«La sinistra moderna si è preoccupata semplicemente di opporsi: alla privatizzazione della sanità, alla riduzione dei diritti sindacali, alla fratturazione idraulica e via dicendo. Oggi dobbiamo re imparare a fare cose positive: costruire alternative interne al sistema, usare il potere dello Stato in modo radicale e dirompente e concentrare tutte le nostre azioni verso un percorso di transizione, non su una difesa raccogliticcia di qualche elemento del vecchio sistema», scriveva Paul Mason nel suo Postcapitalismo (Saggiatore, 2015).
Il giornalista inglese esperto di economia, editorialista del Guardian, teorizza la fine del neoliberismo, ad oggi – dice – tenuto in vita solo artificialmente. Ma il prezzo da pagare per questa operazione di salvataggio estremo ad opera delle élite, nel mentre le disuguaglianze economiche continuano a crescere portandosi con sé sensi di rabbia e solitudine diffusi, è la crescita dei movimenti nazionalisti, protezionisti e di destra. E la sinistra può sopravvivere solo se ritorna alle origini di una socialdemocrazia radicale, coerente, quasi fondativa perché alle prese con temi e problemi moderni: su tutti, le nuove tecnologie e i nuovi sistemi di informazione, la robotizzazione.
Mason è ciò che una volta si sarebbe detto un “intellettuale organico”, vicino cioè al Partito laburista inglese guidato da Jeremy Corbyn. Corbyn il quale ha impresso al Labour una svolta a 180 gradi: dall’essere un partito moderato, con lo sguardo rivolto al centro, ad uno ben piantato a sinistra, deciso a riconquistare i consensi perduti nel proprio elettorato storico: lavoratori, giovani e studenti, disoccupati. Più Stato, più controllo pubblico, più politica, più partito. Spiega Mason che una sinistra moderna ha il compito di rimuovere le dinamiche del mercato nelle vite delle persone, promuovendo l’istinto umano e collaborativo «che trenta anni di neoliberismo ha soppresso», immaginando un «modello economico alternativo» sostenuto da «un movimento sociale che si batta per questo e di strutture di partito che permettano a tutto questo di funzionare, piuttosto che intralciarlo».
Se Corbyn è il braccio politico della nuova sinistra inglese, Mason può esserne considerato una delle menti. «Siate radicali – ha scritto su New Statesman lo scorso novembre – Dobbiamo proporre un’alternativa economica, chiara e plausibile, al neoliberismo. Mettere fine all’austerità. Regolare il mercato del lavoro e difendere gli interessi dei lavoratori. Costruire nuove case, su larghissima scala, per i giovani. Usare l’intervento di Stato per promuovere un settore privato innovativo e con impieghi ben retribuiti. Preservare, modernizzare e ampliare lo Stato sociale». Concetti che risultano innovativi nella misura in cui, dagli 80’s in poi, buona parte della sinistra europea (e non solo) ha deciso di giocare la propria partita per il governo all’interno della cornice di regole e convenzioni del sistema neoliberale. Rompere la gabbia significa rimettere in discussione ciò che oggi sembra infrangibile, relegato a legge di natura. Ad esempio, «se il neoliberismo ha fallito, la socialdemocrazia non può accettare il Trattato di Lisbona come la forma definitiva dell’Unione Europea».
Un programma così alternativo, radicale, è destinato a rendere la sinistra minoritaria – dicevano più o meno tutti i commentatori politici quando Corbyn prese le redini del Labour. I fatti, finora, stanno dando ragione invece ai neosocialisti inglesi: la sinistra in Gran Bretagna è all’opposizione, ma sta dettando agenda e temi della politica dei Conservatori. Ad esempio sovvertendo il tabù del privato sempre preferibile al pubblico.
In tempi di radicali disuguaglianze, radicali fratture sociali e radicali sensi di smarrimento, il consenso non è dato dalla conservazione dello status quo, magari mitigandone gli effetti più deleteri; ribaltare il tavolo, avendo un’idea di società nuova e possibile, è invece la proposta di intellettuali come Mason.