenza ha i suoi rischi, ma la reazione deve essere forse quella di arrestarsi davanti al rischio? O non bisogna piuttosto usare la conoscenza in modo da farne una barriera contro gli stessi rischi che essa comporta? I coltelli vengono fabbricati con il manico in modo da essere afferrati senza pericolo, le scale sono munite di ringhiere, i fili elettrici sono isolati; le pentole a pressione hanno la valvola di sicurezza; in ogni manufatto ci si preoccupa di ridurre al minimo il rischio. A volte la sicurezza raggiunta è insufficiente, a causa di limitazioni imposte dalla natura o dalla mente umana, tuttavia il tentativo va compiuto, la sicurezza non potrà essere perfetta (esiste qualcosa che lo è?) ma sarà tanto più spinta quanto maggiore sarà l’abilità umana!”