Un anno fa circa, l’urna delle Elezioni presidenziali francesi decretava la vittoria di Emmanuel Macron su Marine Le Pen: nonostante Brexit e Donald Trump alla Casa Bianca, l’Internazionale Populista subiva una decisa battuta d’arresto nella trincea della sua vedetta transalpina, il Front National. Da quella Bérézina, l’estrema destra francese ha contato più diserzioni che innesti in grado di rinsaldare l’opposizione alla “République En Marche” del neo-Presidente: la nipote del fondatore, Marion Le Pen, si è chiamata fuori dalla politica attiva; il n.2 del partito Florian Philippot si è chiamato fuori dal progetto frontista per lanciare un movimento sovranista a sé stante, “Les Patriotes”.
Sotterrata dalle ceneri della sconfitta, la seconda candidatura di Marine Le Pen all’Eliseo ha comunque apportato un elemento di novità nella storia della V Repubblica francese, specificamente sul piano delle alleanze. Alla vigilia del ballottaggio, sottoscrivendo un accordo programmatico con il FN, il leader della piccola lista sovranista “Debout la France” (4,7% al primo turno) Nicolas Dupont-Aignan ha di fatto aperto una breccia nella Conventio ad Excludendum che relega il partito lepenista ai margini sin dal 1972.
Il tema “Nessun nemico a destra” è entrato in agenda trascinato dagli eventi: non solo la delusione frontista e l’egemonia macronista, ma la débacle della destra repubblicana rappresentata da François Fillon, indebolito dagli scandali. La successiva ascesa alla leadership de Les Républicains di Laurent Wauquiez, fautore di una linea marcatamente anti-immigrati, conservatrice sui diritti civili e ostile a talune esternalità del libero-scambio – il Presidente della regione Auvergne-Rhones-Alpes figura tra i maggiori endorser della Clause Molière, ordinanza concepita per arginare il fenomeno dei lavoratori distaccati in UE – ha incoraggiato iniziative di sinergia tra amministratori locali, malgrado i distinguo dei vertici.
L’idea di liaison dangereuse tra destra repubblicana e radicale non è tuttavia così inedita. Nel 1983 un primo contatto fu concretizzato a Dreux in occasione delle elezioni municipali, quando un accordo FN-Rassemblement Pour la République consentì di sottrarre il comune al Partito Socialista. Come allora, il laboratorio politico per l’unione delle destre restano le collettività locali: ideologo di siffatta strategia è non a caso il sindaco di Béziers Robert Ménard, indipendente eletto con il FN; a Cavignac, rappresentanti LR, lepenisti e Debout la France hanno lanciato il manifesto “Per la Francia – La Francia Unita”, sulla scia della piattaforma “Gli Innamorati della Francia” lanciata dal cristiano-democratico Jean-Frédéric Poisson e dai parlamentari Dupont-Aignan ed Emmanuelle Ménard.
Un esplicito appello in favore dell’accorpamento delle forze conservatrici è stato pubblicato dalla rivista Valeurs Actuelles il 12 aprile, evocando lo spirito della stagione della Manif pour Tous che nel biennio 2013-2014 monopolizzò le piazze contro i matrimoni omosessuali, tanto da assurgere a pietra angolare della droitisation di buona parte del Paese.
Il recente voto congiunto di numerosi parlamentari LR e FN su alcuni emendamenti alla nuova legge sul diritto di asilo è stato interpretato come un banco di prova per il disgelo. Lo sbilanciamento verso destra del baricentro culturale del partito post-gollista ha già allontanato gli alleati moderati (UDI), ma sta soprattutto spingendo una fetta consistente della sua classe dirigente – epigoni dell’ex premier Alain Juppé in testa – verso la maggioranza, alimentando la suggestione di una lista unitaria centrista in vista delle Europee 2019.
La riconfigurazione del paesaggio politico, attraversato dal cleavage sovranismo-globalismo, potrebbe passare per un’armonizzazione della “destra plurale” rispetto ad alcune issues peculiari quali difesa dei confini e riscoperta dei valori tradizionali. In tal senso, la speranza messianica di una Donna della Provvidenza non sembrerebbe più riposta nella logorata Marine, quanto nella più giovane Marion. In prima linea a sostegno della famiglia tradizionale e delle radici cristiane d’Europa, l’ex deputata del Vaucluse ha rotto il silenzio in febbraio parlando alla “American Conservative Union” nel Maryland, davanti ad una platea di simpatizzanti di Trump; la Presidente, dal canto suo, ha ospitato l’ex stratega Steve Bannon al Congresso FN a Lille, dove si è ufficialmente aperto il dibattito sul cambio di nome del partito, pur in assenza di una decisa svolta programmatica. Depurata dagli accenti No Euro di Philippot, la diasporica droite dure di Francia parrebbe alla ricerca di un federatore delle istanze identitarie sempre vive presso ceti popolari e borghesia tradizionale, chiamato a gestire la transizione dal protezionismo economico – uscito ridimensionato dal voto – a un più classico conservatorismo.
Fonti bibliografiche:
Sylvain Crépon, La politique des moeurs au Front National, in “Les faux-semblants du Front National. Sociologie d’un parti politique”, SciencesPo Les presses, 2015
Olivier Faye, Manon Rescan, Lucie Soullier, Une semaine de convergence des idées, Le Monde, 24 aprile 2018
Olivier Faye e Lucie Soullier, La digue entre LR et FN s’érode par la base, Le Monde, 24 aprile 2018
Eric Mandonnet, Ce que mijote la droite de la droite, L’Express, n.3485, 18-24 aprile 2018
Sitografia: