Il 23 giugno, RedHat, il colosso dell’informatica che si dedica allo sviluppo di software liberi e open source, ha annunciato il nome della vincitrice della prima edizione del Women in Open Source Community Award.
“A RedHat”, spiegano sul sito dedicato al premio, “noi crediamo che l’open source rappresenti il futuro della tecnologia. È tempo di riconoscere i contributi che le donne stanno fornendo e di ispirare una nuova generazione a unirsi al movimento open source”.
Le ragioni che hanno ispirato questo premio sono connaturate alla natura delle tecnologie open source, come spiega DeLisa Alexander, Executive Vice President e responsabile risorse umane di RedHat: “nelle comunità open source, c’è un forte desiderio di meritocrazia: si lascia che a vincere siano le idee migliori, a prescindere dalla loro provenienza. Ma la diversity è una componente fondamentale della meritocrazia. Come possiamo essere sicuri di avere accesso alle migliori idee, se ci manca il punto di vista di alcune fasce della popolazione? Le ricerche dimostrano che i gruppi eterogenei sono più innovativi e più capaci di prendere decisioni migliori. Per il settore della tecnologia e per le comunità open source, la mancanza di donne è particolarmente preoccupante, poiché le donne rappresentano la metà della popolazione mondiale e della forza lavoro“.
Per incentivare la presenza di donne nel movimento open source possono essere sufficienti alcuni semplici ma significativi segnali. È quanto afferma Sara Sharp, la vincitrice della prima edizione del Women in Open Source Community Award: “È importante aumentare la visibilità delle minoranze nel mondo dell’open source. Uno dei modi in cui possiamo farlo è quello di tenere discorsi e conferenze: quando si parla ad una conferenza, il pubblico ti riconosce come un esperto al pari degli altri ed è un’ottima opportunità per crearti un network”.
Sharp è stata premiata per il suo impegno pluriennale nel cercare di allargare alle minoranze il mondo delle tecnologie informatiche aperte alla partecipazione del pubblico. In particolare, i suoi sforzi si sono concentrati nel rendere più accogliente per le donne la comunità open source, attraverso un programma, Outreachy (prima conosciuto come Outreach Program for Women) che coinvolge i gruppi sottorappresentati in progetti di software open source.
Nel mondo dell’innovazione, Sharp non è certo la sola, anzi. Le donne ai vertici delle realtà che si occupano di nuove tecnologie e delle loro applicazioni in ambito di economia collaborativa sono ormai numerose. A Milano, ad esempio, Zoe Romano, già conosciuta per il suo progetto di moda collaborativa OpenWear, ha creato WeMake, un nuovo maker-space, uno spazio creativo dove si insegnano e condividono le conoscenze tecnologiche, di design e di tutto ciò che ruota attorno al saper fare. Un moderno laboratorio artigiano, insomma, che coniuga l’inventiva e la creatività alle potenzialità delle nuove tecnologie e tecniche.
I maker-space, le tecnologie per le smart city, la programmazione libera dei software: laddove le nuove forme di produzione e distribuzione trovano ulteriori spazi di sviluppo, le donne dimostrano tutta la loro capacità di apportare innovazioni sostanziali.
Giacomo Destro