Direttore della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli

C’è una domanda che ricorre frequente nel lavoro di quanti si occupano di Passato, tanto bene sintetizzata dallo stesso Marc Bloch: a cosa serve la Storia?

Come far coincidere lo studio di ieri con una attività pubblica, proattiva nella politica oggi?

La “crisi” della Storia (editoriale, divulgativa, didattica e politica) nel nostro tempo rende nuovamente impellente questo quesito. La nostra società vive un momento politico di disaffezione alla Storia, intesa come indagine e come ricerca, come pluralità e coralità, in favore di narrazioni storiche univoche, fisse ed immutabili usate come artifici retorici a sostegno di interessi parziali.

Divulgazione e didattica nei primi anni ’60. Fotografia tratta dal patrimonio di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli

 

L’abuso pubblico della storia nel lessico – e nella pratica – dei nuovi fenomeni nazionalistici ci chiama a riflettere sull’importanza di una conoscenza del passato scientificamente onesta e plurale, che partendo dalla Storia – da quello che siamo stati  – ne faccia conoscere le esperienze, i momenti di coraggio, di eccesso, le energie che ci hanno condotto sin qua. Fine ultimo di questo sforzo scientifico, creativo e sociale, non è il “travaso”di nozioni, né la mnemomica conoscenza di date ed eventi, ma lo stimolo di nuove curiosità, nuove domande, nuove prospettive che favoriscano la rioccupazione intellettuale e culturale dello spazio pubblico attuale. Uno sforzo quindi che, partendo dal Passato, lo “usi” come base da cui guardare il Presente in cui siamo immersi. Che stimoli insomma le risorse e le idee da cui ripartire per progettare un futuro che possa muoversi fuori da politiche rigide e divisorie, “invenzioni di tradizioni” e dogmatismi identitari ammantati di storicità.

Per far ciò è necessario uno sforzo comune e collettivo per riuscire ad immaginare un nuovo modello culturale e storiografico che sappia intercettare ed ascoltare le necessità del mondo d’oggi, provando anche a formulare proposte e risposte. Questo modello per noi è la Storia Pubblica, nella sua sfaccettatura di memorie, nella sua condivisione di saperi e conoscenze, nella sua costruzione e decostruzione continua: sempre sulla base del principio che essere cittadini significa conoscere e partecipare, non desistere dall’idea che si possano cambiare le cose.

Tutto questo sforzo tende ad un unico, ambizioso obiettivo: quello di riannodare i fili che legano l’oggi in cui siamo immersi allo ieri che ci ha preceduti, per dare alla vita sociale e alla proposta politica una profondità e una limpidezza di sguardo necessaria al suo svolgersi.

Ciò risponde alla domanda iniziale, a cosa serve la Storia?

Lasciamo la parola nuovamente a Bloch, il quale, nell’anno buio del 1940 scrisse, citando una conversazione avvenuta con l’amico Pirenne “Se fossi un antiquario, non avrei occhi che per le cose vecchie.  Ma io sono uno storico.  E per que­sto che amo la vita. […] Questa capacità di afferrare il vivente, ecco davvero, in effetti, la qualità sovrana dello storico”.

Marc Bloch

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