Ogni trasformazione ha generato una struttura di classe differente. La trasformazione globale che stiamo sperimentando attualmente, la costruzione dolorosa di un mercato globale, provoca una nuova frammentazione. […]
Il proletariato ha sempre avuto un’occupazione stabile a tempo pieno. E’ stato sfruttato sul luogo del lavoro, nell’orario di lavoro. Cioè, all’interno di un regime lavorativo scandito dai tempi industriali. Da quando arrivava alla fabbrica la mattina a quando ne usciva la sera. […]
Il precariato è la nuova classe del capitalismo globale. Cosa lo rende diverso?
E’ abituato, o costretto, ad accettare una vita lavorativa instabile come la normalità. Per il vecchio proletariato, la norma era il lavoro stabile. E, più importante di questa riflessione sul tempo, è che il lavoratore precario non ha una identità professionale. Questa è la chiave. I precari non possono avere una identità e una narrativa professionale. Inoltre, a differenza del vecchio proletariato, che veniva sfruttato in un tempo e in uno spazio lavorativo, le fabbriche o altri luoghi, il precariato è tanto sfruttato fuori dallo spazio e dal tempo di lavoro quanto quando si trova all’interno del luogo e dell’orario di lavoro. Questo è un fenomeno completamente nuovo.
I precari subiscono una pressione terribile sul loro tempo. Un fenomeno che non aveva precedenti per la classe operaia di una volta. Rappresenta un’altra novità il fatto che è la prima classe [lavoratrice] della storia che ha un livello di educazione molto alto in rapporto alle mansioni che si trova a svolgere, questo crea una differenza per quanto riguarda l’autocoscienza. […]
Non ha accesso al capitale, come capita ad altri gruppi, non ha accesso a benefici al di là del salario, che potrebbero modificare la propria condizione. Non ha pensioni, non ha ferie pagate, non ha malattie retribuite…tutte cose a cui accedeva il proletariato. […] Cosa definisce il precariato, dunque? Un aspetto che è unico, unico, unico: che vive sempre sul baratro di un debito insostenibile. Per il precario il debito è sistemico […]
Un terzo aspetto che caratterizza il precariato e che credo lo definisca meglio, più importante degli altri, è che intrattiene relazioni differenti con lo Stato, molto differenti da quelle che intratteneva il proletariato. Questa è la prima volta nella storia che una classe sociale emergente si trova sul punto di perdere diritti che sono stati conquistati dai cittadini del passato. E’ una trasformazione straordinaria. Si stanno perdendo tutte le cinque forme di diritti: civili, culturali, economici, sociali e politici. Questo non ha precedenti. […]
I nuovi movimenti politici emergenti per aver successo devono essere costruiti sulla classe emergente. La classe emergente alla fine del XIX secolo era il proletariato e le forze progressiste di quell’epoca dovevano stare con il proletariato. Oggi possiamo avere politiche progressiste solo se si basano sul precariato. I precari tendono a dire che tutti i politici sono terribili, che la politica è inutile, però nel 2011, il precariato tenta di articolarsi come soggetto e muove una massa di persone che avevano stima di se stesse un senso d’identità. Questo sentimento di riconoscimento rappresenta un passo essenziale verso un’identità collettiva. Possono guardarsi gli uni gli altri e dirsi: “Io sono parte del precariato, tutti siamo parte del precariato…”. Questo è necessario prima di una reazione collettiva e porta a politiche progressiste.
Dal 2011 abbiamo tutti questi movimenti politici emergenti: 5 Stelle di Beppe Grillo in Italia, qui [in Spagna] Podemos, in molti paesi stanno crescendo nuovi movimenti del precariato. Sono sorti, hanno articolato un’agenda particolarmente rilevante per il precariato, ma più di tutto, hanno avuto problemi, perchè le contraddizioni che portano con sé cominciano a venire a galla. Beppe Grillo sta perdendo credibilità quando mescola politiche economiche neoliberali con politiche socialdemocratiche, quando cioè fa del populismo. Syriza ha vissuto la sua crisi quest’anno. Podemos mi sembra che possa vivere una crisi simile. […]
Bisogna parlare al precariato. In Spagna, oggi, probabilmente, il precariato è il 40% della popolazione. Se Podemos o un movimento del precariato riuscisse a mobilitare i precari, vincerebbe! […]
Parte del precariato e anche del proletatiato, vota Alba Dorata, o l’UKIP, o l’ultradestra in Olanda. Questo mi preoccupa. Ma la gran parte progressista del precariato non vota. Non ha trovato una casa politica. Spero che movimenti come Podemos trovino il coraggio per non perdere la rappresentanza del precariato.
E se la perderanno, ne sorgeranno altri.
Guy Standing
*Estratti dall’intervista di David Casassas e Iolanda Parra a Guy Standing per “Crític”, 17 gennaio 2016.
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Approfondimenti
Nell’ambito dell’area di ricerca Futuro del lavoro, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli in collaborazione con Fondazione Mast, ha organizzato il ciclo d’incontri Lavoro: istantanee di una condizione in movimento; tre serate per parlare di lavoro e cittadinanza, competenze e creatività.