Nella formazione, ampiamente considerata, dei giovani e degli adolescenti, giocano un ruolo chiave la famiglia di provenienza (bagaglio genetico, condizioni economiche, socializzazione) e la scuola (sistema educativo, caratteristiche del sistema scolastico, colleghi). Alcuni di questi fattori sono modificabili e altri sono “dati”.
In Italia l’87% dei giovani che intraprende un percorso di studi terziari ha genitori che hanno un titolo legato allo stesso livello del percorso, dato che decresce fino al 9% di figli inseriti nel percorso terziario con genitori che non hanno titolo secondario superiore. Mentre si evidenzia nel rapporto che l’inserimento in percorsi educativi per la prima infanzia ha impatti positivi sui livelli successivi, si rileva altresì che queste istituzioni vengono rese disponibili soprattutto in quei paesi (tipicamente socialdemocrazie scandinave) dove la mobilità sociale è alta, mentre in Italia il blocco della mobilità influenza anche questo aspetto.
Il dato dei NEET rimane più alto della media europea e aumenta all’aumentare dell’età fra i 15 e i 29 anni. Dopo i 20-24 anni il dato femminile è significativamente più alto di quello maschile. Nonostante il numero delle giovani donne laureate sia superiore a quello dei maschi.
Considerando il report costruito sui dati PISA (Programme for International Student Assessment) , test standardizzati per tutti gli studenti dell’Unione Europea al fine di valutare le competenze alla fine del percorso scolastico si può ricavare un’idea circa la collocazione dell’Italia nello scenario europeo intorno alla qualità dell’istruzione. I dati PISA, come si legge sul sito INVALSI, prendono in considerazione:
- Prove cognitive (di Lettura, Matematica, Scienze e Financial Literacy)
- Questionari per la rilevazione delle variabili di contesto (Questionario Studente, Questionario Scuola e Questionario Genitori)
L’Italia sembra essere leggermente sotto la media OSCE in senso complessivo (non lo è in matematica, lo è in scienze, è leggermente sotto anche per quanto concerne letteratura). Il punteggio medio ottenuto dall’area OSCE è 493. Ventiquattro paesi si collocano sopra questa media (tra cui la Germania). L’Italia si ferma a un punteggio di 481, con una performance simile a Russia e Ungheria.
Ma è interessante notare che a seconda delle regioni considerate la collocazione si modifichi.
Infatti, come notano Avvisati e Semeraro: Tutte le regioni – tranne una – hanno una quota di NEET superiore alla media OCSE; ma le differenze tra le regioni italiane sono grandi quasi quanto le differenze tra le medie nazionali dei Paesi OCSE. Una differenza che si estende anche ai dati PISA.
Infatti, le regioni si differenziano fra loro sulla scala che va da 1 (sotto le competenze richieste minime UE) a 6 (livello superiore della scala). La scala raggruppa il campione sulla base delle proprie capacità cognitive nel comprendere e rielaborare i dati e i fenomeni della materia di pertinenza. I sei gradini della scala sono realizzati tenendo conto dei punteggi realizzati dal campione nel test e ogni gradino raccoglie un intervallo di punti (ad es. il primo “gradino” della scala raccoglie i punteggi da 261 a 334).
Se si consulta ad esempio il report per quanto riguarda la literacy scientifica: Gli studenti del Nord Est (523) si collocano – in maniera statisticamente significativa – al di sopra sia della media nazionale (481) sia della media OCSE (493);il Nord Ovest (499) pur collocandosi al di sopra della media nazionale non si discosta significativamente da quella OCSE; la performance degli studenti del Centro (482) è in linea con la media italiana e con quella OCSE, mentre Sud e Sud Isole si collocano significativamente al di sotto delle due medie di riferimento con un punteggio medio rispettivamente di 458 e 433. Il Nord Est si caratterizza per una differenza positiva di punteggio medio rispetto al dato nazionale di 42 punti, che sulla scala di Scienze in PISA equivale a circa un anno di scuola. 48 punti – in negativo – separano invece il Sud Isole dal dato medio dell’Italia
La distribuzione qui rilevata per aree geografiche è perfettamente replicabile (nel complesso) anche per quanto riguarda matematica e letteratura. Le percentuali più elevate di studenti che si collocano ai livelli superiori della scala (5 e 6) si registrano nel Nord Est e nel Nord Ovest, percentuali significativamente superiori al dato medio nazionale. Queste due macro-aree sono anche quelle in cui si registrano le percentuali più contenute di studenti che non raggiungono il livello minimo di competenza. Le regioni del Sud e il Sud Isole sono le macro-aree che si differenziano maggiormente e in maniera statisticamente significativa, sia per quanto riguarda le percentuali di top performer sia per quelle di low performer. Il Sud e il Sud Isole, infatti, sono le macro-aree con le percentuali più contenute di studenti che raggiungono i livelli più elevati della scala di Scienze (5 e 6) e – allo stesso tempo – con le percentuali più elevate di studenti che non raggiungono il livello minimo di literacy.
Questi dati sembrano non solo invitare ad una attenta politica di investimenti in istruzione, anche la spesa italiana in rapporto al PIL è largamente inferiore alla media UE, ma a prestare attenzione particolare alle sperequazioni territoriali: esse infatti, se si intende l’istruzione come un (almeno auspicabile) vettore di mobilità sociale e sviluppo, tendono a riprodursi meccanicamente se non si interrompe il circolo vizioso per il quale i territori con minori risorse attraggono anche minori investimenti e quindi producono minori competenze e conoscenze. Come si legge nell’incipit della presentazione del rapporto OCSE “Equity in Education”: In times of growing economic inequality, improving equity in education becomes more urgent.
Di più: la quasi perfetta sovrapposizione fra qualità e importanza del sistema di istruzione con le caratteristiche reddituali, occupazionali e socio-economiche dei diversi territori invita altresì a considerare cruciale non solo meramente il miglioramento del sistema di istruzione ma anche quello di occupazione e di creazione di ricchezza diffusa e posti di lavoro qualificati. Infatti, le “condizioni economiche” corrispondenti alla famiglia, se contano come un “dato” non modificabile in rapporto alla vita individuale del singolo cittadino/studente, non possono essere considerati tali e immodificabili dalla Politica e dalla società nel suo complesso. Le diseguaglianze socio-economiche non sono un fattore naturale né ineliminabile; partire dalla scuola e dal sistema di istruzione è senz’altro il modo più rilevante per ridurle a lungo termine.